io e il mare

io e il mare

domenica 30 maggio 2010

ELOGIO DELL'ESTETICA DURANIANA


"Beauty is in the eye of the beholder". Tutti conosciamo questa frase di Oscar Wilde, ma non sempre ci riesce facile interpretarla ed inquadrarla nella realtà musicale del terzo millennio, in cui la musica viene scaricata dalla rete e consumata assai rapidamente per poi essere cestinata senza lasciare traccia.
In questo senso, gli anni ottanta sono stati forse l'ultimo decennio che ha lasciato un vero e proprio solco all'interno del panorama musicale internazionale, avendoci lasciato in eredità tante formazioni ed artisti che hanno fatto la storia della musica. Fra questi meritano il giusto spazio, nella mia isola Barataria del libero fluir pensiero, i Duran Duran.
Sono un gruppo strano i Duran Duran. Figli degli anni ottanta, nati alla fine degli anni settanta, e ancor oggi, non si sa perchè, si portano dietro questa etichetta di primissima "boy band" degli anni della Milano da bere, dello yuppismo e chi più ne ha più ne metta...
Come è dura liberarsi dei clichè in questa società che bolla tutto, etichetta tutto, e sminuzza tutto nel tritatore mediatico dimenticandosi spesso che gli artisti veri sanno rinnovarsi nel corso del tempo, mostrando un'immagine nuova, coraggiosa, diversa.
I Duran Duran lo hanno sempre fatto nel corso della loro carriera, e per questo mi piacciono tanto e li ascolto quasi quotidianamente. Ascolto i Duran degli esordi come quelli del loro ultimo lavoro discografico di tre anni fa, "Red Carpet Massacre". Il filo comune denominatore sono le emozioni che loro canzoni trasmettono. Un brano come "Save A Prayer", unanimente considerato come un modello di sonorità che rimandano ad esotismo ed atmosfere fuori dal tempo, ha fatto sognare due generazioni in tutto il mondo.
I Duran Duran sono sopravvissuti a svariati cambi di formazione, abbandoni e ritorni, riunioni e ritorni all'antico, mantenendo però sempre la loro originalità artistica e la loro voglia di sperimentare. Straordinari e coraggiosi, anche quando qualche disco non ha dato loro l'esito sperato. Più facile mantenere la stessa linea o cantare la stessa canzone da vent'anni, come fanno tanti altri. Loro no, loro cambiano. Strade diverse, nuove, originali. Ed io li ammiro tanto per il loro coraggio, per la loro versatilità. Non vi è un loro prodotto musicale che alle mie orecchie di attento ma profano ascoltatore sia uguale all'altro.
Mentre scrivo, affinchè possa giungere in me la vena necessaria per poter elaborare un valido articolo, ascolto la loro musica. Ed è pura magia che viene fuori dalle tastiere di Nick Rhodes in brani dall'atmosfera unica, vedi "The Seventh Stranger", per non parlare poi dell'atmosfera glamour che si diffonda fra le note di "New Religion" o l'inno alla vita di "What Happens Tomorrow".
La voce di Simon Le Bon è cresciuta nel tempo, maturata, fortificata anche grazie ed esperienze terribili, tipo la stecca al LIVE AID del 1985, in cui milioni di persone assistettero al punto più passo dell'epopea duraniana, quando la band si presentò completamente allo sbando e Simon, assolutamente fuori forma, stonò clamorosamente durante l'esecuzione di " A View To a Kill", il primo ed unico brano colonna sonora di un film della saga di 007 a raggiungere il primo posto in classifica.
Quella figuraccia avrebbe distrutto chiunque. Ed invece a distanza di venticinque anni i Duran sono ancora qui, a regalarci quelle emozioni un po' glamour che si creano all'ascolto di brani tipo "Hold Back The Rain" o "Union Of The Snake", per non parlare di quel capolavoro assoluto che è "The Chaffeur".
Non tutti i lavori dei Duran Duran sono dei capolavori. Ma c'è un perchè e sta come ho già detto prima nella loro ferma volontà di voler fare sempre cose diverse, di non lasciarsi addosso un'etichetta che per troppo tempo è stata appiccicata loro, quella dei "ragazzi selvaggi" ("Wild Boys" è il titolo di una delle loro canzoni piu note, per quei pochi che non lo sapessero, ed anche una di quelle che mi piaccino di meno...) figli degli anni ottanta.
I Duran Duran sono figli degli anni ottanta, con capolavori tipo "Rio", degli anni novanta con morbide pennellate musicali tipo "Ordinary World". Ora mi aspetto la perla degli anni duemila, che ancora deve giungere, ma che sento i ragazzi selvaggi stanno preparando per noi, che un po' sempre ci sentiamo belli e "pettinati" (trad dal gergo milanese, vuol dire "fighetti") come John Taylor e Simon Le Bon, per sempre duraniani nel cuore.
Perchè non va mai dimenticato un fatto, cari amici miei: The Wild Boys always shine...

venerdì 28 maggio 2010

IL SORRISO DEI GIOVANI


Ci sono dei momenti in cui pensi veramente che l'età migliore sia quella dell'adolescenza. Un periodo difficile, particolare, in cui i ragazzi non sono ancora uomini e le ragazze, pur essendo già donne fisicamente, sono lontane dall'esserlo come maturità e consapevolezza interiore.
Ieri, durante la pausa pranzo, osservavo i ragazzi che uscivano da una scuola proprio di fronte al ristorante in cui mi trovavo. Vedevo le loro facce serene, in alcuni casi sorridenti, e la cosa mi ha trasmesso un misto di emozioni positive incredibili.
Si dice sempre che i ragazzi di oggi siano tristi e annoiati (ed è vero in parte, non lo si può ahimè negare) eppure quei sorrisi che ho visto all'uscita di quell'istituto devono essere uno sprono anche per coloro che credono di non farcela, per coloro che pensano che la vita non abbia valore sprecandola con amenità tipo droga, alcool e quant'altro.
Chissà come sarebbe bello poter tornare tutti, per un solo giorno, a rivivere qualche momento della nostra adolescenza. E' un sogno impossibile ma mi piace ogni tanto pensarlo. Il famoso giochino della macchina del tempo, lo chiamano così...
Eppure io sono pienamente consapevole che ognuno di noi è il prodotto delle proprie esperienze, e che non è mai tardi per cambiare la frequenza, e renderla armonica e gioiosa, limitando al minimo i momenti negativi. E solare. Dura lo so, ma che senso ha vivere se non si affrontano le sfide difficili senza tentare di vincerle? ma Niente è impossibile!! E questo per nessuno di noi.
Il punto di partenza è quel raggio di luce nato dal sorriso di quel ragazzo e di quella ragazza all'uscita da scuola, solo appena filtrato dal vetro del ristorante. Quell'entusiasmo giovanile che può entrare nei cuori di ciascuno di noi per vivere ogni momento della nostra meravigliosa avventura chiamata vita.

domenica 23 maggio 2010

LA PASSIONE, L'OSSESSIONE E IL DISAMORAMENTO.


Ieri sera la metà neroazzzurra di Milano, e tutta l'Italia interista, hanno giustamente dato sfogo alla loro gioia per il meritatissimo trionfo europeo della squadra di Mourinho. Una serata di festa per tutti, perchè fino a prova contraria non c'è cosa migliore di vedere magari degli amici contenti e felici esprimere la loro gioia per un trionfo atteso da oltre quarant'anni. Il calcio è un po' come la vita, è una ruota ciclica, da qualche anno gira dalla loro parte, per qualche anno è girata da quella della Milano rossonera ( la mia, per quei pochi che non lo sapessero...), chissà domani cosa accadrà...
E' con questo spirito che bisognerebbe vivere il gioco del calcio.
Avete letto bene, ho scritto "gioco del calcio" perchè fino a prova contraria è ancora un gioco. Girano molti soldi è vero, come in tanti altri campi della vita. Ma è un'attività che dovrebbe portare piacere, distrarre, ricreare, unire legami, elargire felicità e sorrisi anche quando è più difficile, come nella sconfitta, che è dura da digerire ma se vissuta nel modo giusto, magari con un sorriso ed una pacca sulla spalla da parte di chi ha vinto, può essere comunque ben assorbita.
Tutto molto bello,tutto ahimè alquanto utopico, anche e soprattutto quando vieni a conoscenza della morte di un uomo di 63 anni, in un bar di Torino, accoltellato dopo una lite avvenuta per meri motivi calcistici durante la visione della partita Inter-Bayern di ieri sera . Non ci posso credere, non ci voglio ancora credere.
La spirale della violenza, in questa società che è assolutamente incapace di amare, e che invece è ahimè capace di arrivare a tirare fuori un coltello per uccidere una persona a causa di una stupida partita di pallone, è ormai senza controllo.
Non si può morire per una partita di pallone in questo modo. Il calcio è ormai una religione integralista, questi fatti sono simili a quelli delle guerre di religione. Mi vengono i brividi, sono quasi costretto ad usare per la prima volta una parola che sto cancellando dal mio vocabolario, che mai vorrei utilizzare nei miei scritti e nella mia vita: ho paura.
Sono sempre più convinto che ad ogni cosa bisogna dare il giusto peso. Troppa enfasi e pressione mediatica viene dedicata a quello che deve tornare ad essere un gioco e non un pretesto per sfogare la propria rabbia repressa, specchio di un'esistenza vuota.
La passione deve restare passione, e non divenire ossessione. L'ossessione porta alla perdita di controllo della mente, all'assenza di lucidità, al degenero delle emozioni nervose, fino alla violenza incontrollata nei casi piu difficili, vedi ahimè quello di ieri sera a Torino.
Ed è un attimo , (e non solo perchè l'Inter continua a vincere a raffica ed il Milan arranca...sto ovviamente scherzando in questo caso per stemperare i toni...), ma come ho detto tante volte "calcio io ti amo", me ne basterebbe anche una sola per dire,
"calcio, io non ti amo più".
Spero che quel giorno non arrivi mai, ma di questo passo lo sento molto vicino.

sabato 22 maggio 2010

PRIMAVERA E VOGLIA D'ESTATE

Voglia d'estate, voglia di correre sui prati in questa primavera finalmente soleggiata, piena di luce e colori, e con tanta voglia di sentirsi liberi.
La libertà di poter sentirsi sovrani di se stessi, senza paure, senza ossessioni,
senza quelle maschere e quei filtri che impediscono gli esseri umani di essere se stessi, di poter amare, di poter vivere una vita lontana dalla mediocrità.
La mediocrità dei sentimenti, la pochezza dell'anima è la vera ragione per cui combattere e lottare. I soldi, il benessere, spariscono. La gioia del cuore e dell'anima restano.

mercoledì 19 maggio 2010

MOURINHO, UN VERO VINCENTE


In questo mio spazio in cui parlo di tanti temi profondi, di poesia, di letteratura, d'amore, di sentimenti e quant'altro trovo ancora il tempo e la voglia per parlare dello sport più seguito al mondo, quello che da anni nel nostro paese è ormai considerato, ahimè purtroppo, una religione.
Essendo innamorato, seppur non più ciecamente, del gioco del calcio, e non facendomi condizionare da facili giudizi moralistici sui soldi che girano intorno ad esso ( nel mondo del cinema e dello spettacolo quanti soldi girano? allora non andiamo più al cinema, non andiamo più ai concerti, non guardiamo più la tv...) credo sia giunto il momento di fare un plauso ad un uomo che è l'emblema del successo, l'incarnificazione della confidenza in se stessi e della capacità umana di saper reggere a pressioni di ogni tipo ottenendo risultati straordinari.
Parlo dell'allenatore dell'Inter (ancora per poco a quanto pare, e mi dispiace molto per i miei amici interisti) Josè Mourinho.
L'uomo di Setubal è un modello da seguire per coloro che vogliono ambire al successo e ad avere gratificazioni nella vita sociale e privata. Un modello da imitare malgrado alcuni suoi atteggiamenti da non imitare, malgrado qualche volta abbia la lingua troppo lunga, malgrado troppe volte ecceda nella prosopopea di se stesso.
Sono altre le doti di quest'uomo che vanno imitate. In primis l'assoluta capacità di sapersi fare carico di tutto. In una stagione dura come questa, Mou è riuscito a "coprire" la sua squadra da tutte le polemiche giornalistiche facendo far attirare l'attenzione solo su di sè, tenendo così la truppa tranquilla ed unità per un solo obiettivo: vincere. E ci è riuscito benissimo, gestendo magistralmente casi spinosi, vedi quello di Balotelli, con fermezza e decisione. In altri tempi all'Inter sarebbe successo il solito patatrac di sempre, spifferi di spogliatoio da tutte le parti, polemiche e sconfitte consequenziali. Se permettete, direi che questo di per sè è straordinario.
Mou ha avuto poi l'intelligenza di vedere che alcuni suoi uomini erano in grado di sacrificarsi permettendo alla squadra un atteggiamento molto offensivo e coraggioso, non trascurando però mai la fase difensiva. Fantastico, è l'atteggiamento da seguire sempre, in ogni momento della vita.
Mourinho ci mette sempre la faccia, è l'emblema del "me ne occupo io, la responsabilità è mia". E solo per questo merita un plauso, anche per la sua schiettezza, ripeto, a volte discutibile, a volte eccessiva per non dire insopportabile nei toni (e quindi da non imitare), ma pur sempre meglio dell'ipocrisia strisciante che regna nel mondo del calcio da sempre, specchio ahimè fedele della vita di tutti i giorni.
Per questo e non solo ritengo Josè Mourinho un modello da seguire, un vincente vero, coi suoi pregi e i suoi difetti.
Mancherà molto ai suoi tifosi, molto meno a me che essendo tifoso del Milan non vedo l'ora che questo ciclo straordinario dell'Inter finisca. Magari già da Sabato. Non è carino, non è sportivo lo so, ma se dovessero vincere, come sempre ho fatto quest'anno, sarò il primo a togliermi il cappello.
Hasta luego...

martedì 18 maggio 2010

Non chiedermi il perchè

Non chiedermi il perché del mio continuo vagare,
verso mete lontane ma mai così vicine,
quando pensi che tutto abbia un senso
e ti accorgi solo del tempo che se ne va

Non chiedermi il perché dei miei ripensamenti,
decido e non decido, attendo e poi ritorno,
quando credi che tutto è già compiuto
e ti accorgi solo del tempo che se ne va

Non chiedermi il perché delle mie certezze,
le vedo, le ascolto, le inseguo e le cerco
quando vedi che tutto è già possibile
e ti accorgi solo del tempo che se ne va

Non chiedermi il perché della mia storia,
la creo, la disfo, la riprendo e la modello
quando vedi che tutto davvero non esiste,
e non ti accorgi del tempo che se ne va.

MILAN L' E ' UN GRAN MILAN...ANCORA?


Staccare la spina qualche giorno da Milano ti fa capire come sia diventato difficile vivere in questa megalopoli che è diventata una vera e propria giungla metropolitana. L'ho fatto di recente e spero di poter presto visitare il Sud, Sicilia in cima ai desideri, per potermi "depurare" il corpo e lo spirito dalle tossine di questa metropoli.
Chi per lavoro ha deciso di viverci, specie i primi periodi, rischierebbe veramente di sentirsi male e a disagio, specie se abituati a realtà tranquille e più, come si diceva una volta, a misura d'uomo.
Il traffico, lo smog, il caos, l'impazienza delle persone, di tante persone,
rende la convivenza civile in questa città davvero affannosa, come il respiro dell'aria malsana.
Se a questo aggiungiamo lo stress lavorativo, tutto sembra diventare impossibile.

Tutto negativo? no...Milano è comunque una metropoli che offre ancora qualcosa. Ha tanti locali in cui ritrovarsi la sera (poi alla fine come mai non si sa, sono sempre gli stessi che uno bazzica..), ha cinema, teatri, uno stadio fantastico in piena città. Certo, non è bella come Roma, (abbiamo da visitare il Duomo, il Castello Sforzesco, il Castello Sforzesco ed il Duomo, Il Duomo ed il Castello Sforzesco...non è un errore, non sono impazzito, è tutto scritto volontariamente...) non è caratteristica come Venezia, non è tranquilla come Bologna o Firenze, ma non si può avere tutto, no?
Allora, visto che questa è la città in cui viviamo, si potrebbe tutti progettare qualcosa in più per renderla migliore.
Per esempio l'amministrazione comunale potrebbe evitare di prendere provvedimenti ridicoli come quello delle multe per le macchine in doppia fila, vista l'assoluta impossibilità a trovare posto in città.
Dal lato dei cittadini, un più consapevole uso dell'automobile, ma è un problema culturale ormai datato, vecchio, stantio. Il milanese prende la macchina pure per comprarsi le sigarette al tabaccaio dietro l'angolo, e non cambierà mai questa sua pessima abitudine.
I mezzi pubblici sono troppo lenti, malfrequentati, spesso puzzolenti e poco funzionali alle esigenze di spostamento dei cittadini.
Ci vorrebbero piu oasi di verde dove far passeggiare i bambini lontano dalle automobili, più luoghi d'incontro per anziani, più centri sportivi dove far coltivare la passione per lo sport ai ragazzi.

Fateci caso. Se vi capita fra le mani di leggere un articolo di giornale del 1990, i temi esposti sono esattamente gli stessi da me presentati. In vent'anni siamo ancora qui a parlare di queste cose, e Milano è diventata sempre meno vivibile.
Ma sarà vero, come dice qualcuno, che Milan l'è semper un gran Milan?

sabato 15 maggio 2010

ELVIS PRESLEY, LA QUINTESSENZA DI UN' EMOZIONE


Fra pochi mesi saranno vent'anni che Elvis Presley accompagna la mia vita in ogni suo momento della giornata. A scuola,col walkman a cassetta (che tempi!!) ascoltavo i suoi concerti mentre scorrazzavo per i corridoi (invece di studiare...), in macchina, cresciuto ma con lo stesso entusiasmo di allora, tiro giu il finestrino al semaforo e canto a squarciagola in giro per Milano. Senza freni, poichè non vi è
modo di frenare questa passione che cresce, non vi è modo di non pensare che senza Elvis la mia vita sarebbe stata molto diversa, sicuramente meno magica, perchè Elvis è magia.
Fra tutte le passioni che ho, e non sono molte, mai potrei rinunciare a lui. Se mi chiedessero di salpare in un'isola deserta, porterei con me qualche vestito (ma pochi, finalmente potrei girare nudo come nello stato di natura di Rousseau ), qualche libro, un piccolo walkman portatile e tutta la sua musica. Nothing more nothing less.

Un anno e mezzo fa, per celebrare il suo settanquattresimo compleanno, decisi di scrivere questa riflessione che rispecchia fedelmente l'amore e la passione che mi lega a lui. Non ringrazierò poi mai abbastanza chi sul palco, la sera successiva, la lesse davanti al pubblico facendomi emozionare ed arrossire come non mai...
Ma questa è un'altra storia...ma non avevo detto che non parlavo di cose personali sul mio blog? Dai per Elvis si può fare un'eccezione...

Caro Elvis, questo scritto è tutto per te.


Milano, Giovedi 8 Gennaio 2009



Nel giorno che ormai volge al termine non ho quasi mai pensato ad Elvis. Pare strano lo so, ma gli impegni di lavoro,uniti ale varie vicissitudini domestiche che impegnano la mia giornata, non hanno lasciato spazio nella mia mente per questo pensiero.
Ora trovo il giusto spazio per esprimere, nella forma a me più congeniale, il mio affetto per Elvis.
Elvis Presley è la quintessenza di un'emozione. La sua voce, ma sarebbe meglio dire le sue voci ( chi lo conosce bene sa dove vado a parare, Elvis Presley è forse l'unico artista al mondo ad aver avuto sei o sette voci diverse nella sua carriera...), il suo sguardo, la sua incontenibile presenza scenica sono l'icona del ventesimo secolo. E nessuno potrà mai essere come lui. Ci sono stati artisti straordinari, voci forse anche più potenti della sua (vedi Freddie Mercury) ma Elvis è Elvis. E' imparagonabile. E' il Maradona della musica, è il Giotto dello spettacolo. Con un paragone non meno azzardato, Elvis era, anzi è, lo chef perfetto, il cuoco che eccelle nella preparazione di articolati primi piatti cosi come in deliziosi dessert, allo stesso modo la sua voce brillava nello spaziare fra il country, il gospel ed il rock and roll.
L'importanza del ruolo che ricopre Elvis Presley nella mia vita non può essere descritta in poche righe. Ci vorrebbe molto più spazio, molto più tempo, ed io so che la prolissità annoia chi legge, se già mai non lo sia.
Per questo mi fermo qui. Grazie Elvis per il coraggio che mi davi nascosto dietro quel palo del metrò. Grazie per tutto.
Mi piace salutarti cosi, ricordando, come fece qualcuno, che ci sono stati tanti contendenti, tanti pretendenti...

Ma c'è stato e sempre ci sarà, un solo Re.

mercoledì 12 maggio 2010

TUTTO PUO' CAMBIARE. BASTA VOLERLO...


Leggete tutti queste parole. Proviamo fin da oggi, nel nostro piccolo, a rendere l'esatto contrario di ogni concetto espresso in fatti.
Forse solo in questo modo tutto può cambiare. Perchè tutto può cambiare. Basta volerlo. Buon giovedi a tutti.


Pensieri dopo l´11 settembre

Il paradosso del nostro tempo nella storia è che
abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse,
autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti.

Spendiamo di più, ma abbiamo meno,
comperiamo di più, ma godiamo meno.
Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole,
più comodità, ma meno tempo.

Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso,
più conoscenza, ma meno giudizio,
più esperti, e ancor più problemi,
più medicine, ma meno benessere.

Beviamo troppo, fumiamo troppo,
spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco,
guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo,
facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi,
vediamo troppa TV, e preghiamo di rado.

Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà,
ma ridotto i nostri valori.
Parliamo troppo, amiamo troppo poco
e odiamo troppo spesso.
Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere,
ma non come vivere.
Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.
Siamo andati e tornati dalla Luna,
ma non riusciamo ad attraversare la strada
per incontrare un nuovo vicino di casa.

Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno.

Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori. Abbiamo pulito
l'aria, ma inquinato l'anima. Abbiamo dominato l'atomo, ma non i
pregiudizi.

Scriviamo di più, ma impariamo meno.
Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno.
Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.
Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni, per
produrre
più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.

Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta,
grandi uomini e piccoli caratteri, ricchi profitti e povere
relazioni.

Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi,
case più belle ma famiglie distrutte.
Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e
getta, della moralità a perdere, delle relazioni di una notte, dei
corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto,
dal rallegrarti al calmarti, all'ucciderti.

E' un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina
e niente in magazzino.
Un tempo in cui la tecnologia può farti arrivare questa
lettera, e in cui puoi scegliere di condividere queste
considerazioni con altri, o di cancellarle.

Ricordati di spendere del tempo con i tuoi cari ora, perchè
non saranno con te per sempre.
Ricordati di dire una parola gentile a qualcuno
che ti guarda dal basso in soggezione,
perchè quella piccola persona presto crescerà
e lascerà il tuo fianco.

Ricordati di dare un caloroso abbraccio
alla persona che ti sta a fianco,
perchè è l'unico tesoro che puoi dare con il cuore
e non costa nulla.
Ricordati di dire "vi amo" ai tuoi cari, ma soprattutto
pensalo.

Un bacio e un abbraccio possono curare ferite
che vengono dal profondo dell'anima.

Ricordati di tenerle le mani e godi di questi momenti,
perchè un giorno quella persona non sarà più lì.

Dedica tempo all'amore, dedica tempo alla conversazione, e
dedica tempo per condividere i pensieri preziosi della tua mente.

E RICORDA SEMPRE:
la vita non si misura da quanti respiri facciamo,
ma dai momenti che ci tolgono il respiro.

domenica 9 maggio 2010

ELOGIO DEL RISCHIO

In questa domenica di Novembre ,ehm volevo dire Maggio, festa della mamma (tanti auguri a tutte le mamme, mia in primis ovviamente...) volevo proporre uno stralcio tratto da uno scritto di uno dei miei grandi maestri, l'illuminato Leo Buscaglia, di cui consiglio a tutti di leggere almeno uno dei suoi libri ("vivere, amare, capirsi" ad esempio)
Leo Buscaglia è uno di quegli uomini che ti cambiano la vita. Andrebbe letto affinchè dalle sue parole ci trapassino raggi d'anima e di amore. Le sue parole cambiano la vita, cambiano completamente la prospettiva da cui viviamo la vita. E ci aiutano a viverla per quello che realmente è.

In ogni campo, dal lavoro alla vita sentimentale, occorre sempre agire e non pensare. E soprattutto, rischiare. Leggete un po' qui sotto...



A ridere c’è il rischio di apparire sciocchi;
A piangere c’è il rischio di essere chiamati sentimentali;
A stabilire un contatto con un altro c’è il rischio di farsi coinvolgere;
A mostrare i propri sentimenti c’è il rischio di mostrare il vostro vero io;
A esporre le vostre idee e i vostri sogni c’è il rischio d’essere chiamati ingenui;
Ad amare c’è il rischio di non essere corrisposti;
A vivere c’è il rischio di morire;
A sperare c’è il rischio della disperazione e
A tentare c’è il rischio del fallimento.
Ma bisogna correre i rischi, perché il rischio più grande nella vita è quello di non rischiare nulla.
La persona che non rischia nulla, non è nulla e non diviene nulla. Può evitare la sofferenza e l’angoscia, ma non può imparare a sentire e cambiare e progredire e amare e vivere. Incatenata alle sue certezze, è schiava.
Ha rinunciato alla libertà.
Solo la persona che rischia è veramente libera.

domenica 2 maggio 2010

sempre davanti a me

Quanto corri, imprevedibile, sempre davanti a me
Solo, sudato, affaticato, provo a prenderti,
ma lento ed inesorabile, sempre davanti a me

Ti avvicini e sembri lasciarti prendere,
cosi lontano e poi cosi vicino,
ti divincoli, ti allontani e poi ritorni,
sempre davanti a me

D'improvviso come saetta nel vento tu scompari,
e poi riappari quando penso di non averti,
ti ricomponi, ti trasformi e poi ritorni
sempre davanti a me