io e il mare

io e il mare

martedì 21 dicembre 2010

CAMPIONI DEL MONDO, CAMPIONI DEL MONDO...ADDIO VECIO..




Eccola di nuovo la spirale della retorica rifarsi sotto per ricordare ed osannare i bei vecchi tempi passati, quelli del calcio di una volta, in cui tutto era più romantico, i giocatori guadagnavano poco, c’erano le bandiere e l’attaccamento alla maglia, ci si ritrovava dopo la partita per bersi qualcosa insieme con moglie e figli a carico.
Io non so se fosse effettivamente così, grazie a Dio ho la fortuna di essere ancora abbastanza giovane per essere solo impercettibilmente sfiorato dal ricordo, so soltanto che un personaggio di quell’epoca calcistica oggi ci ha lasciato, ed era Enzo Bearzot, il commissario tecnico azzurro della vittoria Mundial a Spagna 82’.
Le immagini di quel trionfo mondiale sono ancora incise nei nostri cuori, oltre che appiccicate indelebilmente alle pareti della nostra memoria. Perché quello fu il vero trionfo mondiale, ancora oggi tutti gli italiani portano dentro di sé le emozioni di quella vittoria molto più rispetto a quella di Berlino 2006. Le ragioni sono varie, alcune legate al fatto che forse eravamo tutti più giovani, altre legate al fatto che quella squadra ( Zoff, Bergomi, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani) è irripetibile,un blocco juventino pieno di giocatori di qualità, condito dalla classe sopraffina di Bruno Conti ed Antognoni. A guidarli lui, questo uomo schivo, di poche parole, anche io lo ricordo così, taciturno, umile, serissimo, lontano anni luce dallo stereotipo degli allenatori show man di oggi.
Bearzot riuscì a far cambiare rotta ad un vascello che stava affondando sotto i cavalloni di una critica feroce, ingaggiando manovre azzardate (vedi il ritorno di Paolo Rossi dopo due anni squalifica per il calcio scommesse) e credendo fortemente nel gruppo. Quel gruppo che lo ha ripagato regalandogli la più grande gioia della sua vita. Ed Enzo è stato l’allenatore che ha regalato a noi la più grande emozione calcistica della nostra vita e per questo non lo dimenticheremo mai.
Mi piace ricordarlo così, citando la frase con cui l'indimenticabile eroe del microfono Nando Martellini annunciò la nostra vittoria ai mondiali di Spagna:
"Campioni del mondo, campioni del mondo".
Tu eri, anzi, sei, uno di loro.
Non serve aggiungere altro. R.I.P. vecio

lunedì 13 dicembre 2010

LUCI, PROFUMI, ATMOSFERE DI NATALE ED UNA DEDICA PARTICOLARE...


Profumo di caldarroste in lontananza, spazi angusti che si restringono per conquistare quei pochi centimetri di marciapiede rimasti mentre un vento gelido spazza via le angosce, le preoccupazioni, con le luci degli addobbi che s’illuminano ad arco a completare il perfetto affresco del momento.
E’ il quadro natalizio di Milano che si avvicina al Natale, la Milano che sta lasciando alle sue spalle il 2010 pieno di problemi, la crisi economica, la crisi di governo, per affacciarsi al 2011 con la speranza di uscire da quel ristagno di silenzio misto ad indifferenza ed anonimato che sembra ormai averla attanagliata da alcuni anni a questa parte.
Sabato pomeriggio ero anche io uno di loro, uno di quei tanti milanesi in giro per una delle più note vie della città per completare il mio shopping natalizio, pochi regali per quel che mi riguarda, avrei evitato di andare in centro ma ho colto l’occasione per ritrovarmi con una persona a me cara. Se posso, cerco di utilizzare la comodità dei centri commerciali periferici, defilato, in disparte, possibilmente con meno rumore in orari più opportuni quando possibile. Ma il ricordo della mia Milano degli anni ottanta, di quando ero bambino, bussa forte alla porta del mio cuore e non ho resistito allo struscio natalizio, espressione che detesto, perdonatemi quindi se ipocritamente la utilizzo…
Mi ha fatto piacere notare che ancora un po’ di quell’atmosfera natalizia di quel tempo si respira ancora. La gente non ha completamente perso il senso della tradizione. Certo, il vero significato del Natale, per chi ci crede come me, è ben altro ( e qua si aprirebbe un tema molto più complesso sul quale non entro perché riconosco i miei limiti in questo) ma è già qualcosa. Credere che possa essere davvero Natale tutti i giorni è possibile per tutti,basterebbe volerlo.
L’idea del regalo è “il dono,”, un concetto molto importante, illuminato, come le luci che attraversano tutto Corso Buenos Aires qui a Milano o Via Del Corso a Roma. Sarebbe bello se questa luce fosse accesa tutto l’anno, e anche una sola volta ci fosse la possibilità di donare qualcosa che abbiamo dentro. Perché in fondo tutti abbiamo qualcosa dentro da donare, ne sono certo.
Chiudo questo mio intervento dedicando questo mio articolo alla piccola Yara, ovunque tu sia, il mio pensiero è per te. Nella speranza che tu sia ancora in vita, ti conservo nel mio cuore e sono vicino alla tua famiglia in questo momento di profonda angoscia per loro.

martedì 30 novembre 2010

NOSTALGIA DEGLI ANNI OTTANTA E DIPENDENZE DEL TERZO MILLENNIO


Non se ne esce dagli anni ottanta. Lo sappiamo, gli anni del benessere, della Milano da bere, della settimana bianca a Cortina, delle griffes firmate e dei manager rampanti, delle band musicali che mescolavano l'elettronica d'avanguardia all'ossessiva ricerca del look.
Da qualche tempo sta tornando questa nostalgia, ed io non lo nascondo, ne soffro particolarmente...
Quello che mi colpisce positivamente è leggere alcuni commenti di persone che vissero quel periodo da adolescenti o appena adulti. Oggi sono ultraquarantenni, perlopiù sposati con prole, e tutti affermano che ora sono benestanti, addirittura ricchi in qualche caso, ma tornerebbero volentieri indietro cedendo quanto acquisito oggi.
Non sono un sociologo e non so come spiegare tutto questo. Di per certo, e questo è dimostrato dalla cultura e dalla spiritualità orientale, non sono gli oggetti a renderti più felice sul medio - lungo periodo, ma la possibilità di poter avere un vero contatto diretto con le persone.
All'epoca non esisteva internet, ed al pomeriggio i ragazzi come me, spesso evitando di svolgere i compiti a casa, uscivano in cortile a giocare e crescevano in luoghi di ritrovo, tipo l'oratorio o il campetto sotto casa. Si creavano delle relazioni vere, di contatto, e si aveva la speranza per il futuro, quella che vedo un po' persa oggi in molti ragazzi. Però, in cuor nostro, tutti si desiderava poter comunicare piu velocemente, viaggiare piu rapidamente, ed ecco che la tecnologia nell'arco di un ventennio ci ha portati ad accontentare le nostre esigenze. Eppure, oggi, non siamo piu contenti e rimpiangiamo quegli anni.
Parlando questo pomeriggio con una persona mi sono confrontato sul tema. Lui afferma che molti rimpiangono i sogni di quel periodo, o la giovinezza perduta che non può più tornare, o un amore tanto desiderato e forse mai completamente realizzato.
Può darsi, forse è vero, ma è il presente quello che conta ed occorre viverlo appieno. Indietro non si torna, come diceva qualcuno, il passato è una cambiale scaduta, il futuro un assegno a vuoto, solo il presente è danaro contante.
Ci è possibile sfruttare al massimo il buono che la tecnologia offre, e riuscendo a schivare i pericoli che possono annidarsi, vedi la dipendenza da internet, da social network, strumenti da usare nel modo giusto.
Non dimenticherò mai una frase del compianto Mino Damato, da me ricordato in un articolo di qualche mese fa, che si presentò così all'inizio di una puntata della sua bellissima "Alla Ricerca Dell'Arca": " Se potete stasera, spegnete la tv. Non guardate il mio programma. Uscite, è meglio, se potete uscite".
Può sembrare una frase provocatoria invece lui aveva già capito, con moltissimi anni di anticipo, quello che stava per accadere, ed invitava la gente ad incontrarsi, a comunicare, a parlare.
Oggi comunichiamo, ma ci guardiamo sempre meno negli occhi. Appena ci sfioriamo ci spostiamo subito stizziti, come se il semplice contatto fosse qualcosa da evitare, il calore di una stretta di mano, spesso molle, data senza convinzione, qualcosa da cui scappare.
Ed è forse questo il segreto. Uscire, parlarsi, toccarsi (nel senso giusto del termine ben intesi!!), stabilire un contatto vero con le persone (se ben utilizzata anche la "virtualità" può aiutare laddove non è possibile incontrarsi) amando il presente, ricordando con un sorriso il passato senza rimpiangerlo. Troppo.

venerdì 19 novembre 2010

LEGGERI NEL VENTO COME AQUILE



Non mi occupo di politica. La politica dovrebbe essere al servizio dei cittadini, fornire servizi. Dato che nessun partito, nessuno schieramento lo fa, perché scrivere di questa noiosa ed inconcludente materia? Il governo cadrà, forse, si tornerà a votare, si parlerà, di discuterà, come si fa da sessanta e passa anni a questa parte nel paese più bello del mondo…
Il rischio di diventare populisti è estremo. La povertà di chi vive sull’orlo della sopravvivenza sotto gli occhi di tutti però.
Talmente presi dalla vita di tutti i giorni che non ci accorgiamo di quello che ci passa davanti agli occhi. Scioccante quello che ho visto solo due settimane fa uscendo da un corso in pieno centro a Milano. Le dieci di sera, a due passi dal Duomo, quattro senza tetto dormire al freddo su altrettante panchine. Sai che novità direbbe qualcuno…sì, purtroppo è così, non è una novità, succede da sempre e allora come fare, perché questa è la domanda giusta, per cambiare rotta almeno noi?
Abbiamo concezioni stereotipate ed illusorie della felicità. Crediamo che denaro, macchine veloci, donne, uomini, ci rendano felici, ma è tutto temporaneo, tutto effimero, dura l’ebbrezza di un istante e poi scivola via senza quasi lasciare traccia.
La felicità vera esiste e si costruisce dentro di noi partendo dalla leggerezza. Esseri leggeri significa togliersi i pesi da dosso, togliersi gli inutili macigni psicologici che ci portiamo dietro e vivere ogni giorno prendendo tutto quello che ci capita come un dono,se ci si crede un dono di Dio, altrimenti un’ occasione, più o meno casuale, che ci propone la vita, la natura, l’energia cosmica che ci circonda.
Difficile, lo so bene, sono il primo io a fare fatica spesso… tempo fa lessi un interessante articolo dal quale ho tratto spunto dalla mia riflessione. Nel suo scritto, questo scrittore scalatore, parlava di quanto sia fondamentale evitare di arrabbiarsi per motivi futili, se ci fanno una battuta cattiva, se ci suonano il clacson al semaforo, al fine di diventare leggeri nell’aria come aquile.
Tutto giusto, tutto condivisibile. Ma la domanda giusta, come sempre, è:
“come posso fare?”
Esistono varie risposte, due per me sono quelle immediate: lavorare sodo, rimboccarsi le maniche per crescere e distinguere le cose che contano da quelle che contano. Ed amare. Incondizionatamente. Rischiando di essere delusi,maltrattati,bistrattati, incompresi. Sorridere di più ed arrabbiarsi di meno (lo dice uno che anni fa venne soprannominato “permy” dai suoi amici!! )
Non possiamo piacere a tutti. Non siamo stati creati per cercare il consenso. Se arriva, anch’esso è un dono. E’ la grande scommessa, la più difficile dei nostri tempi, non a caso personaggi come Madre Teresa, Gandhi, San Francesco non nascono tutti i giorni. Possono però, come ci insegna la PNL, essere imitati, perlomeno nelle loro azioni più semplici, per rendere le nostre vite più gratificanti, più sorridenti,più gioiose, anche per una forma di silenzioso rispetto verso chi, dormendo la notte in una panchina all’aperto, non può forse nemmeno porsi queste domande…

lunedì 8 novembre 2010

AMARE SE STESSI, AMARE LA VITA

Ci sono serate in cui non si ha molto da dire se non che realizzare, una volta di più, l'importanza della vita, quanto sia necessario se non imprescindibile amare se stessi per amare questo dono meraviglioso che ci è stato dato.
A volte bastano dei piccoli segnali per ricordarselo. Basta un giro in ospedale, e solo attraverso gli occhi tristi e sofferenti delle persone si può capire quanto sia importante vivere con pienezza ogni singolo momento , lasciando da parte le inquitudini, le arrabbiature (perlopiù stupide e per motivi futili) e tutti quei sentimenti negativi che regnano sovrani nell'animo delle persone.
Basterebbe veramente poco. E' forse un mondo che non esiste. Lo so, ma è un mondo che a me piace. E pure tanto.

martedì 26 ottobre 2010

DIVIETO D' AMORE


Che paese particolare questo. Bellissimo, unico nel bene e ahimè, anche nel male.
La notizia del giorno è la sentenza della Cassazione che punisce fino a tre anni coloro che vengono scoperti a far l’amore all’interno della propria autovettura, anche in luoghi appartati e di conseguenza non facilmente raggiungibili. E quindi, da quanto si evince, anche di notte.
Leggiamo, per meglio comprendere il tutto, le parole della sentenza:

"praticare attività sessuale che comporti qualsiasi tipo di nudità, è di per se da considerarsi un’offesa al pudore ed alla pubblica decenza in qualsiasi condizione, anche se si è in luoghi isolati e non illuminati, in quanto sono sempre da considerare luoghi pubblici, e quindi fruibili da tutti i cittadini, bambini e minorenni compresi“.


Non amo esprimere giudizi, ma non posso non farlo in questa circostanza. C’ è tutta una letteratura, una storia dietro (e soprattutto dentro) le mura di un' automobile. Milioni di coppie in questo paese ed ovunque in questo mondo, nel corso degli anni, hanno potuto amarsi in macchina, spesso perché a casa non c’era la possibilità, o magari anche perché non potevano permettersi un motel o un altro luogo per stare insieme.
Si dice che questa sentenza voglia tutelare la sicurezza delle giovani coppiette a causa del proliferarsi degli episodi di violenza degli ultimi anni. Inoltre il fenomeno (che tutti abbiamo provato) dell’amore in macchina è considerato in declino (come se ci sia realmente qualcuno che tiene una statistica andando a chiedere alle persone se ancora amano farlo in macchina, all'aperto, va beh…)

Tutto vero, tutto giusto se la si inquadra da questo punto di vista… Per quale motivo allora punire le coppie con tre anni di carcere? Cosa c’entrano i tre anni di reclusione con la sicurezza della coppia stessa?
Senza cadere nella pericolosa spirale del qualunquismo e della retorica, non è che forse questo paese abbia altri problemi un po’ più seri da risolvere? Criminali, spacciatori, pedofili, pirati della strada, violenti, assassini a piede libero…Mi fermo, sono già entrato nella spirale, ogni tanto ci casco. Perdonatemi, ma questo argomento mi sta molto a cuore.

Non ci sono parole, non c’è altro da dire. Ci stanno portando via pure i sogni, pure la voglia di amare, di vivere la propria intimità, per una pretestuosa, vigliacca ed ipocrità moralità.

sabato 23 ottobre 2010

COGNE, GARLASCO, AVETRANO...E LA RUOTA MEDIATICA CONTINUA A GIRARE (E NON SOLO QUELLA...)



Oggi va di moda dire che non si guarda più la tv.
Molti affermano di non accenderla nemmeno, poi arrivano i dati auditel, evidentemente taroccati, e... poi?
E poi vedi che il Grande Fratello incolla al televisore milioni di italiani, così come tutti i rotocalchi che si occupano di gossip e delle vicende di cronaca nera nostrane, in particolar modo quelli pomeridiani e di seconda serata.
Dopo le tristi vicende di Cogne e Garlasco credevo, forse ingenuamente, che i media potessero finire di avere questo attaccamento morboso a queste vicende.
Mi sbagliavo pur sapendo benissimo di sbagliare. Fanno ascolto, e pure tanto.
E come mai? Certo non per "cattiveria", sadismo o mero interesse dei network. Semplicemente perchè a molti, a mio modesto avviso troppi di noi, piace questo genere di televisione un po' morbosa, che spia dal buco della serratura, di chiacchere da bar, ipotesi, illazioni campate in aria tanto per far salotto.
La vicenda di Avetrano sta prendendo una bruttissima piega sotto ogni punto di vista. Io ne so poco, e nel mio blog non ne ha trovato spazio non perchè non abbia a cuore quella povera ragazza che non c'è più, ma perchè trovo inopportuno farlo.
Devono pensaci i magistrati a scoprire la verità, è il loro mestiere. Basterebbe un servizio sui telegiornali per aggiornare gli ascoltatori sul lavoro dei giudici, dando la giusta dimensione ad una vicenda triste, tristissima che come spesso succede si è tramutata in un talk show itinerante, fra dirette sul posto, simposi, salottini, in cui tutti si sentono autorizzati a sentenziare, a pontificare.
Sarebbe ora di dire basta.
Molto più utile invece sarebbe capire come (la domanda giusta, è "come", e non "perchè") riuscire a vincere la violenza che regna imperante nella nostra società, vedi la tragica storia del tassista picchiato a Milano (ora in coma profondo), della signora Rumena uccisa da un pugno a Roma, e tante altre che quotidianamente riempiono le pagine dei nostri giornali, a cui si da meno spazio sugli schermi perchè ormai, purtroppo, è diventata di "ordinaria amministrazione".
Come è possibile, mi chiedo spesso, riuscire ad educare le nuove generazioni al rispetto, alla cultura dell'educazione e dell'accettazione senza ricorrere alla violenza.
Io una mezza idea ce l'avrei... Esiste però uno Stato che dovrebbe dare queste risposte con le strutture adeguate per supportare quella che è da sempre, piaccia o meno, la struttura portante: la famiglia.

domenica 17 ottobre 2010

UNA GIORNATA UGGIOSA



"Ma che sapore ha una giornata uggiosa..." cantava Lucio Battisti verso la fine del suo sodalizio artistico con Mogol.
In effetti questa domanda ce la potremmo porre oggi guardando fuori dalla finestra, scorgendo una Milano inzuppata dalla pioggia, umida come non mai e piena di pozzanghere da tutte le parti.
Eppure questo scenario piovoso, per molti sinonimo di cupezza e decadimento, suscita piacevoli sensazioni, gradevoli vibrazioni, come quella voglia innata di libertà che tutti abbiamo, di correre sotto la pioggia, e sentirsi sciolti da ogni laccio immobilizzante.
Il rumore della pioggia, il suo battere incessante, il profumo dei campi dopo un acquazzone è l'altra faccia della medaglia, in contrasto ai colori del sole, agli odori della primavera che tornerà non prima di cinque mesi. Non necessariamente questa faccia è peggiore dell'altra. E' solo diversamente affascinante.
Intanto ci godiamo l'inverno, con il piacevole tepore delle coperte quando ci svegliamo, con le luci di Natale prossime all'esposizione nelle vie delle nostre città, con il buio che fa capolino già dalle prime ore del pomeriggio.
L'importante è che la luce resti sempre accesa dentro tutti noi.

Buona domenica uggiosa a tutti voi

martedì 12 ottobre 2010

ALLENAMENTO PER LA FELICITA' E CONVERSIONE DELLE CREDENZE



Vorrei scrivere qualcosa su quanto accaduto questa sera a Genova prima di Italia Serbia, partita poi sospesa per i motivi che tutti sappiamo. Ho in testa il pezzo, le parole scivolerebbero sulla tastiera rapide ed altrettanto lo sarebbero visualizzate sullo schermo.
Non lo farò. Rischierei di cadere nella solita spirale retorica delle polemiche, dei dubbi, dei rimorsi e quant'altro. Non serve a niente chiedersi perchè, come ho da qualche a tempo a questa parte imparato. La domanda giusta è "come". Come è possibile evitare che questi episodi non accadano più. Le risposte le conosciamo tutti, a qualcuno forse fa comodo così, mi fermo qui perchè sento che sto già per entrare nella spirale.

Preferisco invece occuparmi di altro oggi, di come invece basti poco per poter sfruttare le immense capacità che abbiamo per poter cambiare la nostra visione del mondo. Come è possibile?
Cambiando le abitudini della mente inconscia, lasciando spazio ai pensieri positivi.
Come si fa? ripeto, cambiando le abitudini. Spesso la nostra mente immagazzina informazioni negative che replica inconsciamente, fino a diventare dei pensieri cardine su cui fissare le proprie (sbagliate, ripeto in maiuscolo SBAGLIATE ) credenze.

Ecco alcuni fulgidi esempi:

"non riuscirò mai a svolgere questo lavoro"
"non sono in grado di poter gestire lo stress"
" non sono capace di relazionarmi adeguatamente con gli altri"
"non sono in grado di poter fare quello sport"
"non riuscirò mai a realizzare i miei sogni"

( E mi limito qua altrimenti dovrei scrivere un papiro...)

Sono solo cinque fra le centinaia di migliaia delle credenze erronee, completamente da capovolgere, che dominano sovrane nel cervello di molte persone. Son tutte basate su una visione completamente sbagliata della vita, a mio modesto parere, una visione fortemente negativa, pessimista, che porta a quello che si chiama "allenamento alla depressione".
Non a caso, purtroppo, basta guardarsi intorno, molte persone che ci circondano, per non parlare delle coppie, sono infelici pur avendo tutto, comodità, affetto di amici e parenti, comfort di ogni genere, se non addirittura ricchezza.
Tempo fa scrissi un post su facebook denominato "allenamento per la felicità". Ecco, occorre proprio modificare il codice su cui si basano quelle credenze negative e ribaltarle completamente. Come fare?
Semplice, credendo in se stessi, e mettendosi in testa che comunque dei risultati si ottengono e che quelli che noi, erronamente, definiamo fallimenti, sono in realtà risultati, esperienze, che ci condurranno ad intraprendere altre strade per il successo, inteso come realizzazione personale, come capacità di essere piu confidenti credendo in se stessi e nelle proprie capacità, lavorando sodo, duramente, con passione vedendo gli ostacoli non come macigni ma come strumenti per arrivare alla meta.
E poi, tanta passione, e per chi ce l'ha dentro, tanto buon cuore.
Questo non garantisce sempre il buon esito dei buoni propositi in scala breve, ma può assolutamente permetterlo su lunga scala, coltivando la pazienza ed arricchendo nel tempo la propria autostima.
Io, (e riprendo a parlare di me mannaggia, dovrei tagliarmi le mani...ahahahaha) da pessimista cosmico sto per diventare un solido ottimista. Non ho mai visto, ed è la verità, un pessimista ottenere dei risultati nella vita.
Per fare questo, occorre cancellare i "no" e farli diventare "si", ed avere la capacità d'intraprendere strade diverse laddove quelle intraprese non portino al risultato sperato, considerato però sempre che un risultato è stato ottenuto comunque, e che di base occorre, per fare questo, allenarsi alla felicità.
Io ci sto provando, lo sto già facendo da tempo. Spero che anche coloro che si sentono pessimisti e delusi, lo facciano e non perchè lo dica io.
Io sono solo un appassionato di rock and roll... :-)

sabato 9 ottobre 2010

PAZIENZA PER AVERE PAZIENZA



Mi prometto sempre di non parlare mai di me in questa isola di libertà...eppure essendo il mio di blog, un piccolo spazio per la mia crescita personale posso anche ritagliarmelo, visto che la maggior parte delle persone che mi legge mi conosce, chi direttamente, chi tramite lo specchio virtuale dei social network...:-)

Partiamo con ordine: non conosco il significato della parola "pazienza". Non mi riferisco ovviamente al lato semantico, ma proprio all'attuazione pratica di questa lodevole e a me sfuggente virtù.

La pazienza è un dono di Dio.Nella mia vita ho incontrato tante persone, e ho visto che quelle che ne dispongono ottengono risultati decisamente migliori in ogni settore, dalla vita privata al lavoro, e soprattutto vivono in generale più sereni.

Che fare allora, per tutti coloro che come il sottoscritto la ignorano bellamente da anni?
Molto semplice, mettere in pratica uno dei capisaldi della programmazione neuro linguistica, ovvero l'imitazione. Prendere un modello di successo, e copiarlo mettendoci un pizzico ovviamente di noi stessi, per non essere dei meri cloni. Nessuno ha inventato nulla, tutti prendono e ricalcano qualcosa da qualcun'altro. Spesso facendo addirittura meglio del soggetto o della parte imitata. L'importante è che il soggetto imitato sia davvero un modello da seguire.

Da domani io e la pazienza saremo una cosa sola. Spero tanto che possa essere così anche per tutti coloro che come me, nel corso degli anni, hanno trascurato la sua importanza pensando di dover bruciare le tappe subito con l'assurda convinzione che il tempo ti sfugga dalle mani...
La realtà è che il tempo ti sfugge comunque per il tempo che perdi pensando che scappi via, e tu non bruci le tappe,ma bruci te stesso e le opportunità valide che si presentano davanti agli occhi nella vita.
Cambiare, da subito, senza fretta però. Con pazienza.

martedì 21 settembre 2010

LA VITA, LA MORTE, ESSERE MORTI DA VIVI ED ESSERE ANCORA VIVI DA MORTI.GRAZIE SANDRA..


La vita e la morte. La doppia faccia della nostra esistenza dai tempi dei tempi.
Difficile scrivere di un argomento così in poche righe. Ed infatti non lo farò appieno in questo spazio, perlomeno ora.
Prendo solo spunto dalla dolorosa (e ahimè per certi versi non inaspettata) notizia della morte di Sandra Mondaini per pensare a come la vita sia un dono unico,
meraviglioso, e di come spesso non ci si renda conto di quanto importante sia viverla compiutamente, rendendoci protagonisti minuto dopo minuto di questo viaggio di cui abbiamo il privilegio di percorrere svariate tappe con relative fermate, pur non sapendo (per fortuna) quando ci tocca scendere definitivamente...
Non vi è peggior cosa di essere morti già da vivi. Non spetta a me giudicare, non farò esempi, non farò riferimenti. Ripeto solo che è veramente desolante pensare a chi non è in grado di poter vivere nell'amore, a chi spreca la propria vita credendo che si tratti di un viaggio in cui conti solo viaggiare in prima classe, sgomitando a destra e a manca per prendere i posti migliori.
Accettare le cose come un dono, per chi ci crede come me da Dio, per chi non ci crede anche dal caso ma comunque come una fortuna che ci capita, ed un privilegio assoluto, quello di vivere.
Prendo come esempio opposto Sandra Mondaini, che in una recente intervista ha dichiarato di essere stata fortunata nell'aver vissuto una vita compiuta come la sua, citando i tanti giovani che invece sono meno fortunati, perchè già malati alla loro età.
Ed ha detto una cosa giusta, vera. Insieme a Raimondo ora si sfotteranno nell'alto dei cieli, o forse staranno così bene da non aver bisogno di prendersi in giro per essere felici, là dove qualcosa ci sarà, là dove la cattiveria ed il male di questo mondo spariranno per lasciare spazio alla pace e all'amore.
Una bella favola? chi lo sa, a me piace crederci, io sento di crederci, altrimenti per quale ragione siamo venuti al mondo?
Ma questo è un altro discorso. Ora Sandra entra nell'olimpo di coloro che non muoiono mai, grazie alle sue opere, al suo talento, ai tanti sorrisi che da bambino, con il personaggio burlesco di Sbirulino, ha regalato a me e tanti bambini di quella generazione. In fondo, è proprio cosi, si nasce per morire e si muore per essere ancora vivi, nel ricordo, e forse non solo, in un'altra vita.

lunedì 20 settembre 2010

I BAMBINI, IL SALE DELLA VITA


Chi mi conosce sa che non amo parlare della mia vita in questo spazio.
E non lo farò nemmeno questa volta, anche se ritengo necessario partire da un'esperienza direttamente vissuta per arrivare ad esprimere un concetto generale.
Giusto ieri mi trovavo ad una festa di compleanno organizzata per la figlia di una coppia di cari amici. Con lei, oltre ai parenti, tanti piccoli bimbi amici, protagonisti assoluti in un pomeriggio azzurro e luminoso di metà settembre.
Vedere così tanti bambini giocare, la loro innocenza, la loro spontaneità, il loro vivere spensierati mi fa pensare a quale gioia deve essere averne uno, vederlo crescere, curarlo, amarlo, stargli vicino. E più ci penso e più sono convinto che sono loro che danno sapore alla nostra vita, spesso resa insipida dal piattume delle nostre convinzioni, dall'agiatezza e dalla comodità che ci fa credere che un bambino possa essere un peso.
Mi hanno insegnato a rispettare le idee e le convinzioni di tutti. Ma non posso negare che mi piange il cuore sentire sempre più spesso da coppie refrain del tipo: "bambini?? per carità...santo cielo, io non voglio bambini!!"
Ancor di più quando ad esprimere queste frasi sono solo le donne, che fin da bambine sviluppano dentro di sè il senso materno. Capisco, rinunciare alla carriera è dura, ma rinunciare all'amore infinito che ti può dare un bambino non è forse peggio?
Ripeto, massimo rispetto per le scelte di chiunque, ma una vita senza bambini a lungo andare è una vita priva di fantasia, di luce, di brio. E' una vita senza la gioia dell'amore forse più grande, quello appunto per un figlio od una figlia.
Vedendo quei bambini ho capito che noi adulti non possiamo che imparare da loro. La loro affettuosità, la loro carica, la loro energia possono essere un modello da imitare per noi, spesso rabbuiati, tristi, incapaci di amare.
Per questo, e non solo, i bambini sono il sale della vita.

domenica 12 settembre 2010

LIBERI DENTRO PER ESSERLO, REALMENTE, FUORI


Cosa significa realmente essere liberi?
In molti forniscono la loro libera interpretazione nel rispondere a questa domanda che ci viene formulata dalla notte dei tempi. In realtà la risposta è molto meno semplice di quello che può sembrare, e sicuramente, come appena detto, ognuno ha una propria idea di libertà.
Nel corso degli anni ho imparato a capire che essere liberi vuol dire gettare dalla finestra le maschere che magari abbiamo indossato nel corso degli anni,
accettandoci per quello che siamo, per le nostre debolezze, ma soprattutto valorizzando al massimo i nostri pregi, cercando di essere un modello di consapevolezza, di autorevolezza, se non addirittura luce, per chi ci incontra nel cammino della vita.
Essere liberi vuol dire innanzitutto domare la tigre della propria mente. Sì, intendo proprio quello, liberi da quella tigre impazzita che se non controllata a dovere saltella fra le pareti del cervello facendoci perdere la lucidità necessaria per non essere schiava dei pensieri negativi. I grandi saggi orientali, i mistici di ogni fede, insegnano ad accettare le cose per come vengono, senza essere nichilisti ma partendo del presupposto che comunque tutto accade, e qualsiasi cosa succeda niente ci può ferire se non momentaneamente. L'accettazione delle cose, in questo senso, rende liberi, altrimenti si diventerà sempre schiavi di ciò che non va secondo i nostri desideri.
Essere liberi dentro per esserlo fuori vuol dire allenarsi alla felicità, imparando a dare il giusto peso a tutte le cose, ad essere felici ogni mattina quando ci svegliamo perchè siamo vivi, possiamo mangiare dei biscotti caldi, andare a lavorare, (sai che fortuna dirà qualcuno...beh pensiamo anche che nel 2010 c'è chi non ce l'ha...) guardare il calcio in TV, uscire con una bella mora o bionda (ho sempre preferito le bionde ihihih), insomma fare quello che vogliamo.
Essere liberi per affrontare gli ostacoli della vita con quell'incredibile risorsa che abbiamo a disposizione ma che spesso non siamo capaci (io in primis) di usare: l'amore. Senza amore, senza passione e dedizione, non si va da nessuna parte, e soprattutto si è schiavi di se stessi, delle famose maschere che in tanti indossano perchè non contenti di quella reale, attaccata alla pelle della testa, che il Padre Eterno gli ha fornito.
Solo così, e rimboccandosi le maniche, rialzandosi ogni volta dopo una caduta, con più voglia di prima, assaporando l'acre sapore della polvere ma ritenendo ogni evento un'esperienza, e mai un fallimento, è possibile veramente trionfare su se stessi, ed essere liberi dentro, per esserlo poi fuori agli occhi di chi ci ama, e perchè no, anche agli occhi di chi ci vuole meno bene, poichè non possiamo piacere a tutti.
Ma anche questo fa parte del gioco, ed è in fondo uno dei motivi per cui vale la pena essere liberi dentro per esserlo fuori.

venerdì 27 agosto 2010

LIBERTA' DI GIOCO E DIVERTIMENTO

Nel tardo pomeriggio di ieri mi recavo in un supermercato a fare la spesa... E chi se ne frega, giustamente, si potrebbe dire, no?...
Il punto non è questo ovviamente. Nel parcheggiare la mia autovettura mi sono accorto di alcuni ragazzini che giocavano a pallone in un fazzoletto di cemento adiacente il supermercato, di fianco al magazzino pieno di bidoni della spazzatura.
Una scena che mi ha fatto riflettere, e mi ha anche lasciato un velo di tristezza.
Nel 2010 sarebbe normale avere almeno un campo giochi (non chiedo un centro sportivo, per carità di Dio) ed un piccolo rettangolo verde su cui depositare le borse per fare le porte, e lasciare i nostri ragazzi giocare come si deve, magari in sicurezza, no?
Questa è la civiltà , se tale si può definire, in cui viviamo. Poi ci lamentiamo che i nostri ragazzi stanno troppo su internet e guardano troppa TV. Verissimo. Ma se farli uscire significa farli giocare in queste condizioni di degrado, tanto vale che stiano a casa, magari educandoli alla lettura e alla cultura fin da piccoli.
Per i tempi in cui viviamo forse è chiedere troppo. Ma bisogna essere ottimisti, e sperare non costa nulla.

martedì 17 agosto 2010

L'ARTE DEI PICCOLI PASSI


Il mio spunto di oggi è legato ad una meravigliosa preghiera di Antoine De Saint-Exupèry, l'autore per intenderci del "Piccolo Principe". Ecco il testo che racchiude queste parole meravigliose:

"Non ti chiedo miracoli o visioni, ma la forza per affrontare il quotidiano. Preservami dal timore di poter perdere qualcosa dalla vita. Non darmi ciò che desidero, ma ciò di cui ho bisogno. Insegnami l'arte dei piccoli passi"

Che dire...mi è quasi difficile poter commentare uno scritto così pieno di luce, d'amore, una preghiera così concreta, quasi un'immagine.
Eppure è quanto basta per poter essere felici dentro, per raggiungere la pace interiore che è l'unico modo che ha l'uomo per non vivere la propria vita disperdendola in affanni, ansie, odio e spesso inutili preoccupazioni.

Non credo ci sia altro da aggiungere. Tutto è scritto in queste righe. C'è solo da imparare

lunedì 16 agosto 2010

AMORE E VITA



Più passa il tempo, e di conseguenza invecchio, più mi accorgo di quanto sia vera la frase di Madre Teresa: “Non sprecate il vostro tempo in azioni inutili”.

Non sempre è possibile capitalizzare il nostro tempo in azioni meravigliose come le sue, portatrice di pace e di amore fra i più poveri dei poveri, unica ed inimitabile “matita di Dio” come era stata soprannominata. Però nel nostro piccolo è possibile certamente aumentare il tempo da dedicare, anche sul lavoro, all’amore ed alla pace rispetto al rancore e all’odio, ahimè spesso troppo presente negli ambienti lavorativi.
Queste vacanze stanno per raggiungere il giro di boa di Ferragosto, in un clima autunnale qui al Nord mentre al Sud regna ancora il sole, il caldo ed un clima estivo. Quando pubblicherò sul mio blog questo articolo, Ferragosto sarà già passato e lentamente le città si ripopoleranno. Arriverà l’autunno e l’inverno passerà, come diceva una canzone di Renato Zero, tra la noia e le piogge . Queste ultime sono necessarie, anche se a volte fastidiose, mentre la noia si può combattere solo associando la parola “vita” alla parola “amore”. Messe insieme, viaggiando sullo stesso binario, la noia è facilmente vinta.
E’ possibile per tutti quanti noi fare in modo che sia sempre estate dentro di noi, alimentando il valore dei nostri sentimenti, aumentando le nostre buone azioni quotidiane, ne basterebbe anche una sola al giorno a coprire le mancanze che sempre ci saranno, perché fino a prova contraria siamo esseri umani, sbagliamo, o per dirla in chiave cristiana, pecchiamo.
Intanto, per quel che ne resta, buona Estate a tutti, cari amici vicini e lontani!

domenica 18 luglio 2010

ADDIO PICCOLO GRANDE MINO


Ci sono dei personaggi che non hanno bisogno della grancassa, o di fare prosopopea di se stessi, per dimostrare la loro grandezza. Mino Damato questo lo sapeva bene, anche quando venne criticato (in Italia c'è sempre qualcuno che ha voglia di criticare, di dubitare, di denigrare, altrimenti non saremmo noi...) per la sua camminata sui tizzoni ardenti durante una puntata della sua "Domenica In" di una ventina di anni fa.
Eppure lui non lo fece per vanto personale, ma per dimostrare la forza che poteva avere l'uomo dentro di sè, quell'energia che solo in parte l'essere umano è in grado di poter esprimere anche superando prove apparentemente impossibili.
Ma Mino Damato è stato molto di più.
Fin da piccolo mi affascinava il suo modo di fare giornalismo. Sempre in prima linea ma senza mai fare del facile sensazionalismo, ha incarnato per molti versi la figura dell'"anchor man" all'italiana, creando il primo rotocalco preserale con il suo "Italia Sera", condotto insieme ad una giovanissima Elisabetta Gardini. Poi la sua Domenica In, la prima dopo anni di Pippo Baudo, e non sufficientemente apprezzata perchè diversa da quella di Pippo, con un maggiore taglio giornalistico.
E poi la sua grande intuizione, la divulgazione scientifica unità al sapere, in quel meraviglioso programma che era " Alla Ricerca Dell'Arca", precursore assoluto dei vari programmi sul tema che vediamo oggi in Tv.
Ancor prima, da giovane, era stato inviato di guerra in Vietnam ed in Cambogia. E, come è facile supporre, fare l'inviato di guerra in quei posti, durante quelle guerre, non doveva essere una passeggiata di salute...
Questo era il Mino Damato giornalista. Il Mino Damato uomo era ancora meglio, forse addirittura molto meglio. Nelle varie biografie in internet, per chi non lo sapesse, è possibile vedere quello che lui ha fatto per i bambini sieropositivi in Romania, fondando un'associazione dedita alla loro cura, alla loro assistenza. E quel gesto meraviglioso, pieno di amore, nel 1995, quando decise di adottare una bambina che sapeva già essere irrimediabilmente malata. La bimba morì pochi mesi dopo, Mino se ne è andato quindici anni dopo, lasciandoci però in eredità il suo modo di raccontarci fatti, il suo modo di diffondere conoscenza e soprattutto la sua incredibile capacità di amare.
RIP Mino.

domenica 4 luglio 2010

IL GUSTO DELLA SEMPLICITA'


Non credo possa esistere cosa migliore al mondo che aprire gli occhi alla vita, anche dopo poche ore di sonno, e sentire il soave fragore di un torrente, circondato da montagne intorno e da un insieme di luci e colori ammalianti.
Lontani dalla città, lontani dal frastuono, solo la natura coi suoi profumi, il suo imperversare libera nella manifestazione dei suoi fenomeni metereologici, mescolata ad una passione comune per l'uomo che più di ogni altro ha cambiato la storia della musica e dello spettacolo: Elvis Presley.
Tutto questo può sembrare uno strano connubio, ed invece le due cose sono strettamente legate l'una all'altra perchè sono l'insieme di come, in semplicità, con poco, si possa raggiungere quel momento che gli psicologi provano a definire da secoli, in modo piu o meno riuscito: la felicità.
Mi ero ripromesso in questo blog di non parlare di fatti personali, di quello che faccio o non faccio nella mia vita, ma non posso non dire grazie a tutte le persone che ho incontrato in questi due giorni fantastici.

venerdì 4 giugno 2010

NOTTI MAGICHE INSEGUENDO UN GOL...( AMARCORD MONDIALE E NON SOLO..)


I mondiali di calcio sono il momento più affascinante da sempre per chi come me è appassionato di questo meraviglioso sport. E da sempre vengono seguiti anche da chi detesta il gioco del pallone, perchè sono un momento di unione e di fratellanza popolare. Forse, specie di questi tempi, anche un'occasione per dimenticare i problemi, e per chi ci governa e chi dovrebbe controllare (l'opposizione) un modo per nasconderci la reale entità delle difficoltà attraversate dal nostro paese.
I miei ricordi mondiali partono con la vittoria mundial in Spagna, ventotto anni fa.
Nel 1982 l'Italia di Bearzot arrivò in Spagna dilaniata dalle polemiche. Nessuno credeva in loro. Un inizio torneo da brividi, un pareggio rocambolesco contro il Camerun, un altro scialbo contro il Perù..
Ero un bambino piccolo, ma ricordo benissimo la magia che si respirava in quelle afosi notte d'estate di quasi trent'anni fa. Un'Italia stellare, piena di fuoriclasse, Bruno Conti, Cabrini, il povero Gaetano Scirea, e l'exploit di Paolo Rossi, tornato dopo due anni di squalifica per il calcio scommesse. Eppure, partendo malissimo, quell'Italia riuscì a regalarci la piu emozionante vittoria mondiale.
Un brivido. Un'emozione indimenticabile, l'immagine dell'esultanza di Pertini in finale contro la Germania resterà per sempre indelebile nel cuore di tutti noi..
Le notti magiche di Italia 90 arrivarono molto dopo, e ricordo la delusione per quel mondiale sfuggitoci di mano per un non nulla la tengo ancora dentro, perchè ancora non capisco come abbiamo potuto non vincere un mondiale giocato in casa, con una Nazionale piena di grandi giocatori, con Schillaci che segnava persino da casa sua, con Baresi e Maldini in difesa, con Baggio giovane ed integro. Misteri del calcio.
USA 1994, conclusione dell'epopea del tatticismo sacchiano da me sempre amato, fu l'ultima cocente delusione mondiale, in finale, contro un Brasile modesto ma sufficiente a superarci in una partita giocata in condizioni impossibili, sotto un sole cocente. Ricordo la tensione con cui guardai quella partita, con la sfrontatezza dei miei diciotto anni di allora. Il pianto del capitano, l'unico inimitabile Franco Baresi, sulla spalla di un Arrigo Sacchi mai amato dalla critica e che ha perso un mondiale ai rigori, a differenza di chi, quattro anni fa, lo vinse per un rigore di pochi centimetri al di qua della linea bianca.
D'altronde lo diceva il compianto Dino Viola, il calcio è una questione di centimetri (frase che divenne celebre dopo l'annullamento di un gol regolare a Ramon Turone in un Juventus Roma del 1981).Ma anche di fortuna, di bravura e di passione. Requisiti che ci mancarono quasi del tutto sia a Francia 98', sia in Corea nel 2002, nella sghangherata spedizione trapattoniana. Di corsa, fra un capitolo della tesi e l'altro, per vedere Italia Corea in un noto megastore del centro di Milano, per poi essere eliminati dalla Corea stessa e da qualche errore di troppo dell'arbitro, che comunque non fu così influente come si vuole ancor oggi credere.
Germania 2006 è storia recente, un mondiale fatto di grinta, di coesione del gruppo, di avversari modesti e qualche vantaggio arbitrale passato sotto silenzio ( se ci ricordiamo degli orrori di Byron Moreno, perchè dobbiamo dimenticarci del rigore inesistente contro l'Australia di quattro anni fa? ).
E ora? ora aspettiamo. La squadra non mi piace molto, l'allenatore nemmeno, ma vediamo se ancora una volta l'Italia sarà capace di sovvertire il pronostico.
Quello che è certo è l'emozione mondiale, ancora una volta, è qui con noi.

domenica 30 maggio 2010

ELOGIO DELL'ESTETICA DURANIANA


"Beauty is in the eye of the beholder". Tutti conosciamo questa frase di Oscar Wilde, ma non sempre ci riesce facile interpretarla ed inquadrarla nella realtà musicale del terzo millennio, in cui la musica viene scaricata dalla rete e consumata assai rapidamente per poi essere cestinata senza lasciare traccia.
In questo senso, gli anni ottanta sono stati forse l'ultimo decennio che ha lasciato un vero e proprio solco all'interno del panorama musicale internazionale, avendoci lasciato in eredità tante formazioni ed artisti che hanno fatto la storia della musica. Fra questi meritano il giusto spazio, nella mia isola Barataria del libero fluir pensiero, i Duran Duran.
Sono un gruppo strano i Duran Duran. Figli degli anni ottanta, nati alla fine degli anni settanta, e ancor oggi, non si sa perchè, si portano dietro questa etichetta di primissima "boy band" degli anni della Milano da bere, dello yuppismo e chi più ne ha più ne metta...
Come è dura liberarsi dei clichè in questa società che bolla tutto, etichetta tutto, e sminuzza tutto nel tritatore mediatico dimenticandosi spesso che gli artisti veri sanno rinnovarsi nel corso del tempo, mostrando un'immagine nuova, coraggiosa, diversa.
I Duran Duran lo hanno sempre fatto nel corso della loro carriera, e per questo mi piacciono tanto e li ascolto quasi quotidianamente. Ascolto i Duran degli esordi come quelli del loro ultimo lavoro discografico di tre anni fa, "Red Carpet Massacre". Il filo comune denominatore sono le emozioni che loro canzoni trasmettono. Un brano come "Save A Prayer", unanimente considerato come un modello di sonorità che rimandano ad esotismo ed atmosfere fuori dal tempo, ha fatto sognare due generazioni in tutto il mondo.
I Duran Duran sono sopravvissuti a svariati cambi di formazione, abbandoni e ritorni, riunioni e ritorni all'antico, mantenendo però sempre la loro originalità artistica e la loro voglia di sperimentare. Straordinari e coraggiosi, anche quando qualche disco non ha dato loro l'esito sperato. Più facile mantenere la stessa linea o cantare la stessa canzone da vent'anni, come fanno tanti altri. Loro no, loro cambiano. Strade diverse, nuove, originali. Ed io li ammiro tanto per il loro coraggio, per la loro versatilità. Non vi è un loro prodotto musicale che alle mie orecchie di attento ma profano ascoltatore sia uguale all'altro.
Mentre scrivo, affinchè possa giungere in me la vena necessaria per poter elaborare un valido articolo, ascolto la loro musica. Ed è pura magia che viene fuori dalle tastiere di Nick Rhodes in brani dall'atmosfera unica, vedi "The Seventh Stranger", per non parlare poi dell'atmosfera glamour che si diffonda fra le note di "New Religion" o l'inno alla vita di "What Happens Tomorrow".
La voce di Simon Le Bon è cresciuta nel tempo, maturata, fortificata anche grazie ed esperienze terribili, tipo la stecca al LIVE AID del 1985, in cui milioni di persone assistettero al punto più passo dell'epopea duraniana, quando la band si presentò completamente allo sbando e Simon, assolutamente fuori forma, stonò clamorosamente durante l'esecuzione di " A View To a Kill", il primo ed unico brano colonna sonora di un film della saga di 007 a raggiungere il primo posto in classifica.
Quella figuraccia avrebbe distrutto chiunque. Ed invece a distanza di venticinque anni i Duran sono ancora qui, a regalarci quelle emozioni un po' glamour che si creano all'ascolto di brani tipo "Hold Back The Rain" o "Union Of The Snake", per non parlare di quel capolavoro assoluto che è "The Chaffeur".
Non tutti i lavori dei Duran Duran sono dei capolavori. Ma c'è un perchè e sta come ho già detto prima nella loro ferma volontà di voler fare sempre cose diverse, di non lasciarsi addosso un'etichetta che per troppo tempo è stata appiccicata loro, quella dei "ragazzi selvaggi" ("Wild Boys" è il titolo di una delle loro canzoni piu note, per quei pochi che non lo sapessero, ed anche una di quelle che mi piaccino di meno...) figli degli anni ottanta.
I Duran Duran sono figli degli anni ottanta, con capolavori tipo "Rio", degli anni novanta con morbide pennellate musicali tipo "Ordinary World". Ora mi aspetto la perla degli anni duemila, che ancora deve giungere, ma che sento i ragazzi selvaggi stanno preparando per noi, che un po' sempre ci sentiamo belli e "pettinati" (trad dal gergo milanese, vuol dire "fighetti") come John Taylor e Simon Le Bon, per sempre duraniani nel cuore.
Perchè non va mai dimenticato un fatto, cari amici miei: The Wild Boys always shine...

venerdì 28 maggio 2010

IL SORRISO DEI GIOVANI


Ci sono dei momenti in cui pensi veramente che l'età migliore sia quella dell'adolescenza. Un periodo difficile, particolare, in cui i ragazzi non sono ancora uomini e le ragazze, pur essendo già donne fisicamente, sono lontane dall'esserlo come maturità e consapevolezza interiore.
Ieri, durante la pausa pranzo, osservavo i ragazzi che uscivano da una scuola proprio di fronte al ristorante in cui mi trovavo. Vedevo le loro facce serene, in alcuni casi sorridenti, e la cosa mi ha trasmesso un misto di emozioni positive incredibili.
Si dice sempre che i ragazzi di oggi siano tristi e annoiati (ed è vero in parte, non lo si può ahimè negare) eppure quei sorrisi che ho visto all'uscita di quell'istituto devono essere uno sprono anche per coloro che credono di non farcela, per coloro che pensano che la vita non abbia valore sprecandola con amenità tipo droga, alcool e quant'altro.
Chissà come sarebbe bello poter tornare tutti, per un solo giorno, a rivivere qualche momento della nostra adolescenza. E' un sogno impossibile ma mi piace ogni tanto pensarlo. Il famoso giochino della macchina del tempo, lo chiamano così...
Eppure io sono pienamente consapevole che ognuno di noi è il prodotto delle proprie esperienze, e che non è mai tardi per cambiare la frequenza, e renderla armonica e gioiosa, limitando al minimo i momenti negativi. E solare. Dura lo so, ma che senso ha vivere se non si affrontano le sfide difficili senza tentare di vincerle? ma Niente è impossibile!! E questo per nessuno di noi.
Il punto di partenza è quel raggio di luce nato dal sorriso di quel ragazzo e di quella ragazza all'uscita da scuola, solo appena filtrato dal vetro del ristorante. Quell'entusiasmo giovanile che può entrare nei cuori di ciascuno di noi per vivere ogni momento della nostra meravigliosa avventura chiamata vita.

domenica 23 maggio 2010

LA PASSIONE, L'OSSESSIONE E IL DISAMORAMENTO.


Ieri sera la metà neroazzzurra di Milano, e tutta l'Italia interista, hanno giustamente dato sfogo alla loro gioia per il meritatissimo trionfo europeo della squadra di Mourinho. Una serata di festa per tutti, perchè fino a prova contraria non c'è cosa migliore di vedere magari degli amici contenti e felici esprimere la loro gioia per un trionfo atteso da oltre quarant'anni. Il calcio è un po' come la vita, è una ruota ciclica, da qualche anno gira dalla loro parte, per qualche anno è girata da quella della Milano rossonera ( la mia, per quei pochi che non lo sapessero...), chissà domani cosa accadrà...
E' con questo spirito che bisognerebbe vivere il gioco del calcio.
Avete letto bene, ho scritto "gioco del calcio" perchè fino a prova contraria è ancora un gioco. Girano molti soldi è vero, come in tanti altri campi della vita. Ma è un'attività che dovrebbe portare piacere, distrarre, ricreare, unire legami, elargire felicità e sorrisi anche quando è più difficile, come nella sconfitta, che è dura da digerire ma se vissuta nel modo giusto, magari con un sorriso ed una pacca sulla spalla da parte di chi ha vinto, può essere comunque ben assorbita.
Tutto molto bello,tutto ahimè alquanto utopico, anche e soprattutto quando vieni a conoscenza della morte di un uomo di 63 anni, in un bar di Torino, accoltellato dopo una lite avvenuta per meri motivi calcistici durante la visione della partita Inter-Bayern di ieri sera . Non ci posso credere, non ci voglio ancora credere.
La spirale della violenza, in questa società che è assolutamente incapace di amare, e che invece è ahimè capace di arrivare a tirare fuori un coltello per uccidere una persona a causa di una stupida partita di pallone, è ormai senza controllo.
Non si può morire per una partita di pallone in questo modo. Il calcio è ormai una religione integralista, questi fatti sono simili a quelli delle guerre di religione. Mi vengono i brividi, sono quasi costretto ad usare per la prima volta una parola che sto cancellando dal mio vocabolario, che mai vorrei utilizzare nei miei scritti e nella mia vita: ho paura.
Sono sempre più convinto che ad ogni cosa bisogna dare il giusto peso. Troppa enfasi e pressione mediatica viene dedicata a quello che deve tornare ad essere un gioco e non un pretesto per sfogare la propria rabbia repressa, specchio di un'esistenza vuota.
La passione deve restare passione, e non divenire ossessione. L'ossessione porta alla perdita di controllo della mente, all'assenza di lucidità, al degenero delle emozioni nervose, fino alla violenza incontrollata nei casi piu difficili, vedi ahimè quello di ieri sera a Torino.
Ed è un attimo , (e non solo perchè l'Inter continua a vincere a raffica ed il Milan arranca...sto ovviamente scherzando in questo caso per stemperare i toni...), ma come ho detto tante volte "calcio io ti amo", me ne basterebbe anche una sola per dire,
"calcio, io non ti amo più".
Spero che quel giorno non arrivi mai, ma di questo passo lo sento molto vicino.

sabato 22 maggio 2010

PRIMAVERA E VOGLIA D'ESTATE

Voglia d'estate, voglia di correre sui prati in questa primavera finalmente soleggiata, piena di luce e colori, e con tanta voglia di sentirsi liberi.
La libertà di poter sentirsi sovrani di se stessi, senza paure, senza ossessioni,
senza quelle maschere e quei filtri che impediscono gli esseri umani di essere se stessi, di poter amare, di poter vivere una vita lontana dalla mediocrità.
La mediocrità dei sentimenti, la pochezza dell'anima è la vera ragione per cui combattere e lottare. I soldi, il benessere, spariscono. La gioia del cuore e dell'anima restano.

mercoledì 19 maggio 2010

MOURINHO, UN VERO VINCENTE


In questo mio spazio in cui parlo di tanti temi profondi, di poesia, di letteratura, d'amore, di sentimenti e quant'altro trovo ancora il tempo e la voglia per parlare dello sport più seguito al mondo, quello che da anni nel nostro paese è ormai considerato, ahimè purtroppo, una religione.
Essendo innamorato, seppur non più ciecamente, del gioco del calcio, e non facendomi condizionare da facili giudizi moralistici sui soldi che girano intorno ad esso ( nel mondo del cinema e dello spettacolo quanti soldi girano? allora non andiamo più al cinema, non andiamo più ai concerti, non guardiamo più la tv...) credo sia giunto il momento di fare un plauso ad un uomo che è l'emblema del successo, l'incarnificazione della confidenza in se stessi e della capacità umana di saper reggere a pressioni di ogni tipo ottenendo risultati straordinari.
Parlo dell'allenatore dell'Inter (ancora per poco a quanto pare, e mi dispiace molto per i miei amici interisti) Josè Mourinho.
L'uomo di Setubal è un modello da seguire per coloro che vogliono ambire al successo e ad avere gratificazioni nella vita sociale e privata. Un modello da imitare malgrado alcuni suoi atteggiamenti da non imitare, malgrado qualche volta abbia la lingua troppo lunga, malgrado troppe volte ecceda nella prosopopea di se stesso.
Sono altre le doti di quest'uomo che vanno imitate. In primis l'assoluta capacità di sapersi fare carico di tutto. In una stagione dura come questa, Mou è riuscito a "coprire" la sua squadra da tutte le polemiche giornalistiche facendo far attirare l'attenzione solo su di sè, tenendo così la truppa tranquilla ed unità per un solo obiettivo: vincere. E ci è riuscito benissimo, gestendo magistralmente casi spinosi, vedi quello di Balotelli, con fermezza e decisione. In altri tempi all'Inter sarebbe successo il solito patatrac di sempre, spifferi di spogliatoio da tutte le parti, polemiche e sconfitte consequenziali. Se permettete, direi che questo di per sè è straordinario.
Mou ha avuto poi l'intelligenza di vedere che alcuni suoi uomini erano in grado di sacrificarsi permettendo alla squadra un atteggiamento molto offensivo e coraggioso, non trascurando però mai la fase difensiva. Fantastico, è l'atteggiamento da seguire sempre, in ogni momento della vita.
Mourinho ci mette sempre la faccia, è l'emblema del "me ne occupo io, la responsabilità è mia". E solo per questo merita un plauso, anche per la sua schiettezza, ripeto, a volte discutibile, a volte eccessiva per non dire insopportabile nei toni (e quindi da non imitare), ma pur sempre meglio dell'ipocrisia strisciante che regna nel mondo del calcio da sempre, specchio ahimè fedele della vita di tutti i giorni.
Per questo e non solo ritengo Josè Mourinho un modello da seguire, un vincente vero, coi suoi pregi e i suoi difetti.
Mancherà molto ai suoi tifosi, molto meno a me che essendo tifoso del Milan non vedo l'ora che questo ciclo straordinario dell'Inter finisca. Magari già da Sabato. Non è carino, non è sportivo lo so, ma se dovessero vincere, come sempre ho fatto quest'anno, sarò il primo a togliermi il cappello.
Hasta luego...

martedì 18 maggio 2010

Non chiedermi il perchè

Non chiedermi il perché del mio continuo vagare,
verso mete lontane ma mai così vicine,
quando pensi che tutto abbia un senso
e ti accorgi solo del tempo che se ne va

Non chiedermi il perché dei miei ripensamenti,
decido e non decido, attendo e poi ritorno,
quando credi che tutto è già compiuto
e ti accorgi solo del tempo che se ne va

Non chiedermi il perché delle mie certezze,
le vedo, le ascolto, le inseguo e le cerco
quando vedi che tutto è già possibile
e ti accorgi solo del tempo che se ne va

Non chiedermi il perché della mia storia,
la creo, la disfo, la riprendo e la modello
quando vedi che tutto davvero non esiste,
e non ti accorgi del tempo che se ne va.

MILAN L' E ' UN GRAN MILAN...ANCORA?


Staccare la spina qualche giorno da Milano ti fa capire come sia diventato difficile vivere in questa megalopoli che è diventata una vera e propria giungla metropolitana. L'ho fatto di recente e spero di poter presto visitare il Sud, Sicilia in cima ai desideri, per potermi "depurare" il corpo e lo spirito dalle tossine di questa metropoli.
Chi per lavoro ha deciso di viverci, specie i primi periodi, rischierebbe veramente di sentirsi male e a disagio, specie se abituati a realtà tranquille e più, come si diceva una volta, a misura d'uomo.
Il traffico, lo smog, il caos, l'impazienza delle persone, di tante persone,
rende la convivenza civile in questa città davvero affannosa, come il respiro dell'aria malsana.
Se a questo aggiungiamo lo stress lavorativo, tutto sembra diventare impossibile.

Tutto negativo? no...Milano è comunque una metropoli che offre ancora qualcosa. Ha tanti locali in cui ritrovarsi la sera (poi alla fine come mai non si sa, sono sempre gli stessi che uno bazzica..), ha cinema, teatri, uno stadio fantastico in piena città. Certo, non è bella come Roma, (abbiamo da visitare il Duomo, il Castello Sforzesco, il Castello Sforzesco ed il Duomo, Il Duomo ed il Castello Sforzesco...non è un errore, non sono impazzito, è tutto scritto volontariamente...) non è caratteristica come Venezia, non è tranquilla come Bologna o Firenze, ma non si può avere tutto, no?
Allora, visto che questa è la città in cui viviamo, si potrebbe tutti progettare qualcosa in più per renderla migliore.
Per esempio l'amministrazione comunale potrebbe evitare di prendere provvedimenti ridicoli come quello delle multe per le macchine in doppia fila, vista l'assoluta impossibilità a trovare posto in città.
Dal lato dei cittadini, un più consapevole uso dell'automobile, ma è un problema culturale ormai datato, vecchio, stantio. Il milanese prende la macchina pure per comprarsi le sigarette al tabaccaio dietro l'angolo, e non cambierà mai questa sua pessima abitudine.
I mezzi pubblici sono troppo lenti, malfrequentati, spesso puzzolenti e poco funzionali alle esigenze di spostamento dei cittadini.
Ci vorrebbero piu oasi di verde dove far passeggiare i bambini lontano dalle automobili, più luoghi d'incontro per anziani, più centri sportivi dove far coltivare la passione per lo sport ai ragazzi.

Fateci caso. Se vi capita fra le mani di leggere un articolo di giornale del 1990, i temi esposti sono esattamente gli stessi da me presentati. In vent'anni siamo ancora qui a parlare di queste cose, e Milano è diventata sempre meno vivibile.
Ma sarà vero, come dice qualcuno, che Milan l'è semper un gran Milan?

sabato 15 maggio 2010

ELVIS PRESLEY, LA QUINTESSENZA DI UN' EMOZIONE


Fra pochi mesi saranno vent'anni che Elvis Presley accompagna la mia vita in ogni suo momento della giornata. A scuola,col walkman a cassetta (che tempi!!) ascoltavo i suoi concerti mentre scorrazzavo per i corridoi (invece di studiare...), in macchina, cresciuto ma con lo stesso entusiasmo di allora, tiro giu il finestrino al semaforo e canto a squarciagola in giro per Milano. Senza freni, poichè non vi è
modo di frenare questa passione che cresce, non vi è modo di non pensare che senza Elvis la mia vita sarebbe stata molto diversa, sicuramente meno magica, perchè Elvis è magia.
Fra tutte le passioni che ho, e non sono molte, mai potrei rinunciare a lui. Se mi chiedessero di salpare in un'isola deserta, porterei con me qualche vestito (ma pochi, finalmente potrei girare nudo come nello stato di natura di Rousseau ), qualche libro, un piccolo walkman portatile e tutta la sua musica. Nothing more nothing less.

Un anno e mezzo fa, per celebrare il suo settanquattresimo compleanno, decisi di scrivere questa riflessione che rispecchia fedelmente l'amore e la passione che mi lega a lui. Non ringrazierò poi mai abbastanza chi sul palco, la sera successiva, la lesse davanti al pubblico facendomi emozionare ed arrossire come non mai...
Ma questa è un'altra storia...ma non avevo detto che non parlavo di cose personali sul mio blog? Dai per Elvis si può fare un'eccezione...

Caro Elvis, questo scritto è tutto per te.


Milano, Giovedi 8 Gennaio 2009



Nel giorno che ormai volge al termine non ho quasi mai pensato ad Elvis. Pare strano lo so, ma gli impegni di lavoro,uniti ale varie vicissitudini domestiche che impegnano la mia giornata, non hanno lasciato spazio nella mia mente per questo pensiero.
Ora trovo il giusto spazio per esprimere, nella forma a me più congeniale, il mio affetto per Elvis.
Elvis Presley è la quintessenza di un'emozione. La sua voce, ma sarebbe meglio dire le sue voci ( chi lo conosce bene sa dove vado a parare, Elvis Presley è forse l'unico artista al mondo ad aver avuto sei o sette voci diverse nella sua carriera...), il suo sguardo, la sua incontenibile presenza scenica sono l'icona del ventesimo secolo. E nessuno potrà mai essere come lui. Ci sono stati artisti straordinari, voci forse anche più potenti della sua (vedi Freddie Mercury) ma Elvis è Elvis. E' imparagonabile. E' il Maradona della musica, è il Giotto dello spettacolo. Con un paragone non meno azzardato, Elvis era, anzi è, lo chef perfetto, il cuoco che eccelle nella preparazione di articolati primi piatti cosi come in deliziosi dessert, allo stesso modo la sua voce brillava nello spaziare fra il country, il gospel ed il rock and roll.
L'importanza del ruolo che ricopre Elvis Presley nella mia vita non può essere descritta in poche righe. Ci vorrebbe molto più spazio, molto più tempo, ed io so che la prolissità annoia chi legge, se già mai non lo sia.
Per questo mi fermo qui. Grazie Elvis per il coraggio che mi davi nascosto dietro quel palo del metrò. Grazie per tutto.
Mi piace salutarti cosi, ricordando, come fece qualcuno, che ci sono stati tanti contendenti, tanti pretendenti...

Ma c'è stato e sempre ci sarà, un solo Re.

mercoledì 12 maggio 2010

TUTTO PUO' CAMBIARE. BASTA VOLERLO...


Leggete tutti queste parole. Proviamo fin da oggi, nel nostro piccolo, a rendere l'esatto contrario di ogni concetto espresso in fatti.
Forse solo in questo modo tutto può cambiare. Perchè tutto può cambiare. Basta volerlo. Buon giovedi a tutti.


Pensieri dopo l´11 settembre

Il paradosso del nostro tempo nella storia è che
abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse,
autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti.

Spendiamo di più, ma abbiamo meno,
comperiamo di più, ma godiamo meno.
Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole,
più comodità, ma meno tempo.

Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso,
più conoscenza, ma meno giudizio,
più esperti, e ancor più problemi,
più medicine, ma meno benessere.

Beviamo troppo, fumiamo troppo,
spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco,
guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo,
facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi,
vediamo troppa TV, e preghiamo di rado.

Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà,
ma ridotto i nostri valori.
Parliamo troppo, amiamo troppo poco
e odiamo troppo spesso.
Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere,
ma non come vivere.
Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.
Siamo andati e tornati dalla Luna,
ma non riusciamo ad attraversare la strada
per incontrare un nuovo vicino di casa.

Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno.

Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori. Abbiamo pulito
l'aria, ma inquinato l'anima. Abbiamo dominato l'atomo, ma non i
pregiudizi.

Scriviamo di più, ma impariamo meno.
Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno.
Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.
Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni, per
produrre
più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.

Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta,
grandi uomini e piccoli caratteri, ricchi profitti e povere
relazioni.

Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi,
case più belle ma famiglie distrutte.
Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e
getta, della moralità a perdere, delle relazioni di una notte, dei
corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto,
dal rallegrarti al calmarti, all'ucciderti.

E' un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina
e niente in magazzino.
Un tempo in cui la tecnologia può farti arrivare questa
lettera, e in cui puoi scegliere di condividere queste
considerazioni con altri, o di cancellarle.

Ricordati di spendere del tempo con i tuoi cari ora, perchè
non saranno con te per sempre.
Ricordati di dire una parola gentile a qualcuno
che ti guarda dal basso in soggezione,
perchè quella piccola persona presto crescerà
e lascerà il tuo fianco.

Ricordati di dare un caloroso abbraccio
alla persona che ti sta a fianco,
perchè è l'unico tesoro che puoi dare con il cuore
e non costa nulla.
Ricordati di dire "vi amo" ai tuoi cari, ma soprattutto
pensalo.

Un bacio e un abbraccio possono curare ferite
che vengono dal profondo dell'anima.

Ricordati di tenerle le mani e godi di questi momenti,
perchè un giorno quella persona non sarà più lì.

Dedica tempo all'amore, dedica tempo alla conversazione, e
dedica tempo per condividere i pensieri preziosi della tua mente.

E RICORDA SEMPRE:
la vita non si misura da quanti respiri facciamo,
ma dai momenti che ci tolgono il respiro.

domenica 9 maggio 2010

ELOGIO DEL RISCHIO

In questa domenica di Novembre ,ehm volevo dire Maggio, festa della mamma (tanti auguri a tutte le mamme, mia in primis ovviamente...) volevo proporre uno stralcio tratto da uno scritto di uno dei miei grandi maestri, l'illuminato Leo Buscaglia, di cui consiglio a tutti di leggere almeno uno dei suoi libri ("vivere, amare, capirsi" ad esempio)
Leo Buscaglia è uno di quegli uomini che ti cambiano la vita. Andrebbe letto affinchè dalle sue parole ci trapassino raggi d'anima e di amore. Le sue parole cambiano la vita, cambiano completamente la prospettiva da cui viviamo la vita. E ci aiutano a viverla per quello che realmente è.

In ogni campo, dal lavoro alla vita sentimentale, occorre sempre agire e non pensare. E soprattutto, rischiare. Leggete un po' qui sotto...



A ridere c’è il rischio di apparire sciocchi;
A piangere c’è il rischio di essere chiamati sentimentali;
A stabilire un contatto con un altro c’è il rischio di farsi coinvolgere;
A mostrare i propri sentimenti c’è il rischio di mostrare il vostro vero io;
A esporre le vostre idee e i vostri sogni c’è il rischio d’essere chiamati ingenui;
Ad amare c’è il rischio di non essere corrisposti;
A vivere c’è il rischio di morire;
A sperare c’è il rischio della disperazione e
A tentare c’è il rischio del fallimento.
Ma bisogna correre i rischi, perché il rischio più grande nella vita è quello di non rischiare nulla.
La persona che non rischia nulla, non è nulla e non diviene nulla. Può evitare la sofferenza e l’angoscia, ma non può imparare a sentire e cambiare e progredire e amare e vivere. Incatenata alle sue certezze, è schiava.
Ha rinunciato alla libertà.
Solo la persona che rischia è veramente libera.

domenica 2 maggio 2010

sempre davanti a me

Quanto corri, imprevedibile, sempre davanti a me
Solo, sudato, affaticato, provo a prenderti,
ma lento ed inesorabile, sempre davanti a me

Ti avvicini e sembri lasciarti prendere,
cosi lontano e poi cosi vicino,
ti divincoli, ti allontani e poi ritorni,
sempre davanti a me

D'improvviso come saetta nel vento tu scompari,
e poi riappari quando penso di non averti,
ti ricomponi, ti trasformi e poi ritorni
sempre davanti a me

sabato 24 aprile 2010

FESTA DELLA LIBERAZIONE. PER TUTTI, OGNI GIORNO UN 25 APRILE...


Più passa il tempo più mi accorgo di come vivere a Milano porti le persone a diventare dei piccoli soldatini, tutti immersi nel proprio micromondo, isolati, incapaci di comunicare nascosti dentro il loro Ipod, sognando forse di scappare dalla realtà alienante in cui vivono.
Prendendo la metropolitana ogni mattina mi rendo anche conto di come le persone, e fra queste ci sono anche io ben inteso, siano assolutamente incapaci di comunicare fra loro, anche se non si conoscono, e facciano di tutto per evitarsi, come se scambiare quattro chiacchere con una persona sconosciuta fosse chissà quale nefandezza. Una piccola spinta involontaria, magari riconosciuta da un sincero gesto di scuse, viene subito vista come un affronto imperdonabile, condita addirittura da un bel vaffanculo tanto per cominciare la giornata, visto che il mattino come si diceva un tempo, ha l'oro in bocca...
Già dalle prime ora dle giorno siamo tutti nervosi, irascibili, spesso perchè non sappiamo fermarci e riflettere per anche per soli trenta secondi su un semplice fatto: la vita è un dono bellissimo che abbiamo avuto, e non un fardello insormontabile da affrontare.
Il giusto approccio alla giornata permette anche di poter calmare il nostro ego che è quello che tende sempre a previcare su tutto e su tutti, costantemente, portando l'uomo a non avere rispetto per gli altri e soprattutto a non capire gli altri.
Nella mia ormai ultra trentennale esperienza di vita, mi sono accorto che dietro il comportamento delle persone c'è sempre una motivazione. Per stare bene, per vivere col minor numero di affanni, di tensioni e di sofferenza (perchè comunque da quella non si scappa, prima o poi arriva, bisogna saperla osservare, accettare, e trarne beneficio futuro) occorre partire da questo fatto e farlo nostro, in ogni momento, in ogni situazione della vita in cui viviamo. Se non si riesce a capire questo, e lasciamo spazio solo a quello che la nostra testa percepisce, allora l'ego prevarica e pensiamo di poter avere il controllo su tutto. In realtà nemmeno Napoleone ed i più grandi dittatori della storia riuscivano ad averlo. Pertanto è tempo perso, risorse sprecate.
Solo capendo che ogni persona è diversa dall'altra, che ha un proprio modo di ragionare, di vedere il mondo, è possibile riuscire ad accettare anche questo mondo che a volte ci sembra girare sottosopra.
L'accettazione delle cose è il segreto. Più passa il tempo più da acuto osservatore delle persone che mi circondano mi accorgo che solo così è possibile fare della nostra vita un piccolo capolavoro. Ci sono dodicimila motivi diversi per arrabbiarsi. La coda al supermercato, i problemi sul lavoro, la gente che non capisce le nostre ragioni e le nostre esigenze, la voglia di imporsi ad ogni costo e ad ogni mezzo, l'incapacità di saper perdonare un affronto. L'incapacità di saper perdonare noi stessi.
Non funziona cosi. Madre Teresa diceva sempre che il male peggiore per l'occidente è la mancanza d'amore. Problema centrato con una puntualità ed una precisione incredibile. Abbiamo tutto eppure ci manca qualcosa, non ci sentiamo mai realmente appagati.
Avvicinandomi alla realtà africana, ho notato come i bambini dell'Etiopia, nei vari filmati che ho visto, sorridano in continuazione ballando e saltellando allegramente. Guardiamo le facce dei nostri bambini, (non di tutti ovviamente, si generalizza ma ahimè è una realtà assai diffusa ) spesso capita di vederli tristi, irascibili, già violenti in alcuni casi addirittura sotto trattamento di tranquillanti (e su questo bisgonerebbe discutere in un'altra discussione). I bambini etiopi rischiano ogni giorno di morire di fame, e di malattie associate alla malnutrizione, alla sporcizia e quant'altro eppure non smettono mai di cantare e di sorridere. Perchè sono vivi, e sanno che la loro vita è appesa ad un filo e sono felici per quel poco che hanno. Sono liberi. Liberi di non avere niente, di non essere oppressi dalle paranoie del nostro mondo "evoluto". .
Questo per dire che volendo ogni giorno può essere buono per conquistare la gioia, ogni giorno può essere il nostro 25 aprile che domani verrà festeggiato qui a Milano come in tutta Italia.. Una data importante per la storia del nostro paese, una data importante anche per chi come me non crede nel concetto di "nazione", ma crede nelle persone, nell'anima, nel cuore di chi fa le nazioni.
La nostra festa della liberazione è la riconquista della pace interiore, l'accettazione delle cose, della diversità, della voglia di stare insieme anche solo per pochi minuti, la volontà di fare per arrivare ad un risultato, sbattendo il muso a terra dieci cento volte e poi rialzarsi con più voglia e forza di prima, per dire al mondo che siamo ancora vivi, a testa alta, con onestà, lealtà, e con tanto amore.
Perchè senza amore non si va da nessuna parte. Senza amore non c'è liberazione.
Buona festa della Liberazione a tutti.

lunedì 5 aprile 2010

PASQUA TUTTI I GIORNI, BASTA VOLERLO...


Oggi Pasquetta, giornata di scampagnate all'aria aperta, festicciole, pic-nic, sole, colori, profumi. Il tutto sta a significare vita, ritorno alla vita.
Ieri si è celebrata la Pasqua, che per chi ci crede come me è sinonimo di ritorno alla vita, di vittoria della vita sulla morte. Cristo che vince la morte, la luce di Dio che si fa uomo prevalere sulle tenebre.
Può essere Pasqua però ogni giorno per chi si vuole mettere in gioco, per chiunque voglia essere libero dai clichè di questo mondo, per chiunque voglia tornare ad assaporare il gusto delle cose semplici, dello stare insieme, per tutti coloro che, come chi vi scrive, amano la vita.
Rinascere, risorgere dalle proprie ceneri per elevare la propria vita ad uno stato superiore, alimentando lo spirito ed riaccendendo il motore dell'amore.
L'amore è quel carburante che mette in moto la macchina della vita. Esistono varie forme d'amore, ma sempre quello è, e senza di esso la nostra macchina non è in grado di percorrere nemmeno un metro.
In genere non amo molto parlare di me, mi ero promesso di non farlo. Perdonatemi se stavolta non ho resistito...
Ma stamattina, mentre correvo all'aperto sentivo una bellissima sensazione, il vento che mi spingeva lontano mentre il cielo azzurro come non mai mi avvolgeva dall'alto, diffondendo in me energia positiva e serenità.
Ecco vorrei che questo tipo di sensazione, cosi semplice, cosi immediata, si diffondesse anche a tutti coloro che leggono il mio blog o i miei commenti in facebook. Che per tutti possa essere una rinascita, una resurrezione dei propri sentimenti, dei propri valori in cui credono.
Buona Pasquetta a tutti voi.

sabato 3 aprile 2010

CIAO MAURIZIO

Quando ero ragazzino, guardavo in tv un programma che si chiamava "Calciomania", era il 1989 e desideravo in cuor mio di fare il suo stesso mestiere. Poi la vita ti porta laddove il destino è scritto, ed io e lui non ci siamo mai incontrati, e da allora sono diventato un suo assiduo telespettatore, nonchè ammiratore.
Lo ammiravo molto perchè non si prendeva troppo sul serio, amava il calcio per quello che era, un gioco, ed amava giocare.
Maurizio Mosca, come ha ricordato nella puntata odierna di "Guida Al Campionato" Mino Taveri, era in realtà molto più preparato e professionale di quello che dava a vedere. Ma in molti, me incluso, lo sapevano e se ne erano accorti.
Mi mancherà, oltre al suo pendolino e alle sue irresistibili "gag", il suo senso estetico del calcio. Maurizio Mosca amava il bel gioco, il calcio divertente, il gesto tecnico. Aveva inteso prima di altri che il calcio era anche e soprattutto uno spettacolo per far divertire il pubblico, per tenere compagnia alla gente.
Ogni domenica per vent'anni ha accompagnato, dopo mezzogiorno, il pre partita di milioni di italiani coi suoi pronostici impossibili, generati da pendolini sempre più mastodontici, e come dimenticare poi le sue "bombe" di calciomercato, fatte da trasferimenti più o meno possibili, con scenette indimenticabili tipo quelle di una fantasmagorica "macchina della verità".
Ci mancheranno anche gli screzi, quelli più sanguigni, perchè lui aveva la vis polemica di chi comunque aveva il coraggio delle proprie idee, che poi potevano piacere o meno, ma questo è un altro discorso, ed ora come ora, che non ci sei più, di sicuro Maurizio metterai tutti d'accordo su una cosa:
ci manchi, e pure tanto.

martedì 9 marzo 2010

RICORDO DI TONINO CARINO, ADDIO NOVANTESIMO MINUTO...

Tonino Carino si è spento ieri ad Ancona, a casa sua, dopo una lunga malattia. Era uno dei volti più noti di "Novantesimo Minuto", l'indimenticabile programma che trasmetteva i gol alle 18:15, in anteprima assoluta, ed inchiodava davanti alla tv oltre quindici ( e dico 15 ) milioni di italiani.
Quando scrivo di questi argomenti conosco il rischio di cadere nella spirale della nostalgia, nonchè del pericoloso clichè retorico del "una volta era tutto più bello, erano altri tempi, etc etc etc".
E' però innegabile che parliamo di un calcio profondamente diverso, ed il racconto di Tonino Carino e dei suoi colleghi dalle varie sedi era la storia di una partita, a noi tutti assolutamente inedita, in quanto alla radio "Tutto Il Calcio Minuto Per Minuto" serviva a farti avere un'idea di base, coi collegamenti repentini, di quanto accadeva, alimentando spesso la sconfinata immaginazione di noi tifosi ("chissà se era fuorigioco quello di Rossi...Albertosi ha parato il rigore ad Antognoni..." solo per citarne due a mente ), nel desiderio innato di tutti noi di poter vedere qualche immagine in presa diretta.
Perchè tutti avevamo quel desiderio di vedere le partite. E oggi che le partite le abbiamo tutte davanti agli occhi, che paghiamo per vederle pure in HD, per sentire come fossimo lì il respiro o le bestemmie (finalmente punite) dei calciatori in campo, beh, non ci piace più.
Com' è strana la mente umana, quando una cosa non l'abbiamo, la desideriamo ardentemente, quando poi è nostra e ne abbiamo in abbondanza ci stufa, e rimpiangiamo quando non l'avevamo...
Tonino Carino era buono, leggevi la sua bonta in quell'immagine pacioccona ingigantita spesso da dei completi impossibili (ne ricordo uno azzurro cielo rivisto di recente nel DVD commemorativo di "novantesimo minuto", che consiglio fortemente a tutti) che ne facevano un degno attore di quello che per molti era il teatrino all'italiana del calcio in TV. Un teatrino però altamente professionale, con giornalisti come Tonino nati e cresciuti dalla gavetta,sul posto, che alla loro immagine involontariamente comica univano la rigorosa capacità d'informare gli italiani su quanto avvenuto sui campi di calcio la domenica alle 14:30 (d'inverno), o alle 16 quando si giocava d'estate, ma tutti rigorosamente alla stessa ora.
Grazie Tonino per aver arricchito i miei pomeriggi d'infanzia con i tuoi racconti cosi genuini e professionali al tempo stesso, per la tua naturale difficoltà nel pronunciare i nomi stranieri (ricordo quando dovesti commentare, eccezionalmente per te che lavoravi dalla sede di Ancona, un Inter Genoa, e ripetevi "Aguillera, al posto di Aguilera") per il tuo essere cosi degnamente figlio di quel grande maestro che era e sarà sempre Paolo Valenti, che da lassù, ora, ti chiederà nuovamente la linea.

domenica 21 febbraio 2010

C'ERA UNA VOLTA IL FESTIVAL

Ogni tanto è bello trattare argomenti leggeri che aiutano a distogliere momentaneamente l'attenzione dai problemi di tutti i giorni, dalla politica che non fa mai e poi mai il bene dei cittadini, dai servizi che non funzionano, dal dolore e la sofferenza di molte persone che non vanno mai dimenticate.
Il festival di Sanremo si è concluso ieri, ha vinto Valerio Scanu. Non so chi sia, mi hanno detto che è un (altro) prodotto di Maria De Filippi. Ho ascoltato solo un paio di volte la sua canzone, non mi sembra "My Way" ma non è nemmeno da buttare via.
Resta il fatto che è una manifestazione di canzonette e trivialità ma tutti o quasi la guardano. Io sono realmente uno dei pochi che ha visto solo una puntata e mezzo, con particolare attenzione quella degli ospiti nazionali, vedi l'imperiale Massimo Ranieri. Cinque serate sono troppe, sono una pizza insostenibile, una polpetta indigesta, insomma scegliete voi pure l'espressione che rende meglio l'idea...
Mi sento altresì di dire che Antonella Clerici è stata brava, ha imposto la sua semplicità e professionalità "old style" in un festival che ha presentato qualche polemica a mio avviso un po' creata ad arte (la presenza di Emanuele Filiberto sul palco come concorrente, la plateale protesta degli orchestrali di ieri sera contro le esclusioni eccellenti) figlia di una televisione che fa della finzione il suo essere naturale di questi tempi.
Il festival di Sanremo purtroppo non esiste più. Da qualche anno è un surrogato di quella manifestazione nazional popolare che era, serve ormai solo a lanciare questi ragazzi, magari anche bravi (Scanu non canta poi cosi male), dopo la vittoria in qualche reality o conocorso musicale in TV.
Il Festival che guardavo io da piccolo era un'altra cosa. Ma forse i tempi sono cambiati. Purtroppo, o per fortuna. Chi può dirlo?

lunedì 15 febbraio 2010

LA FRETTA CATTIVA CONSIGLIERA. IN AUTO E NON SOLO...

Non vi è cosa peggiore per me di buttare via la propria vita. In molti, troppi, non si accorgono di avere un diamante fra le mani, e non sanno farne tesoro.
Ogni volta che leggo il numero delle vittime della strada, anno dopo anno, penso che siano davvero tante, troppe.
Quando vedo in tv macchine accartocciate come palle cestinate da ufficio, mi viene un groppo in gola. Basta cosi poco per essere prudenti, arrivare anche mezz'ora dopo, ma chi se ne frega, basta arrivare.
Siamo dominati dalla frenesia, dal dover fare qualcosa per forza subito. Va bene farla presto, ma non troppo presto. Specie quando si è al volante, la calma è d'obbligo, la fretta sempre cattiva consigliera.
Sembrano frasi fatte, ma non lo sono. Per questo vale sempre di piu il detto, chi va piano va sano e va lontano.

giovedì 4 febbraio 2010

WE ARE THE WORLD...

So che questo mio intervento potrebbe portarmi ad essere retorico. Forse anche ipocrita. Ma io, come sempre faccio, scrivo quello penso, e soprattutto quello che sento.
Preso dal mio lavoro, dalla mia quotidianità, dai miei problemi di tutti i giorni, capita ogni tanto, forse non abbastanza spesso, di soffermarmi a pensare che in molte zone del mondo ci sono persone, fra cui tantissimi bambini, che muoiono di fame. E mi vengono i brividi.
Non si può accettare questo nel 2010. E' ingiusto, è incredibile. è nauseante.
Del terremoto di Haiti non si parla più nei telegiornali se non in qualche sporadico caso, nelle notizie in breve. Penso ad Haiti, ma anche a molte zone dell'Africa.
Per questo nel nostro piccolo, tutti, potremmo fare qualcosa. Certo, non basterebbe a risolvere un problema di tal portata, ma sarebbe già qualcosa. Per esempio aderire sempre alle iniziative del banco alimentare per aiutare i nostri poveri, o per inviare viveri ai popoli delle popolazioni più bisognose.
Non si pensa mai abbastanza all'enorme quantità di cibo che viene sprecata, gettata via perchè inutilizzata o leggermente difettata nel confezionamento. Eppure andiamo avanti cosi, con la cultura dell'usa e getta, dello spreco e dell'arricchimento continuo perchè "tanto la cosa non ci riguarda".
Negli anni ottanta, ripudiati da molti perchè considerati portatori sani di cattivi modelli come lo yuppismo e l'esaltazione delle griffes, i più grandi artisti della musica sapevano riunirsi insieme per iniziative come il "Live Aid" o "Usa for Africa". Oggi tutto questo non c'è più, Micheal Jackson non c'è più. Sarò un inguaribile nostalgico ma rimpiango quei momenti, e soprattutto tutti quei soldi raccolti per aiutare i bambini africani.
Non che oggi non si faccia nulla, ci sono tanti enti, laici e religiosi, che si prodigano per questo. Ma non è sufficiente, non può bastare. Ci vuole di più, una sensibilizzazione globale verso un tema cosi importante che coinvolge tutti noi.
Poi spetterà al mondo, alle nazioni piu sviluppate fra cui la nostra, fare un passo in avanti. We are the world, cantava Micheal Jackson con i suoi amici americani. Quanto aveva ragione...

venerdì 29 gennaio 2010

MEDIOEVO URBANO

Domenica ci sarà l'ennesimo blocco del traffico per le automobili. La nostra città sarà ancora una volta libera dalla circolazione degli autoveicoli, eccezion fatta per coloro che hanno diritto ad una deroga.
Non so a quanto serva tutto questo. Mentre scrivo è in corso una fitta nevicata che sicuramente avrà ripulito l'aria irrespirabile di questi giorni. Neve a parte, non è una domenica in stile "austerity" petrolifera degli anni settanta a risolvere il problema del traffico in una città come Milano.
Il traffico a Milano è prima di tutto un problema culturale. In molti, e questo lo so per certo perchè in questa città ci sono nato, cresciuto e ci vivo da 34 anni, usano l'automobile sempre e comunque, anche per percorrere pochi metri, e mai rinuncieranno a farlo. Ritengono, a torto o a ragione, i mezzi pubblici scomodi, lenti, inefficienti, e così via.
Per certi versi li capisco. Milano è una città che ha la fortuna di avere un aeroporto, Milano Linate (seppur ormai declassato per motivi inspiegabili alla logica funzionale dei cittadini), in piena città, e teoricamente raggiungibile con la metropolitana. Ma la metrò non ci passa, non ci è mai passata, e mai forse ci passerà.
Allucinante pensare dunque ad una città al passo con le altre metropoli europee,
quando il principale mezzo di trasporto per collegare lunghe distanze è cosi difficile e scomodo da raggiungere. Medioevo urbano a tutti gli effetti.
I mezzi di superificie poi sono spesso lenti, in ritardo, strapieni, e non garantiscono quella sicurezza di cui la gente ha bisogno. Ma non sempre è così, a volte i mezzi girano anche vuoti, semivuoti, perchè in molti non vogliono utilizzarli. Un peccato. Oltre che uno spreco.
E allora tutti a prendere la propria autovettura, in coda, ed è cosi che le automobili passano dal diventare dei veicoli superveloci a delle vere e proprie carrozze a motore del terzo millennio. Soluzioni? Sono insite nel mio intervento, semplici, ma evidentemente non attuabili. Cambio di mentalità e potenziamento (vero, non a parole) dei mezzi pubblici. Volere e potere.
Godiamoci quindi questa domenica invernale dal paesaggio spettrale, senza auto, senza smog, sapendo che servirà a poco ma che comunque vada gioca il Milan a San Siro. E soprattutto non gioca contro l'Inter. E' già qualcosa che mi fa stare meglio...:-)

domenica 24 gennaio 2010

UNA LEZIONE DI CALCIO

Una lezione di calcio, una dimostrazione di forza dall'inizio, in undici, alla fine, in nove. Un'Inter tosta, determinata, a tratti sontuosa, contro un Milan che ha mostrato i suoi limiti, la sua incapacità di poter fare quel salto di qualità utile per poter infastidire l'Inter in un campionato che ora è virtualmente chiuso, a meno di tracolli clamorosi.
In questo momento,in Italia, e sono ormai 4 anni, non c'è trippa per gatti.

Inter: J.Cesar 8, Maicon 6,5, Lucio 7, Samuel 6, Santon 7, Zanetti 8, Cambiasso 6,5, Muntari 6,5, Snejder 4, Milito 8,5, Pandev 7,5, Balotelli S.V Thiago Motta S.V.

Milan: Dida 5,5, Abate 5, Silva 6, Favalli 5,5, Antonini 6, Pirlo 4,5 Gattuso 5, Ambrosini 5,5, Beckham 5, Ronaldinho 5,5 Borriello 6, Seedorf 5,5, Huntelaar 6,5, Jankuloski 4,5

sabato 23 gennaio 2010

UN MODELLO DA SEGUIRE: LEONARDO

Non so quanti derby avrò visto nella mia vita, una cinquantina, forse di più, alcuni di essi persino dal vivo, con emozioni che solo San Siro ti sa trasmettere.
Quello di questa sera lo sento forse più che in altre occasioni, forse per la sua importanza (poi anche se vincesse il mio Milan cambierebbe sostanzialmente poco, l'Inter resterebbe davanti e noi dovremmo battere la Fiorentina, fatto assolutamente non cosi scontato come molti credono), forse per il fatto che vedo in esso alcuni punti d'incontro con quanto sto vivendo adesso nella mia vita.
Non uso questo blog, e mai lo farò per parlare di me. Ma di questa analogia, di questo modello da imitare, voglio parlare.
Si chiama Leonardo, è il nostro allenatore, a cui tutti all'inizio dell'anno non davano una lira anche perchè Leo tutto è fuorchè un allenatore.
Buttato nella mischia a guidare un club cosi prestigioso, ha passato i primi due mesi prendendo schiaffi a destra e a manca, di cui quattro pesantissimi nel derby di andata.
Poi, proprio mentre sembrava ormai segnato il suo destino, è cambiato il trend. Leonardo ha cambiato lo spartito, ha modificato la frequenza, e sono cominciati ad arrivare i risultati. Il Milan, da una posizione di centroclassifica vicina alla zona pericolo, è arrivato ad essere l'unica antagonista dell'Inter di Mourinho.
La perseverenza, la voglia di lottare, la capacità di capire che per arrivare si può e si deve anche cambiare, lo ha fatto giungere a questi traguardi.
E per chi scrive, ma per tutti quanti, si tratta di un modello da seguire.
Oggi pomeriggio, tempo permettendo, scriverò la mia analisi tattica del derby.

domenica 17 gennaio 2010

Per sperare in un aggancio...

Ieri sera l'Inter ha ancora una volta riacciuffato un risultato che sembrava perso. Cominciano ad essere tante queste circostanze, non si può più parlare di fortuna, di aiuti arbitrali (anzi ieri sera forse l'Inter è stata danneggiata), bensì di perserveranza, di carattere, di voglia di lottare e di vincere fino in fondo.
Se i nerazzurri sapranno mantenere questa determinazione fino alla fine, ritengo impossibile per il mio Milan potersi anche solo avvicinare al sorpasso.
Sarebbe bastato per sognare anche solo un pareggio domenica scorsa col Siena. L'Inter avrebbe avuto due punti in meno, sarebbe ora solo con 7 punti di vantaggio, ed il Milan con due partite da recuperare più il superderby di domenica prossima da disputare.
Ed invece i punti sono 9, con un Milan che malgrado tutto non mi da ancora appieno la sensazione di poter garantire quella solidità che è l'architrave di un Inter indubbiamente in calo, per svariati motivi, ma che resta la squadra più forte d'Italia.
I miei dubbi nascono poi da alcuni interrogativi ancora non risolti in casa Milan. Cominciamo dal portiere, Dida non mi piace, non lo ritengo affidabile, preferisco un portiere più costante e dal rendimento certo. Christian Abbiati era ed è il titolare. E sono certo tornerà titolare a furor di popolo al primo errore di Dida, che avverrà presto, perchè il portiere brasiliano, purtroppo, non è in grado di evitare questi suoi infortuni ahimè costanti nel corso del tempo.
In difesa i due centrali titolari sono probabilmente i piu forti del campionato. Ma dietro di loro? le riserve sono Kaladze e Favalli. Oneynew è fermo da settembre e non si è praticamente mai visto.
Sugli esterni le mie preoccupazioni si chiamano Zambrotta e Jankulowski. Due pericoli veri, reali, perchè scalpitano per tornare al posto di chi fin ora ha fatto benissimo, vedi Abate ed Antonini.
Il Milan non può far a meno, per come gioca, della velocità, della freschezza, del dinamismo di questi due ragazzi. Spero che Leonardo ragioni col buonsenso e non si lasci condizionare da altri fattori che ahimè potebbero anche compromettere il proseguo della stagione.
In mezzo al campo, per come gioca Leonardo, ci sono solo tre pedine. Ed in questo momento ci sono cinque maglie (Seedorf, Pirlo, Gattuso, Beckham, Ambrosini) per tre posti. Qualcuno dovrà star fuori. E la mia analisi mira già al derby di domenica prossima. Non vorrei essere nei panni di Leonardo.
Quanto all'attacco, chi mi frequenta conosce la mia scarsa "simpatia" calcistica nei confronti di Borriello. Ma in questo momento, e mi costa riconoscerlo, non si può fare a meno di lui. E Pato? non si vede da un mese, e non sempre da quello che ci si aspetterebbe da lui, ma è l'unico che può dare freschezza, dribbling ed imprevedibilità all'attacco rossonero, poiche Dinho, pur mantenendo quel piede fatato in grado di mettere la palla dove vuole, non possiede più da tempo questi requisiti.
In queste ultime due partite la squadra mi è sembrata piu compatta con due mediani a centrocampo. Se si è riesce ad essere offensivi garantendo anche un po' di "cerniera" in mezzo alla mediana, allora e solo allora potremo dare fastidio all'Inter.
Alle 15 si gioca Milan Siena. Staremo a vedere.