io e il mare

io e il mare

sabato 23 novembre 2013

IL CALORE E' VITA


Non amo la stagione invernale. Non faccio molto per nasconderlo, lo so bene, ed essendo di ceppo mediterraneo adoro il sole, il mare, la bella stagione i suoi colori che mi rimandano alla vita, alla gioventù ( non che ora sia vecchio, ben intesi) e a momenti spensierati che solo la primavera e l'estate sanno valorizzare appieno.
Eppure ci sono degli aspetti di questo periodo che riesco ad apprezzare, malgrado il freddo di Milano e della Pianura Padana sia sempre così fastidioso, con quell'umidità invisibile che ti mangia le ossa poco a poco mentre brami dal desiderio di tornare a casa e startene al caldo, davanti a un thè bollente, a scrivere (per chi ama farlo come me) o meglio ancora a leggere.
Ecco cosa è capace di regalare l'inverno, la ricerca di quel calore che ci avvolge e ci richiama, quel calore che è vita. In fondo, come si suol dire, non tutto il male vien per nuocere, e aspetteremo la prima neve come quando eravamo piccoli, perché in fondo veramente non si smette mai di essere bambini e forse, dal loro modo di approcciarsi alla vita stessa, avremmo ancora molto da imparare, in attesa che arrivi il cielo azzurro, i fiori e i profumi della primavera ad anticipare il solleone, la pelle abbronzata ed il fragore delle onde marine tipico dell'estate, i suoi profumi, l'odore acre del latte abbronzante nell'aria, la salsedine sulla pelle,  mentre stiamo fuori a berci una birra all'aperto godendoci l'immensità del mare davanti ai nostri occhi. Tutto questo, e non solo, è vita.


 
 

domenica 17 novembre 2013

LIBERTA', MUSICA E PENSIERI NELL'AROMA DI UN THE' CALDO

 
 
Non mi capitava da tempo di trascorrere una mezz’oretta al PC, al buio, ed ascoltare della buona musica. Oggi era scritto che mi dovessi lasciar trasportare dalle emozioni delle canzoni di Franco Califano. Ne ho ascoltate parecchie, alcune nemmeno le conoscevo, e mi sono letteralmente lasciato portar via, come in un vortice, identificandomi totalmente in quelle parole, una in particolare che è forse la chiave di volta di tutta la sua produzione musicale, oltre al caposaldo di tutta la sua esistenza terrena: libertà.
Ho bisogno di sentirmi libero, sono e sarò libero fino alla fine dei miei giorni. Se essere libero significa essere egoisti, allora vuol dire che sono egoista, nessuno è perfetto tantomeno io. Questo desiderio di libertà l’ho sentito tanto forte oggi pomeriggio mentre ero al buio, nel silenzio della mia camera, con un the caldo, i miei pensieri (che non mi ingannano più) e la voglia di starmene da solo con essi, nella pace di un finto silenzio milanese, al buio, in attesa che la sera arrivi e con essa il tempo del riposo notturno. Il lunedì di lavoro può attendere.
Mi piace camminare a lungo per le strade, incontrare persone, sentirmi come un’aquila che vola rasoterra e pensare ogni tanto al tempo che passa, ricordi d’infanzia che riaffiorano, altri che riappaiono non appena apri la scatoletta virtuale, e scopri che quei bambini di una volta non ci sono più, molti di loro hanno a loro volta dei bambini, le rughe segnano i loro volti, ma sono sempre loro, come io sono sempre io in questo amabile finto silenzio della domenica sera.
 
.
 

martedì 5 novembre 2013

APPARENZE , EQUIDISTANZE, TRASPARENZA

Non scrivo da alcuni giorni, trovo il momento che ritengo propizio per farlo, in piena autonomia, e come sempre, in piena ed assoluta libertà.
Negli ultimi giorni ho riflettuto molto sul mondo che mi circonda, sulle domande che mi pongo, sulle cose che contano e su quelle che non contano. E più passa il tempo mi accorgo di essere parte di un mondo sempre più plastificato, virtuale, di apparenze e scarsa sincerità, per non dire falsità. Certo, c’è una parte di esso che ancora non è così, fatta di persone vere, che ragione con il cuore, con l’anima, con lo spirito e non solo a fine di calcolo , mero materialismo ed opportunità. Grazie al cielo mi è stata concessa la possibilità di scegliere di essere me stesso, e quando qualcosa non mi piace più decidere arbitrariamente di ignorarla oppure no. In questo caso ho scelto di stare più defilato e avvicinarmi alle persone e alle cose che mi fanno stare effettivamente meglio, che mi permettono di sorridere e stare bene e soprattutto di credere in me stesso, perché è quando debole che in realtà sono forte, molto più forte di quello che penso e che gli altri pensano, ma di quello che pensano gli altri m'interessa fino a un certo punto.

Non amo scrivere considerazioni personali, questo spazio era partito come un’isola di libero pensiero su cui esprimere libere riflessioni su vari temi senza spaziare su questioni che mi riguardano. Dubito che esse posssano interessare a chicchessia. Ma ogni tanto ho bisogno anche io di lasciarmi andare a qualcosa di più “profondo” che mi riguarda, senza scadere nel vittimismo ma cercando sempre di esaltare quanto di buono mi circonda, che è tanto, non lo dimentico certo ora. Il modo migliore per farlo è scrivere, è l’unico modo in cui mi riesce appieno.

lunedì 21 ottobre 2013

IL GIUSTO APPROCCIO

Viviamo tempi non facili. Questo nessuno lo può negare. Ma spesso siamo anche noi, coi nostri atteggiamenti (io in primis, non faccio la morale mai a nessuno ben inteso) a rendere le situazioni più pesanti di quello che sono, con un atteggiamento ed un approccio mentale spesso non adeguato, per non dire sbagliato. L’esperienza mi hi fatto maturare questo e non penso ci possano essere molti dubbi in merito.
Qualcuno crede che avere un atteggiamento “positivo” verso la vita significhi essere dei sognatori, degli illusi perenni, oppure dei semplici replicanti di frasi automotivanti. Non è così. Almeno per me. Avere un atteggiamento positivo, o meglio dire “costruttivo” e non “distruttivo” significa saper essere felici delle tante ( e sono molte di più di quel che pensiamo) gioie che abbiamo nella vita di tutti i giorni, dal mangiare insieme, dal guardare una partita di calcio, dal chiacchierare insieme con gli amici davanti a una birra. Sembrano situazioni scontate, quasi banali, eppure ci sono persone che non possono farlo. Bisognerebbe ricordarsene.

I problemi ci sono e ci saranno sempre. Ognuno ha il proprio modo di affrontarli. C’è chi scappa, chi si rifugia negli “stravizi”, chi credendo che il mondo fuori non esista ed esista solo il proprio “modus vivendi”, e tutto il resto non conti nulla. Io credo nell’apertura e nel dialogo. E nella forza di un sorriso, dei bei gesti sinceri. Anche correndo il rischio di essere tacciati per buonisti. Ma essere buoni è un conto, essere buonisti è un altro. Il buono lo leggi negli occhi, nella sua spontaneità. Il buonista lo vedi perché è il suo esatto contrario. E poi proviamo a ragionare in un buona fede, sempre. Chi ragiona in malafede vive male, perché non ha fede, lo dice la parola stessa, e vede il male dappertutto. Proviamo a vedere il bene, anche quando è il male che si nasconde, in ogni caso le nostre intenzioni saranno sempre stato positive, il nostro cuore ha sempre chiamato al di là delle percezioni negative create dalla mente.

giovedì 10 ottobre 2013

LA PACE DENTRO

La pioggia continua di questo inizio di autunno Milanese mi rimanda ai miei ricordi di adolescenza, i miei timori, le mie angosce di ragazzino timido che aveva paura della sua ombra, poi, quando sollecitato, riusciva a tirare fuori il carattere che aveva dentro di sé. 
Oggi sono sempre timido ma ho molta meno paura di allora.
Ora, in questo momento, mi passa la voglia di virtualità e vorrei provare a vivere per qualche giorno come se i social network non ci fossero o fossero limitati nel loro operare così annullante e superficiale. Ci provo, è difficile, perché come tanti milioni di persone al mondo ne sono dipendente. E questo non è bene,  soprattutto per una persona come me che non ama essere dipendente, che è stata, è e sarà sempre una persona libera. Ho bisogno di stare in solitudine per qualche giorno, ed avere la mente ripulita dalle tante informazioni che ogni giorno mi bombardano il cervello.  C’è bisogno di pulizia, di andare oltre le apparenze, di andare oltre la carne, di capire quello che conta e quello che ci cambia la vita.

L’inverno può essere bellissimo, una seconda estate, se si cambia il modo in cui si vivono le situazioni. Io non mi arrendo e cercherò il possibile per stare bene e far star bene le persone che mi circondano, malgrado la negatività imperante, l’ipocrisia e la falsità che ci circonda. Proverò di nuovo a farlo, ma in silenzio. Non ho bisogno di avere cinquanta “mi piace” ad una mia foto per essere felice. Ho bisogno solo di sentirmi in pace dentro, e quando ci si sente in pace dentro non c’è niente di più bello, niente che che ti possa fare male.

domenica 6 ottobre 2013

NOI STESSI NON BASTIAMO PIU'


No, non mi sono dimenticato di scrivere. Sono semplicemente stato pigro,  e per  quasi due mesi ho tralasciato di aggiornare questo spazio  per me assai importante . Oggi riprendiamo, con più entusiasmo di prima, ma soprattutto con la consapevolezza di essere guidati, sempre…

 
Sono successe tante cose in questi due mesi, in un’estate che a livello personale mi ha arricchito molto molto sotto ogni aspetto,  e mi ha portato a questo inizio di autunno a meditare su alcune questioni, a pormi quelle domande base necessarie per la nostra esistenza.
Senza Dio non siamo niente. Io non sono niente. Ogni volta che mi allontano da lui mi sento perso, ogni volta che sono più vicino a lui mi sento forte come non mai. E’ pazzesco. E non può essere mera suggestione. Non lo è. Ne sono sempre più convinto. E allora non mi resta altro che fermare quest ”elastico”, e come si dice “abbandonarmi” a lui. Non vedo altre soluzioni. Non mi è sempre facile, non è facile per nessuno. Ho parlato di me ma sono sicuro che la mia storia è assolutamente simile se non identica a quelle di tante altre persone. Senza l’aiuto di Dio non siamo niente, senza la preghiera, senza il silenzio che ci avvicina a lui non siamo niente.
Oggi a messa ho rivisto una coppia splendida. Già da tempo li considero dei miei idoli assoluti. Tempo fa, con la mia solita sfrontatezza con cui vinco in realtà la mia timidezza, dissi loro quel che pensavo della loro condizione, estasiato dal loro volersi bene così sincero, così onesto. Rimasero felici e piacevolmente sorpresi. Lui, con la testa curva verso il basso, lei, sempre sorridente, vicino a lui, sempre insieme, sempre uniti. Mi capita d’incontrarli spesso anche per strada  Avranno superato gli ottant’anni da un bel pezzo. E sono felici. Un esempio semplice, dovrebbe essere la normalità, oggi è diventata l’eccezione. Viviamo tutti separati, divisi, individualisti,  presi da noi stessi e spaventati dalla nostra stessa ombra quando ci accorgiamo che “noi stessi” soltanto non bastiamo più, che abbiamo bisogno veramente di qualcuno, ma non per essere realmente felici dall’esterno, ma essendo felici all’interno con magari qualcuno che ci stia vicino nel cammino.  Sempre con qualcuno dall’alto che ci guida. Ovviamente.

domenica 18 agosto 2013

VIVERE, RINASCERE, PREGARE.




Una bellissima canzone di Vasco Rossi di molti anni fa recitava "vivere, vivere, e pensare che domani sarà sempre meglio.."
In un verso c'è tutta l'essenza della vita, come andrebbe vissuta, come approcciarsi al nuovo giorno dopo magari una giornata meno positiva, un periodo meno positivo. Anche solo apparentemente, anche se la nostra mente lo interpreta in questo modo.
Ogni volta abbiamo la possibilità di rinascere. Di rinascere dalle nostre ceneri di tutti i giorni, dai nostri errori, dalle incomprensioni. Il tempo, veramente, guarisce tutto, io ne sono convinto.
In questi giorni, mi sento rinato perché so che malgrado tutto sono un uomo perbene, coi miei difetti, coi miei sbagli, ma le mie azioni sono sempre improntate al bene e mai a fare il male altrui. La mia sensibilità, che sono pienamente consapevole di avere ( e qualche volta mi ha fatto male ) è un dono che devo sfruttare meglio per aiutare chi ha bisogno di me ma senza lasciarmi troppo coinvolgere, perché ci vuole il giusto spazio per tutti.  Per una volta, solo una, mi sono lasciato andare a una considerazione personale su di me. Non lo farò più molto spesso, pertanto spero mi sia concesso da chi mi legge.
Non credo di avere nulla da insegnare a nessuno, se non il consiglio sempre di guardare avanti, di pensare in positivo sempre, ogni situazione è un'esperienza da vivere, sempre, con coraggio e dignità. Cercare sempre di essere onesti con se stessi e con gli altri, a testa alta, credere nei valori della vita, nel rispetto delle persone, ed affidarsi sempre al buon Dio laddove non si ha la possibilità di poter, con le proprie forze, risolvere i problemi propri o degli altri. Sapersi mettere in disparte quando serve, saper sorridere sempre e dare il giusto spazio in egual modo a tutti, perché tutti potrebbero avere bisogno di noi, e noi spesso ce ne dimentichiamo perché trattiamo alcune persone con esclusività, altre le trascuriamo perché non interessanti ai nostri occhi mentre invece tutte le persone devono essere considerate allo stesso modo, al di là ovviamente della priorità che va data agli affetti familiari.

Avere un approccio positivo alla vita basato sull'azione e non sul pensiero. I pensieri sono ingannevoli perché generano ansia e proiezioni sbagliate. Le cose non accadono mai come le pensiamo. E allora a che serve pensare? A nulla. Occorre agire, decidere, fare, vivere.  L'unico pensiero deve essere lo scopo della nostra giornata, degli obiettivi da portare a termine, da tramutare in azione. Decidere, agire partendo sempre dalla volontà di agire per il bene. E sorridere il più spesso possibile senza mai prendersi troppo sul serio. In fondo tutti possiamo sbagliare, e per chi ci crede come me non vi è maggior consolazione di sapere che esiste un padre buono che ci perdona sempre ricorrendo alla preghiera, la vera medicina di ogni male dell'anima con la quale a cuore aperto dovremmo tutti affidarci per consolare ogni nostra tribolazione, e per dedicarci all'unico scopo effettivo di questa vita terrena, ovvero l'amore.

giovedì 15 agosto 2013

ELVIS AND ME

Il modo migliore per ricordare Elvis, da parte mia, è questo mio articolo appassionato scritto quando ancora ero uno studente universitario, correva l'anno 2001, e descrissi fedelmente come nacque questa mia incrollabile passione per lui.
Era tanto tempo fa... Rileggendolo oggi mi faccio tenerezza da solo, ma è tutto vero, e quante belle emozioni meravigliose mi avrebbe regalato ancor dopo...Me ne manca solo una, ma ce la farò, basta crederci, arrivo anch'io Graceland....
Buona lettura
Dopo tanti interventi incentrati sugli argomenti più disparati riguardanti il mondo Elvis, bilanci sulle uscite discografiche e via discorrendo, ho deciso di raccontare a tutti voi come ho conosciuto Elvis e di come sia diventato una parte importante, se non addirittura imprescindibile, della mia vita.
Dobbiamo tornare indietro al Settembre del 1990, e chi scrive aveva solo quattordici anni ed era un ragazzino timido, impaurito, che usciva dalle scuole medie con la comune insicurezza sul futuro dei ragazzi di quell'età. Fatto sta che in quel periodo mio fratello maggiore coltivò un'improvvisa passione per Elvis spinto da alcuni suoi amici che da tempo compravano vinili (all'epoca i cd di Elvis erano pochissimi). Acquistò alcuni album degli anni cinquanta e poi si avvicinò ai seventies, ma fu con l'acquisto di un disco in particolare che accese la passione per Elvis in me.
L'album in questione era una raccolta dal titolo "A Legendary Performer vol.II". Ricordo che lo ascoltammo insieme in cameretta e rimasi colpito dalla voce di Elvis, dalla sua incredibile personalità, dal suo mito. Da allora in avanti aumentarono i momenti in cui la sera mi chiudevo nella mia cameretta ad ascoltare, nel mio primordiale "cubo" (un impianto stereo che chi ha una certa familiarità con gli anni ottanta ricorderà),i vinili di Elvis, ad immaginare come sarebbe stato bello vederlo dal vivo, come nelle immagini dell'"Aloha", che sancirono il mio definitivo attaccamento al personaggio Elvis. Vidi il filmato e capii che Elvis non era solo una passione momentanea, ma un idolo per tutta la vita.
Fu così che la mia adolescenza passò con Elvis sempre al mio fianco. Erano gli anni dei New Kids On The Block, dei Take That, di Micheal Jackson, dei pomeriggi di sabato e delle "bigiata party" in discoteca a cui rifiutavo di aggregarmi malgrado il divertimento assicurato perché preferivo passarli magari "facendo le vasche" in Corso Vittorio Emanuele (questo il sabato pomeriggio perché non marinavo quasi mai la scuola, ero diligente, allora..ah ah ah) o in camera mia, sognando magari di poter essere come lui e poter baciare la ragazza dei miei sogni sulle note di "The Wonder Of You". Proprio in questo senso le canzoni di Elvis alimentarono in me i primi palpiti amorosi, il primissimo in particolare, in cui, alla fermata del metrò, timido ed impacciato, mi nascondevo dietro il palo con il walkman a palla cacciando di tanto in tanto uno sguardo furtivo alla morettina di cui ero follemente e platonicamente innamorato e di cui non riuscivo a reggere lo sguardo…
Non nascondo poi che in principio seguire Elvis Presley mi costò qualche sfottò da parte dei miei coetanei, che ovviamente ascoltavano tutt'altro genere di musica e che ritenevano Elvis obsoleto, fuori dal tempo.
Ma in breve tempo seppi farmi rispettare e la mia timidezza si trasformò in sicurezza, poiché sapevo che la mia passione era grande, che io ascoltavo Elvis, il Re, il migliore. E da lì in avanti passarono gli anni, ed Elvis ancor oggi è una presenza costante nella mia vita. Non vi è giorno in cui non ascolto una sua canzone.
Ricordo ancora il primo cd, "Elvis In Person At The International Hotel", un regalo natalizio di mio fratello e la mia gioia quando lo aprii davanti a tutta la mia famiglia, i pomeriggi passati in cerca di novità nei vari megastore del centro, le tante cassettine fatte per amici e amiche nel corso degli anni. Una ricerca continua, un sentimento forte alimentato, coltivato e cresciuto col passare del tempo.
Un giorno in particolare non dimenticherò mai, anzi tre giorni: 8-9-10 Giugno 1993, ITF Natta di Milano, su quel piccolo palco dell'Aula Magna di quell'istituto femminile (aperto anche ai ragazzi, giustamente…) ebbi il privilegio e l'incoscienza, nei miei diciassette anni di allora, di imitarlo entrando sulle note di "Also Sprach Zarathustra" circondato dai miei compagni di classe che fungevano da fantomatica "Memphis Mafia".
Tutto questo non era altro che una recita scolastica all'interno dello spettacolo di fine anno, su cui noi ragazzi facevamo totale affidamento per fare colpo sulle pupe della scuola e in questo senso, quella simpatica scenetta (di cui ho nascosto i nastri video per non provocare a chi la vede disturbi gastroenterici) servì a crearmi un nome all'interno dell'istituto e dimostrare a tutti che io ascoltavo Elvis e che cosa significava Elvis per me. Fu un vero trionfo soprattutto lo spettacolo serale del 9, davanti ai genitori che sicuramente avevano un'idea più nitida del personaggio che stavo cercando (male, molto male, ma ci provavo per gioco!) di imitare e che servì per una volta a vincere la mia timidezza e le mie insicurezze di adolescente milanese cresciuto nel sogno del mito del Rock and Roll.
Con la sua musica a farmi da colonna sonora nonché da compagna inseparabile ho trascorso alcuni momenti indimenticabili della mia vita, dall'esame di maturità, al primo bacio, alla tesi di laurea, allorquando mi presentai in aula per discutere la tesi con una sua foto nella giacca a mo'di amuleto portafortuna…
Oggi, malgrado le difficoltà della vita di tutti i giorni, Elvis resta comunque un punto fermo nella mia vita e una presenza costante. Con lui percorro la lunga strada per diventare un uomo migliore, con lui ho imparato a crescere. Con lui non smetterò mai di sognare.
Grazie Elvis.

mercoledì 14 agosto 2013

IL VERO FERRAGOSTO

Nell’Italia della crisi (che c’è anche se gli italiani, giustamente, non rinunciano a qualche giorno di vacanza) si festeggia come tradizione la giornata di Ferragosto.
Nell’immaginario di tutti noi il Ferragosto implica la grigliata al mare, la spiaggia, i fuochi d’artificio la sera magari abbracciati stretti in compagnia della propria compagna o moglie, insomma una festa in tutto e per tutto “umana”, dagli aspetti più strettamente commerciali e triviali ahimè fin eccessivamente enfatizzati.
Non è esattamente cosi’. Anzi, non lo è proprio se si pensa al significato effettivo per il quale si dovrebbe festeggiare, ovvero l’assunzione in cielo di Maria. Sono il primo io peraltro, per tanti anni, a non aver dato troppo peso alla questione, forse perché solo di recente da cristiano incompleto e sempre in crescita, ho scoperto la bellezza e la gioia della madre di Gesù, che poi altro non è che la madre effettiva di tutti noi.
A lei lo scorso inverno mi sono più volte affidato dopo averla ignorata per tanti anni.
E’ bastata un’immagine all’interno di un bar di cristiani copti, ogni mattina mentre facevo colazione, per avvicinarmi a lei e capire che lei è il Suo “speaker”, Lei è la figura femminile che ci protegge, che ci coccola, che ci da la forza di andare avanti quando tutto sembra perduto. E mi ha sempre ascoltato. Lei è la mamma di tutti noi.
Non dimentichiamocelo mai. Non dimenticarlo mai, anche tu che scrivi.

domenica 11 agosto 2013

NON VOLEVA PERDERE

Era il momento, la sfilata più importante, la più attesa.
I fotografi assediati ai due lati della passerella, quasi schiacciati dal peso delle tribune laterali, di lato un pubblico di giornalisti, amici, faccendieri e curiosoni in un contorno di luci abbaglianti, insegne sgargianti, tacchi alti ben in vista e doppiopetti sgargianti.
Stava per uscire da quella porta. L'ultima spruzzata di profumo sul collo da parte dell'hair dresser,uno sguardo d'intesa distratto allo stilista e la musica di sottofondo che sfumava il passaggio dell'altra modella,mentre l'attesa spasmodica per la sua uscita serpeggiava lungo la sala.
Era fatta.
Si aprì quella porta e la classe inappuntabile del suo passo lasciava muovere sinuoso e lascivo quel vestito nero di raso, mentre nel suo incedere solenne e prorompente si dimenava lenta in un intreccio vorticoso di eleganza e sensualità.
Fra occhi rapiti ed ammaliati, uno sguardo dalla platea incrociò per un istante i suoi occhi persi nelle insegne della sala. Come una saetta, d'improvviso, un pensiero le trafisse le pareti della mente.
Correvano lungo la stradina di campagna, con quei sandali rotti che ogni tanto la facevano rotolare sui sassi, e lui, come sempre, la raccoglieva,con la stessa delicatezza di una foglia autunnale, per poi riprendere a correre di nuovo, solo per il gusto di sorridere e prendersi in giro da ragazzini poveri ma sognanti quali erano. Non era una gara, era solo una ricerca, un divertimento, un passare il tempo, forse.
In quello stesso istante, il suo corpo cominciò lentamente a cedere, le sue emozioni si presero gioco della mente ed uno strano rumore s'impadronì della sua figura, come una vibrazione che dal tacco del piede sinistro da cui partiva le arrivò fino al centro del cuore, facendole perdere l'equilibrio.
Il contorcersi della sua gamba sinistra si scontrò con l'ancheggiare vorticoso del bacino nel tentativo di rimanere in piedi, cercando un'improbabile e grottesca variante alla sua inevitabile caduta.
Opzione, purtroppo, non accolta dal destino.
Cadde sul piede sinistro che si stortò al rovinoso intrecciarsi del vestito. Non ci credeva nessuno ma era vero. La più brava, la migliore, era caduta. Qualche volta succede. Ma non poteva succedere a lei.
Nella ressa generale, in un silenzio impostato e falso fra risatine avvelenate e mormorii, lui le si avvicinò, in mezzo a tutta quella gente, mentre lei, ritrosa ed antipatica come quando era bambina, non voleva saperne dell'aiuto di nessuno.
Voleva, doveva rialzarsi da sola e proseguire la sfilata. Voleva vincere comunque.
Voltò il collo verso sinistra e con la coda dell'occhio incrociò il suo sguardo protettivo. Senza pensarci un attimo, vinse la battaglia con il proprio ego e gli tese la mano.
Lui, con la stessa delicatezza di allora, la sollevò come se quella foglia gialla d'autunno non si fosse mai consumata e dopo averle sorriso, se ne tornò a postò perché la sfilata doveva ancora cominciare e lei non poteva perdere.

sabato 10 agosto 2013

PENSIERI DI DIO, PENSIERI DELL'UOMO

Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie" ( Is 55,8-13)
In questo passo del profeta Isaia c'è tutto quello che separa, o meglio dire unisce (per chi lo vuole come me) l'uomo da ciò che non può essere compreso, ciò che non può essere anche spiegato, nelle gioie e soprattutto nei dolori della nostra vita quotidiana.
E sta a noi capire tutto questo accettando la sua volontà, anche quando è più difficile, anche quando è più dura. Lo strumento che ci è stato dato è rigenerante, meraviglioso, purficante: la preghiera.
La preghiera fatta col cuore ci permette di poter chiedere a Dio di aiutarci interfacciando i nostri pensieri ai suoi: non arriveremo mai, in questa vita, a decifrarli, ma possiamo inviargli i nostri in modo tale che lui, che tutto può, comprenda e adempia la sua volontà sempre e solo per il nostro bene.
I pensieri di Dio sono più a lungo respiro, per l'eternità, per il bene di tutti, i pensieri degli uomini sono egoistici, materiali, legati alla soddisfazione di un bisogno momentaneo indiviudale. Esattamente l'opposto...
Ma pur non comprendendo la "sostanza" dei suoi pensieri, quello che sta dietro a certi fatti apparentemente incomprensibili oltre che non accettabili, esiste solo un modo per avvicinarsi al raggio dei suoi pensieri, all'ampiezza infinita delle sue vie: è sempre lei, è sempre la preghiera.
La preghiera libera il nostro spirito, perché noi siamo anche spirito, dovremmo ricordarcelo bombardati come siamo di materialismo, perché i nostri corpi si polverizzeranno e si mescoleranno nel freddo terriccio di una tomba,
ma la nostra anima salirà alta nel cielo come spirito d'amore.

venerdì 2 agosto 2013

IL TOCCO DELLA PIOGGIA

Pioveva. Anche forte. In quello stretto viale fra birrerie e pub d'ispirazione vagamente irlandese, lo stava seguendo da lontano, mentre nel suo passo lento e cadenzato, lui, la sopravanzava.
In silenzio, nelle zone d'ombra fra le luci artificiali dei locali, sentiva il rumore di quei tacchi austeri battere sul terreno bagnato, l'andatura di lei così ferma e perentoria, mentre in lontananza riecheggiavano rumori di sirene.
Non riusciva ad avvicinarsi. Lui sapeva che rallentando avrebbe lasciato campo al loro incontro. L'aumentare frenetico dei battiti del suo cuore moltiplicava l'affanno schizofrenico dei suoi respiri, mentre lei, imperturbabile, guadagnava metro su metro, centimetro su centimetro. Lo raggiunse.
Protese la sua mano destra dalle unghie pintate di uno smalto color oro, così stridente rispetto al grigiore di quella serata autunnale, sulla spalla destra di lui. Al solo tocco avvertì quel brivido che ti trapassa dalle viscere fino al centro dell'anima, in quella strana sensazione di distacco fra corpo e spirito.
Si voltò, lei, i suoi capelli fradici arruffati dalla pioggia, davanti a lui, nella disarmante bellezza del suo sguardo. Lui, i suoi occhi affossati, che s'incrociarono in un istante davanti a quelli di lei, nell'attesa del verbo dopo il silenzio
"Perché", gli chiese lei.
Le tolse piano la mano dalla spalla, la osservò, l'accarezzò dolcemente sulla guancia, e se ne andò, in silenzio, sotto la pioggia.

giovedì 1 agosto 2013

NELLA VIRTUALITA, ANCHE TANTA LUCE

Nel teatrino virtuale dei social network, dentro i quali siamo tutti attori più o meno protagonisti, esiste la possibilità di lasciare la porta aperta alle sorprese che la vita ogni tanto ci regala. E spesso sono anche sorprese positive.
Appurato il fatto che Facebook sia un calderone, un tritatutto in cui immagini ed emozioni vengono prodotte cliccate, archiviate e cancellate a ciclo continuo, non posso fare a meno di considerare quelle che a pieno titolo sono le luci nascoste dentro il vuoto che spesso appare davanti ai nostri occhi ogni volta che accediamo al simposio virtuale per antonomasia.
Le luci nascoste sono quelle persone che in silenzio, quasi furtivamente, riescono a trasmettere quelle energie positive, quelle spinte necessarie cosi forti da far cancellare tutto il mare di superficialità che ci circonda. Sono persone speciali, lo vedi, te ne accorgi fin dall’inizio anche quando hai la giusta ricettività per chi, per certi versi, è simile a te avendo un’accordatura dello strumento dell’anima sempre tesa, sempre pronta a disporre nuove partiture, sempre pronta a volare.
Con questo, in nessun, modo, intendo dire che la virtualità sia meglio della realtà (anche se a mio avviso la realtà non esiste, esiste solo il modo in cui noi la percepiamo). Esiste però la possibilità di poter interagire con persone che non si sono mai conosciute in carne ed ossa ma con cui è bello condividere emozioni, situazioni, sentimenti e speranze.
“Condividere”. Che verbo meraviglioso, unisce, stringe forte, trasmette positività e voglia di avere un obiettivo comune. E lo si può fare anche nella “virtualità” quando si conoscono persone che conoscono il significato di questa parola perché è la nota principale che parte dallo strumento dell’anima, quella che da il là al componimento perfetto che renda la vita degna di essere vissuta.
Dedico questo mio scritto all’amica “virtuale” (le virgolette sono d’obbligo) Simona, e ringrazio la mia amica Antonella per avermi insegnato, e non dal punto di vista etimologico, il significato della parola “condividere”.

martedì 30 luglio 2013

VI GUARDO DORMIRE

Vi guardo dormire nel respiro vostro affannoso
sognate come bimbi nel silenzio del mattino
da quella finestra scorge una luce furtiva
mentre le vostre mani s'incrociano beate
Vi guardo dormire nel rispetto del momento
vi girate e vi muovete aspettandovi l'un l'altro
da quella finestra s'impone la luce sulla stanza
mentre il tempo passa ed un nuovo giorno si avvicina
Vi guardo dormire, i vostri pensieri stretti stretti
mentre io, lontano, mi perdo in un sorriso,
e preparo la strada verso il mio cammino

IL NULLA

Oggi è una di quelle giornate in cui mi sento vuoto, privo di contenuti, superficiale e melenso. Quando è così è meglio lasciare spazio al silenzio, anche se il mio desiderio di scrivere, di condividere, di realizzare è forte, ma ora devo pensare un po’ anche a me. Ci rivediamo, per chi ha la pazienza di leggermi, in giornate migliori. Oggi sento il nulla dentro di me. Ed io del nulla, non so che farmene.

lunedì 29 luglio 2013

UNA MATERIA DA IMPARARE

Mi rendo conto che dopo due tragedie come quella dell'incidente ferroviario in Spagna, e quella di ieri sera del bus in Irpinia, diventa difficile e forse inopportuno "filosofeggiare" troppo sulla vita, sulla morte, sui perché avvengano queste cose. Quello che possiamo fare, nelle nostre vite terrene, è capire cosa ci può far stare bene, cosa può dare un senso alle nostre vite, e soprattutto capire quanto sia necessario amare la vita, quando essa è ancora in corso, nella speranza di un secondo tempo lassù (io ci credo) al di là degli inevitabili affanni, delle fatiche e sofferenze di questo nostro cammino terreno. A me fa bene ad esempio, nel mio piccolissimo, percepire persone che sanno cosa sia l'anima, la sentano, la respirino, e ne esaltino il motore portante, ovvero: l'amore. Tutto sembra molto semplice a dirsi,
lo so, assai più difficile, anche per chi scrive, da mettersi in pratica. Per restare in tema, uno degli autori che più ha influito sul mio cammino a livello umano è Leo Buscaglia. Il nome di per sé non dice molto qui in Italia, ma chi lo conosce (negli USA è amatissimo ancor oggi) e lo ha letto sa che stiamo parlando di un uomo meraviglioso, la cui luce dell'anima irradia nei suoi scritti a distanza di tanti anni ormai dalla sua scomparsa. Scoprii un suo libro per caso mentre cercavo altre pubblicazioni legate alla mia tesi di Laurea in un pomeriggio estivo assolato del 2002. Il libro aveva un titolo semplice, diretto, a vederlo cosi' forse persino banale, ovvero "Amore". Con il mio solito scetticismo legato ad una punta di congenita malfidenza lo comprai, dopo aver sbirciato furtivamente alcune paginette, operazione che non si dovrebbe mai effettuare all'acquisto di un libro, ma dato che non si trattava di un romanzo, né tantomeno come inizialmente pensavo di un "manuale sull'abbordaggio", decisi di acquistarlo con convinzione ed estrema curiosità. All'epoca ero molto giovane e soprattutto, non mi vergogno a dirlo, pieno di pregiudizi ed assolutamente bloccato sotto tanti punti di vista. Un vero e proprio freno a mano "umano" tirato che cammina. Quel libro lo "divorai" in tre giorni e fu uno dei pochi che cambiò la mia vita, ed il mio modo di vivere le relazioni con gli altri, anche quando tutto pareva più difficile, anche quando occorreva superare degli scogli apparentemente insopportabili, tipo il pregiudizio, la maldicenza, e soprattutto la paura che condiziona le nostre esistenze. Non fu semplice, non fu istantaneo, ci volle tanto tempo, tanta volontà, tante cadute, tante sbucciature sulle ginocchia per poi rialzarsi, come diceva sempre Leo nei suoi libri. Leo Buscaglia fu il primo professore ad istituire una cattedra universitaria sull'amore. Attenzione, l'amore inteso come sentimento "tout court", il cosiddetto "amore universale" (espressione a volte un filo abusata, ma non nel suo caso) non come mera dinamica di amore di coppia o quant'altro. Per quello, esistono, come già accennato, manuali e vademecum di ogni genere ovunque. Le sue conferenze sono visualizzabili su you tube in rete, e quando le vedo mi commuovo per la passione che sprigiona, per l'amore vero che diffonde e su come riesca ad insegnare quella che dovrebbe essere una materia da imparare, visto che noi occidentali siamo assolutamente incapaci di amare, come spesso ricordava Madre Teresa. "Siamo diventati tutti diffidenti, abbiamo tutti paura di sorriderci, di toccarci, di frequentarci. Sembra che stiamo tutti morendo di solitudine." No, non sono frasi mie, ma questa sera le rendo mie perché le sento mie, sono vere, e lui mi ha regalato questi insegnamenti che io vorrei, per chi legge, trasmettere a voi attraverso la pubblicazione della foto che dovreste vedere, ovvero una pagina tratta dal suo meraviglioso libro "vivere, amare, capirsi".

mercoledì 24 luglio 2013

EQUIDISTANZA, SOGNI, DESIDERI E CHIMERE

Quando non si ha molto da dire, meglio restare in silenzio, scrivevo l'altro ieri. Qualche volta succede anche a me, qui, in questa isola di libertà. Ho mille idee che mi frullano per la testa, ma mai come questa sera sono appiccicose e poco produttive come il caldo che le avvolge. L'attualità la vediamo ogni giorno, i telegiornali e internet ce la descrivono cosi bene. Aggiungere altro significa solo gettare legna sul fuoco della paura, dell'inquietudine, della negatività. E quel fuoco non ha bisogno di supporto, del mio supporto. Io vorrei solo poter essere un messaggero di buone notizie e vivere al di là del bene personale, come in una sorta di equidistanza da tutto e da tutti, senza buonismi né ipocrisie. Spero un giorno di crescere anche io. Non ho mai scritto un racconto d'amore, o addirittura erotico. Magari un giorno lo farò. Poi c'è sempre quel sogno, chiamiamolo progetto, chiamiamolo desiderio o chimera, ambientato a Las Vegas, quegli spari, un Re che si piega,si rialza a fatica, poi cade di nuovo, quel sangue che zampilla dal vestito gioiellato... Forse un giorno, chissà...

lunedì 22 luglio 2013

IN SILENZIO, IN DISPARTE, SILENZIOSI, SPERANZOSI...

Oggi ho voglia di scrivere. E io mi conosco bene. Quando ho questo “desiderio” devo lasciar andare me stesso nel modo che mi viene più naturale, non so se è un bene o un male, so solo che è come il libero fluire dirompente dell’acqua da una cascata, mentre le mie parole non vogliono e non devono avere freno, perché questo mi fa stare bene, anche se un tempo dissi che qui non avrei mai parlato di me....Di fatto, non mi metterò a nudo anche questa volta, perché tanto sono sempre scoperto e senza maschere, specie quando mi dedico alla scrittura. Mi piace riportare tutte le immagini che la mia mente pensa quando scrivo, d’improvviso, di getto, in una serata milanese calda e appiccicosa, e la mia voglia di riportare, come in un quadro, questi “flash” visivi fa sì che possa esprimere la mia visione della realtà, tenendo conto che in fondo la realtà di per sé non c’è, esiste solo il modo in cui noi la percepiamo ed interpretiamo gli avvenimenti della nostra vita. In questa nottata afosa ho incrociato donne coperte dalla testa ai piedi, uomini che urlavano, altri soli coi loro problemi mentre la mia mente pensava e ripensava, non so spiegare il perché, ad una ragazza bionda, un vestito nero attillato, la pelle abbronzata, e l’infermabile desiderio di un bacio sotto il tronco di un albero mentre il vento avvolgeva delicatamente quei due corpi. Non era un mio desiderio, era un pensiero che ho avuto in quel momento, un pensiero positivo, di luce, fresco, libero e semplice. Non ero io quell’uomo, non so chi fosse quella donna. La mia auto lentamente entrava nel garage. E’ necessario fermarsi, a volte. Come scrissi tempo fa, quando non si ha niente di dire è meglio tacere, restare in disparte, silenziosi, speranzosi, evitando di essere ridondanti e protagonisti a tutti i costi, rischiando di cadere nell’egocentrismo e nella voglia di protagonismo a tutti i costi. E’ un gesto di saggezza, di maturità, per fuggire dalla lobotomizzazione dei sentimenti, dalla ripetitività dei gesti eclatanti, per distinguere, come diceva quel mio prof (e non è la prima volta che cito questa sua frase) di scuola, “le cose che contano dalle cose che non contano”. Ho voglia d’imparare a capire quali sono le cose che contano.

LA SPERANZA CON CUI VIVERE, LA GIOIA CON CUI CRESCERE

Viviamo lobotomizzati. Io per primo. Diamo importanza a cose effimere, ci arrabbiamo per cose effimere,abbiamo perso il contatto con la realtà dentro il nostro egoismo, la nostra indifferenza. Oggi ho incontrato una collega in ascensore. E’ scoppiata in lacrime. Io la ragione la conoscevo da tempo, vederla così mi ha tanto rattristato, ma è stato un segnale. Io credo ai segnali. Arrivano dall’alto, sono quelli che mi fanno capire che è giunto il momento di stare più vicino a chi soffre, di pensare un po’ meno a me stesso e dedicarmi, per quanto è possibile di più agli altri. Come vale per me, sono certo valga per tutti. Viviamo così, agendo meccanicamente, mangiamo, beviamo, ci messaggiamo freneticamente,
ci divertiamo, scherziamo, facciamo l’amore, accumuliamo. Sì, accumuliamo beni, mettiamo da parte cose che poi non utilizziamo, restano là perché sono un ricordo…Ma quel ricordo svanirà e allora tanto vale viverle le cose, come gli oggetti stessi, di cui spesso siamo schiavi del e nel ricordo. Tutto finirà. Per fortuna, come diceva Lui, tutto passerà ma le mie parole non passeranno. In quella speranza dobbiamo vivere, con quella gioia dobbiamo crescere. Non vedo alternativa. E’ alle sue parole che io mi affido, nei miei limiti, nei miei errori, nella mia incostanza nella preghiera, nella mia incostanza come cristiano. Lo stesso auguro a chi mi legge di fare, anche a chi non ci crede.

domenica 23 giugno 2013

LA PORTA STRETTA

Da un po’ di tempo non scrivevo qui. La pigrizia, la volontà di dedicarmi ad altre attività, non necessariamente più interessanti ma sicuramente meno impegnative, mi hanno fatto un po’ trascurare questo spazio a cui tengo moltissimo e a cui forse dovrei dedicare maggior tempo ed energia. Questo cappello introduttivo non l’ho pensato a caso, ma si lega a doppio filo a quanto oggi ho avuto modo di ascoltare durante la messa domenicale, un momento importante, un momento di comunione fra le persone al di là del significato più strettamente religioso e rituale che viene dato al termine stesso. Nel commento al passo scelto (dal Vangelo di Luca) il parroco evidenziava la nota esortazione di Cristo a passare attraverso la porta stretta. Un’affermazione, fra le tante sue, così attuale, così viva nel nostro presente , sembra sia stata detta ieri l’altro, sono passati più di duemila anni. Non è uno dei passi più significativi del Vangelo di Luca, forse nemmeno di quelli da ritenersi stilisticamente più belli, ma è di una verità indiscutibile, ancor oggi, a distanza di oltre duemila anni, rispecchia fedelmente quel bivio a cui è costantemente posto l’essere umano, oggi, come allora, sempre diviso nella scelta fra una strada “facile”ed apparentemente scorrevole, fatta di compromessi, meschinità, bugie e maldicenze, la strada del male, ed una strada altresi’ irta di difficoltà, di cadute, di affanni, compensati ed illuminati da quel motore che ogni volta ci permette di tornare a viaggiare, a testa alta e con orgoglio, per affrontare nuove difficoltà, e nuovi ostacoli ed uscirne vincitori: l’amore. Passare per la porta stretta significa percorrere la seconda strada. In questa società individualista ed egocentrica, non siamo più abituati ( e lo dico anche per me ) ad apprezzare quello che abbiamo, che spesso è molto più di quello che pensiamo di avere. Mi viene in mente in questo senso una frase di una persona che alcuni mesi fa mi salutò di prima mattina (era un lunedi’) e mi disse: “ Beato te che sei sempre sorridente (P.S non è vero!) di prima mattina, anche oggi che è lunedi’”. Vedendola dal suo punto di vista capii il senso di quell’affermazione, dovuta appunto alla stanchezza dei nostri tempi, alla difficoltà forse di apprezzare quello che già abbiamo, al fatto che il week end era finito e bisognava tornare a guadagnarsi da vivere. Ma senza presunzione pensai che non ero io quello che sbagliava. Forse nemmeno lui, il suo era un comportamento “umano”. Mi resi conto che ero al lavoro, di questi tempi quasi un privilegio, mi stavo bevendo un caffè e tutto andava bene. Insomma, ho visto situazioni peggiori, ci sono situazioni molto peggiori. Passare per la porta stretta significa rinunciare alla strada ingannevole del male. Sembra una frase fatta, di un’ovvietà disarmante, ma non lo è. Ogni giorno che passa mi accorgo che solo faticando, solo lottando, solo credendo in un certo tipo di valori è ancora possibile passare per quella porta. Sbagliando. Perché tutti sbagliamo, io per primo, ed è solo sbagliando che possiamo avere la consapevolezza di poter riprendere il nostro cammino verso la strada giusta, passando per la porta stretta.

mercoledì 15 maggio 2013

ALLENAMENTO, COSTANZA E VISUALIZZAZIONE

Ci sono giornate che nascono un po’ storte. Succede, come in quella di oggi, ma ho imparato un mio piccolo segreto per riuscire a svoltare, a raddrizzare,anche quei giorni in cui tutto sembra girare per il verso sbagliato. In primis, dividere la giornata in ore, e fissare un obiettivo per l’ora successiva. Non si tratta certo di una scoperta straordinaria, me ne rendo conto. Eppure funziona. Un obiettivo che se raggiunto può sicuramente far dimenticare tutto quello che nelle ore precedenti non è andato come volevamo e a tirarci su. Un po’ come diceva Ford, un grande compito risulta meno difficile se frazionato in “compitini”, o meglio dire, piccoli segmenti. Non tutte le giornate sono uguali , questo pensiero mi reca sollievo perché pur sembrando un luogo comune è la pura verità. Tutto cambia, tutto muta, ed ogni giorno ha caratteristiche diverse dall’altro. La nostra mente tende a catalogare tutto, e chissà perché, ha una certa predisposizione solo a ricordare gli eventi negativi. Forse dovremmo tutti allenarci a ricordare gli eventi positivi, quelli che hanno prodotto dei risultati positivi, seppur in ambiti diversi, e ripeterli, fino ad ottenere dei nuovi risultati positivi. Ogni tanto mi alleno ripensando a quei pomeriggi da studente in cui , per usare un’espressione cara di quel periodo, “mi mettevo sotto” coi libri e trascorrevo pomeriggi a rileggere, sottolineare, a ripetere come un pappagallo, spesso con un sottofondo di musica classica che serviva a darmi il ritmo giusto. La voglia di riuscire, di superare quell’esame e di vincere quella partita, mi faceva visualizzare l’obiettivo da raggiungere, e con quell’immagine mentale stampata in testa riuscivo a superarlo poi l’esame, e così quello successivo,fino al raggiungimento del traguardo finale. Come in tutte le situazioni della vita, ci vuole allenamento. Senza costanza non si va da nessuna parte,in nessun campo della vita.

martedì 14 maggio 2013

USCIRE, RITROVARSI E CONOSCERSI

Mi stanca dover parlare di fatti violenti di questi giorni. So solo che pensare di perdere la vita perché un pazzo ti prende a picconate all’improvviso mi lascia assolutamente attonito e costernato. Vorrei invece parlare di tutta la gente che ho incontrato lungo la martesana domenica scorsa, nella mia lunga camminata sotto un piacevole e caldo sole primaverile. Ho rivisto famiglie, tanti ragazzi, ma anche tanti nonni insieme, in bicicletta, mentre nel putrido e verdastro canale trovavano comunque spazio anatre, e soprattutto tante nutrie Fin qui nulla di sconvolgente, se non riscoprire che appena arriva la bella stagione abbiamo tutti bisogno di stare all’aria aperta, di stare a contatto con la gente, di guardarci, di toccarci, di sorridere. Questa è l’era della virtualità, dei rapporti finti e digitali, meno male che la primavera e l’estate invogliano a uscire dalla spirale virtuale che ci sta avvolgendo sempre più, me incluso, e lo dico assumendomi tutte le colpe del caso che so di avere. Viviamo perennemente condizionati dalla marea di informazioni che Facebook e Twitter (ma quest’ultimo è per me più utile per comunicare, a differenza dell’altro) ci propinano ogni giorno. In particolar modo Facebook è divenuto la valvola di sfogo per frustrazioni di ogni genere, quasi un modo per dire al mondo “ohi, guarda che anche io esisto, ci sono anche io”. Non ci sarebbe nulla di male in tutto questo, peccato che spesso si manifesti con bestemmie, insulti, maldicenze, insomma tutto il campionario di cattiverie che domina il genere umano dalla notte dei tempi e che illude di rendere tutti noi più forti ogni volta che lo utilizziamo. Peccato, appunto, che sia una pia illusione. Un caro amico giornalista dice che il bene batte il male 2-1 ai tempi supplementari. Forse ha ragione, ma vorrei che ci allenassimo tutti, a partire da chi scrive, per fare in modo che nelle partite da disputarsi contro un avversario scorretto e sleale, si riuscisse ad avere la meglio già nei tempi regolamentari. E allora usciamo, troviamo lo spazio per stare a contatto con la gente. Quando il povero Mino Damato diceva, con grande coraggio “se avete la possibilità di uscire di casa stasera fatelo, state insieme,ritrovatevi in piazza, non guardate la televisione” lo faceva anche e soprattutto a discapito dell’ascolto per la sua trasmissione. Ma trasmetteva un messaggio di unione fra le persone, già vent’anni fa la televisione aveva reso le persone degli animali solitari, oggi ci pensa internet ad acuire tutto questo, permettendo a differenza del tubo catodico di interagire con altri animali solitari, riuscendo cosi nell’impresa non di creare compagnia, bensì in quella di sommare una, due, o più persone sole, per non dire “animali” solitari. Godiamoci il sole, finchè resta, e se non possiamo, in quei momenti liberi che ci restano, sorridiamo al cielo, e se fuori piove ok restiamo a casa ma leggiamo un buon romanzo, guardiamo un buon film. E per chi ci crede, preghiamo ed impariamo la parola di Dio. Quella male mai non fa.

venerdì 10 maggio 2013

L'IDEA CHE TU ESISTA

Mi lascio abbandonare all’idea che tu esista in un luogo lontano, sciogli i tuoi capelli al vento mentre fuori piove e tutto il mondo sembra tacere Mi lascio abbandonare all’idea che tu esista sola, sorridente, aspetti fiduciosa quella luce mentre fuori tutti corrono e nessuno sembra tacere Mi lascio abbandonare all’idea che tu esista tanto bello sognarlo nel riflesso dei tuoi occhi mentre te sola, silenziosa, aspetti e ti abbandoni alla sola idea che io esista

lunedì 6 maggio 2013

AUTENTICO E SINCERO, LIBERO E TRASPARENTE

Nelle mie riflessioni quotidiane, in particolar modo quando mi abbandono a lunghe camminate lungo il Naviglio con l’immancabile musica nelle orecchie, c’è spesso spazio per un pensiero affascinante e un po’ complesso, quello legato all’amore di coppia. Altre volte in questo spazio ho parlato d’amore, dilungandomi maggiormente sul concetto d’amore per me più importante, ovvero quello “universale”, legato ai gesti, alle azioni, alla sfera religiosa, lasciando invece da parte quello più frequentato nei salotti e forse più trattato nei libri di psicologia, quello dalle facili etichette nonché dalle situazioni legate al menage uomo-donna, uomo-uomo, donna-donna, e via discorrendo. Oggi, al contrario, mi piace pensare al rapporto di coppia, all’amore che improvvisamente (più o meno) accende due persone e le fa stare insieme, le unisce, in una magia che resta per molti versi inspiegabile se non al di là di un’analisi superficiale legata alla mera attrazione fisica. Quella può unire chiunque, soddisfare un per carità legittimo (più o meno) bisogno momentaneo, ma inevitabilmente, essendo momentaneo, è fugace, non duraturo, non lascia tracce, mentre l’amore è di per sé un segno distinguibile, è quella linea a volte continua altre tratteggiata che solca inevitabilmente il percorso della vita di due persone, per un tempo più o meno lungo. Già, un tempo più o meno lungo, e quante parole sono state scritte, quante riflessioni, quanti trattati, ed ancora nessuno è riuscito realmente a capire essenzialmente come funzioni se non, soggettivamente, chi lo vive, nella propria esperienza, con le proprie gioie e ahimè, come è inevitabile in questa nostra vita terrena, i propri dolori. Non sono uno psicologo, non conosco le dinamiche della mente ma ho avuto un po’ d’esperienza tale da accorgermi che il modo in cui viene vissuto cambia a seconda dell’età. Come già dissi in un altro mio intervento, l’impeto con cui vivi l’amore a sedici anni è assolutamente ineguagliabile, mentre a trenta per molti si trasforma in qualcosa di più ragionato, di più misurato, per non dire (spero di non essere frainteso) “calcolato” o calibrato. Sempre ammesso che l’amore, quello vero, possa essere “calcolato”. Se si ama, si ama totalmente, senza freno a mano tirato. Ma è solo un parere personale frutto della percezione con cui la vivo. Come affermo spesso, posso sbagliare anche io….Ma solo qualche volta…  In questi giorni assistiamo inermi alle notizie tragiche dei notiziari legate al continuo ripetersi di episodi di violenza efferata e sanguinaria contro le donne. La maggior parte di essi sono addirittura omicidi da parte di ex fidanzati o mariti perlopiù lasciati dalle loro rispettive compagne, che esasperate arrivano al passo sacrosanto di lasciare i loro partner, o perché l’amore è finito (e può finire, come tutte le cose di questo mondo), o perché desiderano avere un amore vero con una persona che le ami veramente. L’amore non è possesso. L’amore non è violenza. Almeno per me. Nessuno è nostro. Spesso si confonde questo sentimento, che dovrebbe essere puro e legato da nessun condizionamento (più volte ho scritto che gli esseri umani amano con la “condizionale”, e continuo a pensarlo, ergo “ti amero a patto che…ti amerò se tu amerai me…”, pazzesco…) e lo si associa all’idea di un sentimento che obbliga al possesso. Occorre ripeterlo, nessuno è di nessuno. Mi rendo conto che è difficile, quando ami davvero il terrore di perdere qualcuno spesso travalica il sentimento che si prova davvero. Si dice che è il troppo amore a far perdere il lume. Certo che lo è. E’ il troppo amore per se stessi però, per il proprio benessere, per la propria apparente felicità. Ma non per quella altrui. La vita di una persona, in ogni caso, vale molto di più di un abbandono, che non è mai definitivo da parte della vita. Quante volte abbiamo sentito dire “non troverò mai una o uno come lui o lei” e poi, mesi dopo, magari anni dopo, trovare la stessa persona felice con un altro partner al suo fianco. Credo che la vita offra sempre nel suo percorso altre possibilità, magari anche migliori di quelle precedenti. Chiudo con un ultimo pensiero, legato all’autenticità del sentimento. In un rapporto di coppia vero questo deve essere trasparente, lineare, essenziale nella sua semplicità, perché in quanto autentico travalica da ogni egoismo. Anche da quello che ahimè ogni tanto vediamo dominare in qualche coppia apparentemente felice, ma che antepone il proprio desiderio di non rimanere da soli a quello di vivere una storia autentica, una relazione autentica, un amore autentico. L’amore è al di là di ogni esigenza, nella sua spontaneità, non può crescere in un’ottica egoistica. C’è quando è sincero, unico, esclusivo, dirompente, il più possibile reciproco in un rapporto di coppia. Quando è universale, come piace a me, basta solo che sia donato. Gratis.

giovedì 25 aprile 2013

LIBERARSI E LIBERAZIONE

Milano oggi è bellissima. Lo dice uno che non la ama tanto, che sogna di vivere a Roma, innamorato del clima capitolino ignorando forse che è una citta ancor più invivibile di quella meneghina. Resta il fatto che c’è il sole, il cielo è insolitamente azzurro, in attesa di altre piogge previste per i prossimi giorni, ma meglio non pensarci, tanto il sereno tornerà… Io non so cosa significhi il 25 aprile, sono molto ignorante in questo senso ed è grave. So però , per quello che ho imparato sui libri di scuola, che è una data importante, una data che dovrebbe unire tutti noi contro ogni forma di totalitarismo, anche quello economico e mascherato che stiamo per cervi versi vivendo oggi. Non ci sono alternative. Per avere fiducia nel futuro occorre tornare alle origini e allo stile di vita delle persone di quel periodo. Senza ovviamente ricorrere alla guerra o riecheggiare la miseria. Per carità. Bisogna semplicemente ritrovare l’amore per le cose semplici, ringraziare sempre la Natura, o se ci credi come me Dio per quello che abbiamo, che è comunque molto rispetto a certi paesi in certe zone del mondo. Ritrovare l'unione, ritrovare la famiglia. Liberiamoci poi dalle catene del cervello, che silenzioso elabora immagini negative e ce la spiattella davanti come fossero la realtà. Ma la realtà poi è solo come noi la vogliamo percepire. Le difficoltà ci sono, ma si affrontano. Se le si ingigantisce ulteriormente, si perde in partenza e non ci si "libera" mai. Io faccio molta fatica in questo periodo, ma è un obiettivo che voglio portare a termine per stare bene, per compiere la mia missione in questo mondo. Per questo occorre perdere poco tempo e sfruttare questa giornata all’aperto, laddove è possibile, e credere nell’amore. Anche questa, forse, è liberazione.

martedì 9 aprile 2013

DIECI ANNI FA, OGGI, CON LEGGEREZZA…

Oggi mi permetto un breve excursus su un ricordo a cui sono tanto affezionato. Di fatto, dieci anni fa oggi correva il giorno della mia laurea. Faceva freddo quella mattina del 10 aprile 2003. Più o meno c’era lo stesso clima uggioso e invernale di oggi. E come la notte appena trascorsa, anche se per motivi molto diversi, di dormire non se ne parlava nemmeno... Non vorrei scrivere un contributo retorico, non penso di esserne capace, mi piace solo riecheggiare alcuni di quei momenti di quel giorno come un flash, con immagini a volte un po’ sbiadite del tempo che inesorabilmente passa e che ci permette però di rivivere, grazie ai supporti tecnologici, scene, situazioni, emozioni con una prospettiva diversa, di sicuro, con una consapevolezza ed una maturità (si spera) legata ahimè all’aumentare degli anni. La sveglia come oggi puntata alle sei, la solita frenesia quasi fantozziana nel lavarsi e nel vestirsi, con i consueti dubbi lofiniani sull’adeguatezza del vestito o meno, e con la certezza dello spuntare di qualche brufolo inatteso come ospite sgradito a fare da corollario alla discussione. Non posso dimenticare quel Taxi, la scomodissima Fiat Multipla che sotto una pioggia battente trasportò me ed i miei genitori da casa alla sede centrale dell’Università, l’arrivo di tutti gli amici e i parenti, la discussione, il mio relatore che solo un anno dopo, purtroppo, sarebbe prematuramente scomparso, il presidente di commissione nonché capo istituto, in pratica buona parte dell’equipe dell’istituto di Iberistica dell’epoca davanti ai miei occhi, insieme ovviamente ai commissari esterni. Dietro di me, tante persone, tanti sorrisi, tanto affetto, ma io non vedevo e non sentivo nulla. Alla fine, come in tutte le situazioni della vita, sei da solo, e sei solo tu che le affronti e solo tu sai come poterle vincere e controllare. Tornai a casa con una sensazione di leggerezza, la stessa che provi quando sfogli la pagina di un libro dalla carta sottile e passi all’altra, quasi senza pensarci. Oggi, a dieci anni di distanza, mi accontento di ricordare ma soprattutto di vivere le stesse sensazioni, ricevere e ricambiare (almeno ci provo) lo stesso affetto, ma soprattutto provare la stessa sensazione di forza nell’affrontare le prove del tempo che passa. Il tutto con estrema leggerezza.

lunedì 1 aprile 2013

LA SOLUZIONE

Capita a volte di essere tristi, di avere paura. Oggi io mi sento cosi’. Succede anche a me, in questo inverno che sembra non finire mai, in queste giornate grigie e fredde, con la voglia di starsene sotto le coperte, a dormire, a pensare, a ricordare. Se c’è una cosa che mi piace della mia età è la consapevolezza raggiunta. Ormai so cosa è la vita, so come è fatto il mondo e non mi sorprendo più di tante cose. Forse è per questo che in giornate come oggi rimpiango un po’ quell’età (e non parlo di tantissimo tempo fa ) in cui ancora quella consapevolezza non c’è l’avevo. Sognavo ad occhi aperti, e realizzavo tardi che la vita è un susseguirsi di emozioni, un susseguirsi di pietanze, alcune dolci, alcune salate, alcune, ahimè, amare. Il solo rimedio per tutto questo è vivere nell’amore. Non avrò pace fino a quando non avrò capito questo, e per una volta mi lascio andare ad una considerazione diretta e personale. Non mi piace avere paura, voglio vivere sereno, nelle difficoltà, con la gioia che solo l’amore può dare, al di là di tutte le cose inutili che mi circondano, di tutti i pensieri e le azioni insignificanti che provano a dominarmi, e ultimamente, ahimè, sembrano riuscirci. Mai come in questo momento abbiamo tutti bisogno di stringerci forte e di un sorriso che ci illumini, al di là delle paure, al di là delle incertezze. Ho combattuto, e continuo a farlo, con un nemico invisibile chiamato paura. Quando sono riuscito a vincerla, ho vissuto la mia esistenza compiutamente, nel bene, qualche volta commettendo sbagli perché santo non sono, ma con la consapevolezza di non essere bloccato da quel nemico invisibile. Non la accettavo, ora la riconosco e la lascio andare via. Parlavo prima di rimedi, di soluzioni. Le soluzioni sono molteplici, quelle efficaci, poche, legate a quella che in realtà è la soluzione, per me, per tutti coloro che ci credono: Dio, e nello specifico Gesu’, Dio che si fa uomo per noi, che sorride a noi mostrando che noi possiamo arrivare a lui identificandoci in lui. Se solo riuscissi a stampare meglio nella mia testa questa immagine, quel nemico invisibile non potrà mai più, appunto, farmi paura. Ma evidentemente ogni cosa ha il suo tempo, ogni vino ha il suo tempo di maturazione e nel mio si necessità di una vendemmia più lunga, di una fermentazione più elaborata, nella ricerca della soluzione. Nel sorriso di Papa Francesco recuperiamo la soluzione, che è l’amore, quell’amore non legato al possesso ma al desiderio di stare insieme nella gioia, nella condivisione, nell’accettarsi, nel capire come è bella la vita che è un dono meraviglioso e che anche io, malgrado i miei errori, e tutti voi, insieme, abbiamo trovato la soluzione. Buona Pasquetta a tutti

martedì 26 marzo 2013

FINIRE PER RICOMINCIARE

Cerco laddove mi è possibile di dare un senso alle cose che faccio. Laddove non ci riesco, la mia esistenza non ha senso. Per questo continuo a scrivere, non saranno capolavori, non importa, scrivo quello che sento, lo faccio con passione. Oggi è morto giovanissimo Claudio Lippi. No, non è il famoso e bravo presentatore (che peraltro tanto giovane non è più, ma non si offenderà di certo ovviamente) ma il meno noto suo nipote ed omonimo, un uomo di 42 anni che da anni lavorava come giornalista a Milan Channel, grande esperto di questioni rossonere oltre che tifoso del Milan stesso. Incidente stradale con la sua moto stamattina. Di fronte a queste notizie mi rendo conto di quanto la vita sia preziosa, e di come tutto possa finire da un momento all’altro, cosi, senza un apparente perché, forse perché tutto ha un principio e tutto ha una fine in questa vita per poi ricominciare altrove, lontano da questi pensieri, lontano da certi affanni. La lezione di oggi per me è importante. Unica. Da domani vorrei tornare a parlare di sentimenti. Quelli vivi, quelli veri, quelli che sembrano spariti. Crediamoci ancora.

giovedì 7 marzo 2013

SAGGEZZA? NO, ESPERIENZA

In queste giornate cupe, grigie, con questo Inverno che sembra non voler lasciare il passo ai colori della primavera, ripenso alla mia voglia di tranquillità, di serenità, al mio desiderio di voler vivere anche solo un giorno senza pensieri, senza problemi. Ma una vita senza problemi, senza malattie, senza lutti, non può esserci. Forse tutte queste cose esistono per darci la possibilità di poter apprezzare molto di più tutto quello che abbiamo intorno a noi, a capitalizzare al massimo i momenti di gioia che viviamo quando li abbiamo, a non abbatterci poi quando dobbiamo affrontare situazioni difficili. Io credo che avere la possibilità di stare con le persone che ci fanno stare bene aiuta a superare le difficoltà. Non sono un santo, commetto errori, ma so cosa è meglio per me e so quale onda per cavalcare per affrontare ogni tipo di situazione. Saggezza? No, esperienza!

domenica 3 marzo 2013

GRAZIE GIULIA, GRAZIE CHIARA

Quando ascolti storie come quelle di Giulia Gabrieli, o come quella di Chiara Luce Badano, la sensazione è quella di sentirsi piccolo piccolo, nel mio caso, in questo momento, mi sento quasi una formichina, in questi tre mesi di assenza da questo mio spazio, per recuperare la voglia di scrivere, il tempo di sognare e di sperare, in un mondo così frenetico, così loNntano dal cuore. Questo spazio diventerà più personale, più intimo, lo condividerò con tutti coloro che hanno piacere a leggermi, a condividere anche questo passaggio che non è una necessità di mettermi a nudo, ma solo la voglia di aprirmi ancor di più attraverso quello strumento unico che è la scrittura, cosi' pacato, così silenzioso, così meraviglioso. Chiara Gabrieli meritava una citazione particolare perché la sua storia, da me scoperta solo oggi, è un inno alla vita, alla fede, all'amore, è un inno al Signore. Tutto il resto non conta niente. Grazie Giulia per la lezione che mi hai insegnato oggi.