io e il mare

io e il mare

sabato 31 marzo 2012

SENZA IDOLI, UNA PASSIONE, UN TEMPO SFRENATA, ORA "RALLENTATA"...


In Italia il calcio è una religione. Da sempre questo sport unisce, e ahimè forse piu' spesso divide, il popolo dello stivale che fa del gioco del pallone una passione al limite dell'ossessione, per citare Marx, un vero oppio dei popoli, in questo caso del popolo tricolore.
Chi scrive è un appassionato, tifoso del Milan da sempre. Amo il calcio in quanto lo ritengo uno sport bellissimo, completo dal punto di vista fisico e tecnico, divertente quando è giocato con passione.
La passione però sta diventando ossessione, e vedo molte persone che dedicano a questo passatempo una quantità di energie nervose e fisiche finanche eccessive, tanto da ritenere il calcio come la loro principale ragione di vita.
Ognuno, come dico sempre, dispone della propria vita come meglio crede....
Non nascondo che questo calcio non mi fa impazzire. Vedo le partite, sono contento se il Milan vince, non mi ammazzo se il Milan perde. Resta sempre una partita, finisce là.
Allo stesso modo non provo più attaccamento per i calciatori che vestono la maglia della mia squadra del cuore. Non li disprezzo , per carità, ma i calciatori di oggi sono lo specchio del calcio contemporaneo e non riesco a vederli come "idoli", cosi' come quando da ragazzo impazzivo ogni volta che vedevo Baresi entrare in scivolata o uscire palla al piede dall'area a testa alta, per non parlare di Van Basten, la cui classe veniva fuori sempre nelle partite piu difficili, a differenza di altri di oggi che oggi sono forti coi deboli e deboli coi forti...
Il riferimento è chiaro, non c'è bisogno che spieghi a chi mi riferisca.
Non vado allo stadio con continuità da tanti anni se non sporadicamente (una, due volte l'anno comprandomi il biglietto) e non ne sento la nostalgia. L'unica cosa che mi manca è la visibilità dal campo,poichè solo dalle tribune vedi come si muovono realmente i giocatori, come sono disposti in campo senza l'inevitabile appiattimento delle immagini reso dallo schermo televisivo.
Per contro, gli insulti, gli sputi, il basssissimo livello di cultura sportiva e la carenza di famglie al suo interno fa si' che preferisca starmene comodo in poltrona a guardarmi una partita, fino a quando non mi passerà la voglia e cambierò canale optando per un buon film.

venerdì 30 marzo 2012

IL PERDONO E' LA VITTORIA DEI FORTI


"Alla ripetitività mortificante della vendetta occorre sostituire la novità liberante del perdono".
Solo dalla mente lucida e dal cuore illuminato d'amore di Giovanni Paolo II poteva uscire un'afferamazione talmente forte da farci fermare a riflettere, anche solo per pochi minuti, sulle logiche assurde di rivalsa che dominano i rapporti umani, di qualsiasi tipo, all'inizio del terzo millennio.
Chi mi legge da tempo sa che non amo fare le paternali, non credo di essere in grado di poter dire a chicchessia "questo è giusto, quello è sbagliato". Io riporto dei fatti, delle situazioni, dei sentimenti (qualche volta, quando serve) e delle frasi, come in questo caso, e provo a far riflettere chi legge e sopratutto chi scrive.
Chi sa perdonare è veramente un rivoluzionario, un uomo che sa andare al di là delle facili rivalse, è un innovatore in grado di liberare se stesso e chi lo circonda dal male. Perchè in fondo, vendicarsi altro non è che raddoppiare il male subito. Usando una metafora calcistica a me cara, nella partita della vita che ci è stato concesso di disputare, sta a significare che il Male raddoppia 2-0 sul bene. Questo non dovrebbe mai accadere.
La vendetta di per sè è una liberazione apparente, come l'idea di togliersi un peso di dosso che sembra insormontabile ma che genera altro astio, altri rancori, ed invita chi la usa (lo so bene perchè mi sono vendicato pure io parecchie volte...e ho parlato ancora di me, mannaggia...:-) a rifarlo nuovamente, in un circolo vizioso di "ripetitività mortificante" da cui sembra impossibile poter uscire. Lo vediamo ahimè sempre nella vita quotidiana, sul lavoro, per non parlare (e questo è piu'grave) fra persone che un tempo si amavano e che ora magari non si amano piu, incapaci di lasciarsi come persone civili (o ancor meglio provando a riconciliarsi) continuano invece una commedia di ripicche e veleni basata, appunto, sulla vendetta costante, ripetitiva, mortificante e desolante.
E allora va da sè che in questa frase di Giovanni Paolo II c'è il rispecchiamento quasi fedele dell'insegnamento di Cristo basato sulla necessità di entrare per la porta stretta, magari piu faticosa, piu irta di ostacoli ( mi rendo perfettamente conto che perdonare è difficile a volte, non oso pensare chi abbia invece subito un torto gravissimo, o la perdita di una persona per un omicidio, vedi il padre di Erika al quale ancor oggi mi tolgo il cappello) ma che indubbiamente libera dal male, lo vince e rende le nostre vite più piene, e perchè no, anche un po' piu' originali rispetto alla monotonia nera ed amara del mondo in cui viviamo.

giovedì 29 marzo 2012

PRIME IMPRESSIONI E PROIEZIONI



Oggi vorrei scrivere due righe sulle proeizioni. No, non mi riferisco ovviamente a quel disegno tecnico che ti insegnano alle scuole medie, e nemmeno a quelle di voto prima di ogni elezione in televisione.
Mi riferisco altresi' alle proiezioni, filmati, cortometraggi piu' o meno avvincenti che la nostra mente si crea in maniera autonoma, come se fosse necessario sfuggire dalla quotdianità per creare, comporre, scomporre, e poi ricomporre immagini diverse a proprio piacimento.
Mi sono accorto che questo tipo di meccanismo non è sempre gestibile, e sopratutto non è sempre evitabile. Siamo esseri umani, ed inevitabilmente ci capita di avere dei desideri, delle speranze, delle ambizioni e d'immaginare situazioni di svariato genere, movimentando la pellicola sempre attiva del nostro cinematografo chiamato "mente".
Per realizzare tali situazioni occorre avere decisione, determinazione, e soprattutto avere ben chiaro l'obiettivo, qualunque esso sia (lavorativo, finanziario, affettivo) senza idealizzarlo, perchè tanto le cose non sono mai come le pensiamo. Qualche volta però, persino meglio di come le pensiamo. E sopratutto molto meglio di come le vediamo per la prima volta, in una prima impressione, creata sempre dalla nostra mente, simpatica scimmietta da tenere a bada per il nostro bene quotidiano.

venerdì 23 marzo 2012

TRUE COLORS (I COLORI VERI)


A volte succede che ascoltando una canzone si trovi l'ispirazione per scrivere un articolo. E' proprio quello che è successo a me ora mentre digito sulla tastiera al ritmo di "True Colors" di Cindy Lauper, un bellissimo pezzo lento di venticinque anni fa circa.

Il testo recita "I see your true colors shining through..." . Vedo i tuoi colori che traspaiono, che si vedono nitidamente. Ed è proprio questo a cui penso stasera, quali siano i veri colori delle persone che sono intorno a noi, nella nostra vita, con le quali condividamo momenti più o meno intensi, da un'intera estenuante giornata di lavoro o anche un semplice caffè al bar al mattino, in pausa, solo per stare insieme, e guardare intorno a noi i colori che ci circondano.

I colori sono la manifestazione della magia del creato. Non oso pensare come sarebbe la vita in bianco e nero, ancor meno, quando mi capita d'incontrarne qualcuno, al nero assoluto, senza la possibilità di poter vedere. Chissà come sono i veri colori di chi non vede, come se li immagina. Non lo sapremo mai.

Mi auguro che i veri colori delle persone che invece hanno la fortuna di vedere, come chi scrive, siano quelli della luce di questi giorni di primavera già entrata in modo dirompente nelle nostre vite, l'azzurro del cielo un po'offuscato da questa nube di smog che avvolge sempre Milano, la mia Milano cosi' invecchiata, cosi' ingrigita. Quali sono i veri colori di Milano, a volte penso, quando guardo le foto d'epoca che un mio collega ogni tanto mi invia, quando "Lambrate" e "Crescenzago" erano ancora dei paesini, e a Monza ci si arrivava in Tram percorrendo, in tram appunto, Viale Monza.

Mi domando a volte persino quali siano i colori della persona che scrive quest'articolo. Ma tutto ciò non credo possa interessare a nessuno, anche perchè avevo promesso di non parlare mai (o quasi ) di me. E tu, quali sono i tuoi veri colori?
Don' t be afraid to let them show you your true colors, are beautiful, like a rainbow...

lunedì 19 marzo 2012

UNA FESTA CHE RESISTE



In questi tempi multimediali fatti di connessioni superveloci, relazioni repentine che nascono e muoiono con la velocità di un "click", è bello altresi' vedere che ancora alcune tradizioni della nostra infanzia resistano all'usura del tempo, alla schizofrenia disinteressata dei nostri giorni.
Il mio riferimento è alla ricorrenza di oggi, la festa del Papà, che innegabilmente a tutti quanti noi fa riecheggiare i tempi dell'infanzia, nell'intrecciarsi dei ricordi che riaffiorano pensando a tutti i momenti in cui la figura paterna resta indelebile nel nostro cuore, agli insegnamenti, persino ai rimproveri, magari da noi poco accettati da ragazzi ma poi, a posteriori, ritenuti quanto mai opportuni e determinanti per la nostra crescita.
Il padre è ancora oggi figura cardine in quella struttura la cui parola oggi viene spesso abusata ed utilizzata più per propaganda che per altro: la famiglia.
Per questo mi piacerebbe che oggi tutti coloro che hanno ancora la fortuna di avere il proprio papà potessero dedicargli anche solo un abbraccio, una parola di ringraziamento, uno scambio di energia fra padre e figlio che solo padre e figlio possono capire fra di loro nel legame indissolubile che li unisce.
Il mio abbraccio piu affettuoso va invece a chi il Papà non ce l'ha piu', in particolare a due miei cari amici che lo hanno perso di recente. Oggi per loro questa festa ha un sapore intriso di dolore e di tristezza. Sono vicino a voi, e questo mio scritto è dedicato a voi, e al vostro papà, nel suo dolce ricordo.

sabato 17 marzo 2012

LA POLITICA DEI FURBETTI



Da quando in Italia la politica è stata "momentaneamente" sostituita dal governo dei tecnici, ci siamo accorti tutti dell'aumento dei controlli verso truffatori, evasori fiscali perpetui, e falsi invalidi, alcuni di essi addirittura colti in flagrante...
Tutto questo non può che essere accolto positivamente, era ora che finalmente venisse a galla quel sommerso di furbacchioni che da anni vive sulle spalle di chi onestamente paga le tasse e non prova a raggirare il prossimo.
Quello su cui vorrei però riflettere è il cambio di mentalità necessario affinchè questi comportamenti non si verifichino piu', perchè sappiamo tutti benissimo che i furbi,in questo paese, ci saranno sempre perchè sono figli di una cultura dell'inganno e del non rispetto delle regole che in Italia, dalla notte dei tempi, la fa da padrona.
Occorre, per entrare in una nuova ottica della cultura civica, una rivoluzione copernicana del nostro modo di pensare, passare dall'estetica del "piu'furbo passa avanti" al concetto di "si aspetta pazientemente in fila anche per due ore".
La scuola in questo senso dovrebbe svolgere un ruolo molto importante, nonchè la famiglia con l'educazione verso i figli...
Sono concetti spicci, triti e ritriti, ma che potrebbero se attuati portare anche a cambiare il nostro paese, senza costringerlo alla benzina a 2 euro al litro o all'Iva al 23%.
Temo che questo mio desiderio rimarrà inevaso. Altro che albero dai rami fatati!!

venerdì 16 marzo 2012

ADELE E L'ALBERO DAI RAMI FATATI...

Un giorno Adele mi condusse verso l'albero dai rami fatati. Avevamo dodici o tredici anni, e nella nostra innocenza ci piaceva trascorrere qualche oretta insieme al pomeriggio per discutere dei nostri sogni, dei nostri desideri, del nostro futuro.

Ma mai Adele fino ad allora mi parlò di questo albero. Mi ci portò quasi di sorpresa, un pomerggio verso la fine della scuola. Era primavera ma faceva già tanto caldo. Ah si' ora ricordo, avevamo quasi quattordici anni, stavamo preparando gli esami di terza media e appoggiammo i libri di matematica ai piedi dell'albero. Non volevamo studiare.

"Tu non lo sai, ma questo albero è magico, tu tiri uno dei suoi rami, piano piano, senza fargli male, ed un tuo desiderio si realizzerà", mi disse Adele con quella voce figlia della sua innocente adolescenza in fiore.
Io, sempre dubbioso, sempre scettico, sempre timoroso, mi avvicinai e tirai uno di quei rami con delicatezza, quasi con timore, per poi esprimere un mio desiderio.

Sono passati oltre vent'anni, e Adele oggi chissà dov'è, mentre io sono qui che attendo e vorrei tanto poter tirare ancora, piano piano, quel ramo dall'albero fatato.

Ancor oggi quel mio desiderio è in attesa di essere esaudito,ma poco importa. Quell'albero mi ha insegnato ancora a credere nel chiedere, e ad aspettare con paziena e gioia ogni momento che vivo.

LE GIUSTE DOMANDE




Mi rendo conto a volte di ripetere sempre le stesse cose. Ma i concetti base restano e solo su quelli vale la pena per me soffermarsi in questo spazio di libertà, in cui si parla di tutto, da argomenti frivoli ad altri piu profondi, sempre con la voglia di trasmettere un messaggio, e di condividere magari delle emozioni.
La tragedia della morte dei bambini in Belgio mi ha fatto molto riflettere, e ritorniamo sempre a quel concetto un po' abusato di "senso della vita", e quella riflessione a me tanto cara del mio professore di matematica di liceo, ovvero "distinguere le cose che contano da quelle che non contano".
Nella nostra vita, cosa conta veramente? I soldi, i beni materiali? a che punto mettiamo i sentimenti, le amicizie, l'amore, le relazioni interpersonali?
Sono domande di una banalità mortificante, me ne rendo conto. Ma sono le domande che bisogna porsi. Non con dei "perchè" inutili, ma dei "come" illuminanti...ad esempio "come posso fare per rendere piu luminosa ed importante la mia vita?"...oppure "come posso agire per sentirmi realmente bene?"
Non ho mai amato filosofeggiare, non è mio interesse spiegare agli altri come vivere la vita. Non sono nessuno per potermi permettere di fare questo. Ognuno dispone di questo dono di Dio (per me), o del caso (per chi non ci crede)quale è la vita come meglio ritiene opportuno.
L'importante però è sempre porsi le domande giuste, e avere soprattutto, come diceva Oscar Wilde, le risposte adeguate.

domenica 11 marzo 2012

LA COERENZA FRA "BANDERUOLA" E ROCCAFORTI DEL PENSIERO...


"Nel mondo mutabile e leggero costanza è spesso il variar pensiero..."

Aveva visto giusto Torquato Tasso in questo suo passo tratto dalla sua "Gerusalemme Liberata". Oggigiorno, dai politici alla vita di tutti i giorni ci capita di ascoltare discorsi di persone che affermano, in un battito di ciglia, l'esatto contrario di quanto espresso solo poco tempo prima. In qualche caso il lasso di tempo è talmente breve da suscitare persino il dubbio in chi ascolta sulla possibilità che in precedenza si fosse letta o ascoltata un'affermazione di diverso tenore.
Credo che cambiare idea nella vita sia segno d'intelligenza. Solo chi si arrocca dietro le proprie convizioni per letterale spirito di "coerenza", senza aprirsi agli altri e magari di conseguenza anche alla possibilità di aver sbagliato, non potrà mai sentirsi realmente "libero" cambiando idea.
E' altresi' vero però che in molti agiscono in questi termini per puro interesse, cercando di "depistare" le carte, oppure proprio con la faccia tosta di chi non ha il coraggio delle proprie idee cambiando sempre per mera convenienza magari a danno di chi ascolta. Sono quelli che una volta venivano chiamati nel linguaggio comune "banderuola".
Allora dovesta la verità? Io credo che nella vita occorra essere "aperti" tenendo conto che la ragione può non stare dalla nostra parte, e che abbiamo sempre qualcosa da imparare. L'importante è essere coerenti nei modi e nella convinzione del nostro pensiero, coerenti anche nel coraggio di saper dire :"ho cambiato idea sul tema, prima la pensavo in modo diverso, lo riconosco, avevo sbagliato.". Questa è la vera coerenza nel coraggio delle proprie idee, senza roccaforti nè banderuole.

sabato 10 marzo 2012

CORRERE IL "GROSSO" RISCHIO...

Secondo me non esistono regole “fisse” per stare bene a questo mondo. Esistono semplicemente approcci differenti per affrontare quello che ci offre la vita. E da questo approccio, figlio dei nostri pensieri, nasce il modo in cui viviamo la vita.
Non voglio scrivere un trattato sociologico, non ne posseggo i requisiti, non ne sono capace. Io qui sono solo uno che scrive, per tornare ai tempi della scuola e della maestra che ce lo chiedeva, quattro massimo cinque pensierini su questo quaderno virtuale in piena libertà.
Se l’approccio è negativo, negatività avremo. Se l’approccio è positivo, c’è il “forte rischio” di avere positività dentro di noi ed attorno a noi.
Chiamiamolo “pensiero positivo”, “legge dell’attrazione”, PNL, quello che volete, ma solo provando tutto questo ci si rende conto di quanto sia vero.
Questo non significa ovviamente scappare da eventuali avversità della vita. Quelle prima o poi, per dirla simpaticamente, “ce toccano”. E allora perché sprecare tutti gli altri momenti della vita in rabbia, tristezza, invidia, cattiveria ed odio?
Quando si arriva a controllare la mente e a discernere le emozioni positive, capitalizzandole al massimo, e quelle negative, da cui occorre non farsi schiacciare, allora veramente si potrà dire di aver “corso il grosso rischio” di essere felici. E magari, per chi ci crede come il sottoscritto, con l’aiuto del buon Dio.

domenica 4 marzo 2012

TO A BRIGHTER DAY



Oggi ho riascoltato un brano dance di oltre vent’anni fa, ed inevitabilmente la macchina del tempo del cervello si è rimessa in moto catapultandomi direttamente al 1992, a situazioni di quel periodo, immagini, ricordi, e quant’altro...
Lo so, avevo promesso che non parlavo in questo spazio dei miei fatti personali, e cosi’sarà anche questa volta, solo che sedici anni li hai una volta sola, e quel ritornare ad allora mi ha fatto riflettere su tante cose.
La prima è il senso incredibile di libertà che hai quando sei adolescente. La vita ti sembra infinita, non pensi ad altro se non a quello che ti possa far stare bene, e sogni, sogni ad occhi aperti, convinto di poter stringere il mondo nelle tue mani. Sono belle sensazioni, rievocarle vuol dire calamitare energia positiva dal passato, che sarà si’ morto e sepolto ma dal quale a volte si può trarre perlomeno qualche positivo insegnamento.
La seconda, ma non meno importante, il modo di vivere i sentimenti. Mi rendo conto, piu vicino ormai ai quaranta che ai trenta, che il modo di vivere l’amore a quell’età è per certi versi irripetibile. Mi spiego meglio, non dico che non si possa amare a trenta o quarant’anni, ma la passione e l’assorbimento totale di energie, di risorse che gli adolescenti spendono verso coloro che amano è per certi versi unico, e lo vedo ancor oggi nei ragazzi di quell'età. Per certi versi sono davvero lodevoli perchè la spensieratezza ti porta alla sfrontatezza, al coraggio, se non a volte pure all'incoscenza.
Ecco, forse quello che dovremmo imparare da quell’età dorata che è l’adolescenza (con tutti i problemi che porta con sé, ma non sono qua a scrivere un trattato di sociologia) è la voglia di sognare che abbiamo perso, la voglia di credere in una meta, la voglia di stringere il mondo nelle nostre mani, verso un giorno più luminoso, to a brighter day.