io e il mare

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sabato 27 agosto 2011

LO SCIOPERO DI PULCINELLA, LE MASCHERE DI UN TEATRINO RIDICOLO


Oggi sarebbe dovuto iniziare il massimo campionato di calcio, l'oppio dell' italiano medio (per tanti anni anche del sottoscritto, che ora segue con passione assai piu distaccata) che da sempre regala emozioni e soprattutto distrazioni ad un popolo che si trova in questo momento ad affrontare dei durissimi sacrifici per una crisi economica che ahimè non coinvolge solo il nostro paese.

Come tutti sanno, la prima giornata è stata rinviata, perchè l'Associazione dei Calciatori ha deciso di non giocare non riuscendo a trovare un accordo con la Federcalcio e con la Lega Calcio.
Attenzione, è chiaro il mio scritto: "ha deciso di non giocare", non di "scioperare". Da che mondo e mondo lo sciopero è uno strumento di protesta con cui non si esercita la prestazione lavorativa e si rinuncia all'emolumento percepito per quella prestazione.
No, i calciatori sono riusciti in qualcosa di diverso, a creare un precedente unico nella giurisdizione in tema di Diritto Del Lavoro: lo sciopero "mascherato", oppure "fittizio", ovvero non lavorare, continuare nello stesso tempo a "lavoricchiare" (per chi non lo sapesse, oggi alcune squadre di serie A giocano in amichevole, due di esse pure fra di loro, mi chiedo fino a che punto si può arrivare a coprirsi di ridicolo) in una giornata in cui dovrebbero assentarsi dal lavoro, e al tempo stesso a prendere i soldi, quei pochi spiccioli all'anno che vengono pagati, così pochi da dover rifiutare il versamento del contributo di solidarietà.

Non amo il qualunquismo, detesto le proteste tanto per protestare e lo sparare nel mucchio perchè va di moda contro ogni istituzione...
Ma è ridicolo che in questo paese, oltre alle caste che già conosciamo si sia unita anche quella dei "pedalatori" della pedata (Gianni Brera me la concederà NDR), i quali hanno le loro ragioni, più o meno condivisibili, per quanto riguarda l'articolo 7 ed eventuali abusi delle società (che sono comunque ostaggio dei procuratori e dei calciatori stessi... una volta, basta chiedere ai giocatori degli anni settanta e ottanta, le società decidevano dove piazzarti dall'oggi al domani e loro si adeguavano senza fiatare...) a cui nessuno punta il fucile per costruire rose da trenta o piu calciatori, così, tanto per fare collezione di figurine e costringere i "malcapitati" (vorrei essere io il malcapitato con quello stipendio...)ad allenarsi a parte fuori dal resto del gruppo degli "eletti".

Tutto questo però non giustifica quanto sta accadendo. Un'altra occasione persa, un altro passo per chi scrive verso il lento abbandono di questo sport. Ma ancora resisto. Amo troppo il gesto tecnico, il sudore in campo, la contesa sul terreno di gioco. Ma come tutte le cose, tutto ha un principio e tutto ha una fine. Spero solo che la fine non sia già arrivata. Di certo, il colmo del ridicolo è stato raggiunto.

martedì 23 agosto 2011

C'ERA UNA VOLTA IL TENNIS...


Il tennis è uno sport meraviglioso. In un racconto che scrissi alcuni anni fa lo definii come la più calzante metafora della vita. Da tempo poi pensavo di dedicargli un contributo nella mia isola di libertà.

Fatto sta che su suggerimento di un caro amico, riprendo questo mio spazio per scrivere di questa passione a cui ero molto legato ai tempi della mia infanzia ed adolescenza, e che oggi ricordo affettuosamente sperando un giorno di poterne decantare ancora le lodi come in quei giorni in cui trascorrevo interi pomeriggi davanti al video, nella speranza un giorno di poter emulare le gesta dei miei idoli del tempo, nell’ordine Mcenroe, Connors ed in ultimo Boris Becker.
Purtroppo, ancora una volta, vengo risucchiato inevitabilmente, ma direi anche dolcemente, dalla spirale dei ricordi e dall’inguaribile clichè secondo cui “una volta tutto era più bello, tutto era più romantico” etc etc etc…
Nel caso del tennis, come vedo dalle opinioni di molti miei amici, è ahimè realmente cosi’. Una volta era diverso, una volta era più bello, più appassionante, meno noioso. Piaccia o meno, purtroppo è la realtà. Mi sforzo quotidianamente di guardare del tennis maschile sui pochi canali in chiaro disponibili, e quando sono ospite da amici provo sui canali a pagamento a vedere qualche partita. Ci provo, dopo qualche sbadiglio e scuotendo la testa sono costretto a cambiare canale oppure a spegnare
Le ragioni del mio disamoramento per questo sport sono quelle che colpiscono in molti. L’evoluzione inarrestabile dei materiali unita all’ossessione per la preparazione atletica ha fatto sì che la velocità del gioco e la potenza smisurata abbia preso il sopravvento sulla tecnica ed il talento
Se a questo uniamo una carenza generazionale di straordinari talenti a parte Federer e pochi altri (mi perdonino gli appassionati di Nadal, ma ritengo il catalano un misto di straordinarie qualità atletiche e psicologiche più che tennistiche), il quadro è evidente agli occhi di tutti. Il gioco è noioso, ripetitivo, non si vede più una che sia una discesa a rete. A Wimbledon, ormai da dieci anni, nessuno fa più serve and volley se non in sporadiche occasioni. La velocità della palla è tale da impedire di scendere a rete sul servizio ed in caso di risposta dell’avversario il povero attaccante è impossibilitato ad effettuare la volèè se non da trequarti campo.
Nostalgia. Ed un pizzico di rabbia. Nostalgia per il tennis dei miei idoli di un tempo, come ho scritto all’inizio. Mi manca il servizio mancino ad uscire di Mcenroe, le sue voleè smorzate, i suoi tocchi deliziosi, persino le sue incazzature ingiustificate ed inammissibili, ma che erano parte del suo genio inimitabile. Mi mancano i tuffi di Bum Bum Becker, la classe infinita di Edberg, roba da poesia del tennis. Mi mancano poi i dritti anomali di Lendl, la regolarità di Borg e Wilander, mi manca il carisma ed il rovescio micidiale bimane di Jimmy Connors, la genialità di Henri Leconte.
Scusate se mi manca tutto questo a voi che amate il tennis moderno. Scusate se mi manca il tennis vero che non tornerà mai più.