io e il mare

io e il mare

domenica 18 agosto 2013

VIVERE, RINASCERE, PREGARE.




Una bellissima canzone di Vasco Rossi di molti anni fa recitava "vivere, vivere, e pensare che domani sarà sempre meglio.."
In un verso c'è tutta l'essenza della vita, come andrebbe vissuta, come approcciarsi al nuovo giorno dopo magari una giornata meno positiva, un periodo meno positivo. Anche solo apparentemente, anche se la nostra mente lo interpreta in questo modo.
Ogni volta abbiamo la possibilità di rinascere. Di rinascere dalle nostre ceneri di tutti i giorni, dai nostri errori, dalle incomprensioni. Il tempo, veramente, guarisce tutto, io ne sono convinto.
In questi giorni, mi sento rinato perché so che malgrado tutto sono un uomo perbene, coi miei difetti, coi miei sbagli, ma le mie azioni sono sempre improntate al bene e mai a fare il male altrui. La mia sensibilità, che sono pienamente consapevole di avere ( e qualche volta mi ha fatto male ) è un dono che devo sfruttare meglio per aiutare chi ha bisogno di me ma senza lasciarmi troppo coinvolgere, perché ci vuole il giusto spazio per tutti.  Per una volta, solo una, mi sono lasciato andare a una considerazione personale su di me. Non lo farò più molto spesso, pertanto spero mi sia concesso da chi mi legge.
Non credo di avere nulla da insegnare a nessuno, se non il consiglio sempre di guardare avanti, di pensare in positivo sempre, ogni situazione è un'esperienza da vivere, sempre, con coraggio e dignità. Cercare sempre di essere onesti con se stessi e con gli altri, a testa alta, credere nei valori della vita, nel rispetto delle persone, ed affidarsi sempre al buon Dio laddove non si ha la possibilità di poter, con le proprie forze, risolvere i problemi propri o degli altri. Sapersi mettere in disparte quando serve, saper sorridere sempre e dare il giusto spazio in egual modo a tutti, perché tutti potrebbero avere bisogno di noi, e noi spesso ce ne dimentichiamo perché trattiamo alcune persone con esclusività, altre le trascuriamo perché non interessanti ai nostri occhi mentre invece tutte le persone devono essere considerate allo stesso modo, al di là ovviamente della priorità che va data agli affetti familiari.

Avere un approccio positivo alla vita basato sull'azione e non sul pensiero. I pensieri sono ingannevoli perché generano ansia e proiezioni sbagliate. Le cose non accadono mai come le pensiamo. E allora a che serve pensare? A nulla. Occorre agire, decidere, fare, vivere.  L'unico pensiero deve essere lo scopo della nostra giornata, degli obiettivi da portare a termine, da tramutare in azione. Decidere, agire partendo sempre dalla volontà di agire per il bene. E sorridere il più spesso possibile senza mai prendersi troppo sul serio. In fondo tutti possiamo sbagliare, e per chi ci crede come me non vi è maggior consolazione di sapere che esiste un padre buono che ci perdona sempre ricorrendo alla preghiera, la vera medicina di ogni male dell'anima con la quale a cuore aperto dovremmo tutti affidarci per consolare ogni nostra tribolazione, e per dedicarci all'unico scopo effettivo di questa vita terrena, ovvero l'amore.

giovedì 15 agosto 2013

ELVIS AND ME

Il modo migliore per ricordare Elvis, da parte mia, è questo mio articolo appassionato scritto quando ancora ero uno studente universitario, correva l'anno 2001, e descrissi fedelmente come nacque questa mia incrollabile passione per lui.
Era tanto tempo fa... Rileggendolo oggi mi faccio tenerezza da solo, ma è tutto vero, e quante belle emozioni meravigliose mi avrebbe regalato ancor dopo...Me ne manca solo una, ma ce la farò, basta crederci, arrivo anch'io Graceland....
Buona lettura
Dopo tanti interventi incentrati sugli argomenti più disparati riguardanti il mondo Elvis, bilanci sulle uscite discografiche e via discorrendo, ho deciso di raccontare a tutti voi come ho conosciuto Elvis e di come sia diventato una parte importante, se non addirittura imprescindibile, della mia vita.
Dobbiamo tornare indietro al Settembre del 1990, e chi scrive aveva solo quattordici anni ed era un ragazzino timido, impaurito, che usciva dalle scuole medie con la comune insicurezza sul futuro dei ragazzi di quell'età. Fatto sta che in quel periodo mio fratello maggiore coltivò un'improvvisa passione per Elvis spinto da alcuni suoi amici che da tempo compravano vinili (all'epoca i cd di Elvis erano pochissimi). Acquistò alcuni album degli anni cinquanta e poi si avvicinò ai seventies, ma fu con l'acquisto di un disco in particolare che accese la passione per Elvis in me.
L'album in questione era una raccolta dal titolo "A Legendary Performer vol.II". Ricordo che lo ascoltammo insieme in cameretta e rimasi colpito dalla voce di Elvis, dalla sua incredibile personalità, dal suo mito. Da allora in avanti aumentarono i momenti in cui la sera mi chiudevo nella mia cameretta ad ascoltare, nel mio primordiale "cubo" (un impianto stereo che chi ha una certa familiarità con gli anni ottanta ricorderà),i vinili di Elvis, ad immaginare come sarebbe stato bello vederlo dal vivo, come nelle immagini dell'"Aloha", che sancirono il mio definitivo attaccamento al personaggio Elvis. Vidi il filmato e capii che Elvis non era solo una passione momentanea, ma un idolo per tutta la vita.
Fu così che la mia adolescenza passò con Elvis sempre al mio fianco. Erano gli anni dei New Kids On The Block, dei Take That, di Micheal Jackson, dei pomeriggi di sabato e delle "bigiata party" in discoteca a cui rifiutavo di aggregarmi malgrado il divertimento assicurato perché preferivo passarli magari "facendo le vasche" in Corso Vittorio Emanuele (questo il sabato pomeriggio perché non marinavo quasi mai la scuola, ero diligente, allora..ah ah ah) o in camera mia, sognando magari di poter essere come lui e poter baciare la ragazza dei miei sogni sulle note di "The Wonder Of You". Proprio in questo senso le canzoni di Elvis alimentarono in me i primi palpiti amorosi, il primissimo in particolare, in cui, alla fermata del metrò, timido ed impacciato, mi nascondevo dietro il palo con il walkman a palla cacciando di tanto in tanto uno sguardo furtivo alla morettina di cui ero follemente e platonicamente innamorato e di cui non riuscivo a reggere lo sguardo…
Non nascondo poi che in principio seguire Elvis Presley mi costò qualche sfottò da parte dei miei coetanei, che ovviamente ascoltavano tutt'altro genere di musica e che ritenevano Elvis obsoleto, fuori dal tempo.
Ma in breve tempo seppi farmi rispettare e la mia timidezza si trasformò in sicurezza, poiché sapevo che la mia passione era grande, che io ascoltavo Elvis, il Re, il migliore. E da lì in avanti passarono gli anni, ed Elvis ancor oggi è una presenza costante nella mia vita. Non vi è giorno in cui non ascolto una sua canzone.
Ricordo ancora il primo cd, "Elvis In Person At The International Hotel", un regalo natalizio di mio fratello e la mia gioia quando lo aprii davanti a tutta la mia famiglia, i pomeriggi passati in cerca di novità nei vari megastore del centro, le tante cassettine fatte per amici e amiche nel corso degli anni. Una ricerca continua, un sentimento forte alimentato, coltivato e cresciuto col passare del tempo.
Un giorno in particolare non dimenticherò mai, anzi tre giorni: 8-9-10 Giugno 1993, ITF Natta di Milano, su quel piccolo palco dell'Aula Magna di quell'istituto femminile (aperto anche ai ragazzi, giustamente…) ebbi il privilegio e l'incoscienza, nei miei diciassette anni di allora, di imitarlo entrando sulle note di "Also Sprach Zarathustra" circondato dai miei compagni di classe che fungevano da fantomatica "Memphis Mafia".
Tutto questo non era altro che una recita scolastica all'interno dello spettacolo di fine anno, su cui noi ragazzi facevamo totale affidamento per fare colpo sulle pupe della scuola e in questo senso, quella simpatica scenetta (di cui ho nascosto i nastri video per non provocare a chi la vede disturbi gastroenterici) servì a crearmi un nome all'interno dell'istituto e dimostrare a tutti che io ascoltavo Elvis e che cosa significava Elvis per me. Fu un vero trionfo soprattutto lo spettacolo serale del 9, davanti ai genitori che sicuramente avevano un'idea più nitida del personaggio che stavo cercando (male, molto male, ma ci provavo per gioco!) di imitare e che servì per una volta a vincere la mia timidezza e le mie insicurezze di adolescente milanese cresciuto nel sogno del mito del Rock and Roll.
Con la sua musica a farmi da colonna sonora nonché da compagna inseparabile ho trascorso alcuni momenti indimenticabili della mia vita, dall'esame di maturità, al primo bacio, alla tesi di laurea, allorquando mi presentai in aula per discutere la tesi con una sua foto nella giacca a mo'di amuleto portafortuna…
Oggi, malgrado le difficoltà della vita di tutti i giorni, Elvis resta comunque un punto fermo nella mia vita e una presenza costante. Con lui percorro la lunga strada per diventare un uomo migliore, con lui ho imparato a crescere. Con lui non smetterò mai di sognare.
Grazie Elvis.

mercoledì 14 agosto 2013

IL VERO FERRAGOSTO

Nell’Italia della crisi (che c’è anche se gli italiani, giustamente, non rinunciano a qualche giorno di vacanza) si festeggia come tradizione la giornata di Ferragosto.
Nell’immaginario di tutti noi il Ferragosto implica la grigliata al mare, la spiaggia, i fuochi d’artificio la sera magari abbracciati stretti in compagnia della propria compagna o moglie, insomma una festa in tutto e per tutto “umana”, dagli aspetti più strettamente commerciali e triviali ahimè fin eccessivamente enfatizzati.
Non è esattamente cosi’. Anzi, non lo è proprio se si pensa al significato effettivo per il quale si dovrebbe festeggiare, ovvero l’assunzione in cielo di Maria. Sono il primo io peraltro, per tanti anni, a non aver dato troppo peso alla questione, forse perché solo di recente da cristiano incompleto e sempre in crescita, ho scoperto la bellezza e la gioia della madre di Gesù, che poi altro non è che la madre effettiva di tutti noi.
A lei lo scorso inverno mi sono più volte affidato dopo averla ignorata per tanti anni.
E’ bastata un’immagine all’interno di un bar di cristiani copti, ogni mattina mentre facevo colazione, per avvicinarmi a lei e capire che lei è il Suo “speaker”, Lei è la figura femminile che ci protegge, che ci coccola, che ci da la forza di andare avanti quando tutto sembra perduto. E mi ha sempre ascoltato. Lei è la mamma di tutti noi.
Non dimentichiamocelo mai. Non dimenticarlo mai, anche tu che scrivi.

domenica 11 agosto 2013

NON VOLEVA PERDERE

Era il momento, la sfilata più importante, la più attesa.
I fotografi assediati ai due lati della passerella, quasi schiacciati dal peso delle tribune laterali, di lato un pubblico di giornalisti, amici, faccendieri e curiosoni in un contorno di luci abbaglianti, insegne sgargianti, tacchi alti ben in vista e doppiopetti sgargianti.
Stava per uscire da quella porta. L'ultima spruzzata di profumo sul collo da parte dell'hair dresser,uno sguardo d'intesa distratto allo stilista e la musica di sottofondo che sfumava il passaggio dell'altra modella,mentre l'attesa spasmodica per la sua uscita serpeggiava lungo la sala.
Era fatta.
Si aprì quella porta e la classe inappuntabile del suo passo lasciava muovere sinuoso e lascivo quel vestito nero di raso, mentre nel suo incedere solenne e prorompente si dimenava lenta in un intreccio vorticoso di eleganza e sensualità.
Fra occhi rapiti ed ammaliati, uno sguardo dalla platea incrociò per un istante i suoi occhi persi nelle insegne della sala. Come una saetta, d'improvviso, un pensiero le trafisse le pareti della mente.
Correvano lungo la stradina di campagna, con quei sandali rotti che ogni tanto la facevano rotolare sui sassi, e lui, come sempre, la raccoglieva,con la stessa delicatezza di una foglia autunnale, per poi riprendere a correre di nuovo, solo per il gusto di sorridere e prendersi in giro da ragazzini poveri ma sognanti quali erano. Non era una gara, era solo una ricerca, un divertimento, un passare il tempo, forse.
In quello stesso istante, il suo corpo cominciò lentamente a cedere, le sue emozioni si presero gioco della mente ed uno strano rumore s'impadronì della sua figura, come una vibrazione che dal tacco del piede sinistro da cui partiva le arrivò fino al centro del cuore, facendole perdere l'equilibrio.
Il contorcersi della sua gamba sinistra si scontrò con l'ancheggiare vorticoso del bacino nel tentativo di rimanere in piedi, cercando un'improbabile e grottesca variante alla sua inevitabile caduta.
Opzione, purtroppo, non accolta dal destino.
Cadde sul piede sinistro che si stortò al rovinoso intrecciarsi del vestito. Non ci credeva nessuno ma era vero. La più brava, la migliore, era caduta. Qualche volta succede. Ma non poteva succedere a lei.
Nella ressa generale, in un silenzio impostato e falso fra risatine avvelenate e mormorii, lui le si avvicinò, in mezzo a tutta quella gente, mentre lei, ritrosa ed antipatica come quando era bambina, non voleva saperne dell'aiuto di nessuno.
Voleva, doveva rialzarsi da sola e proseguire la sfilata. Voleva vincere comunque.
Voltò il collo verso sinistra e con la coda dell'occhio incrociò il suo sguardo protettivo. Senza pensarci un attimo, vinse la battaglia con il proprio ego e gli tese la mano.
Lui, con la stessa delicatezza di allora, la sollevò come se quella foglia gialla d'autunno non si fosse mai consumata e dopo averle sorriso, se ne tornò a postò perché la sfilata doveva ancora cominciare e lei non poteva perdere.

sabato 10 agosto 2013

PENSIERI DI DIO, PENSIERI DELL'UOMO

Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie" ( Is 55,8-13)
In questo passo del profeta Isaia c'è tutto quello che separa, o meglio dire unisce (per chi lo vuole come me) l'uomo da ciò che non può essere compreso, ciò che non può essere anche spiegato, nelle gioie e soprattutto nei dolori della nostra vita quotidiana.
E sta a noi capire tutto questo accettando la sua volontà, anche quando è più difficile, anche quando è più dura. Lo strumento che ci è stato dato è rigenerante, meraviglioso, purficante: la preghiera.
La preghiera fatta col cuore ci permette di poter chiedere a Dio di aiutarci interfacciando i nostri pensieri ai suoi: non arriveremo mai, in questa vita, a decifrarli, ma possiamo inviargli i nostri in modo tale che lui, che tutto può, comprenda e adempia la sua volontà sempre e solo per il nostro bene.
I pensieri di Dio sono più a lungo respiro, per l'eternità, per il bene di tutti, i pensieri degli uomini sono egoistici, materiali, legati alla soddisfazione di un bisogno momentaneo indiviudale. Esattamente l'opposto...
Ma pur non comprendendo la "sostanza" dei suoi pensieri, quello che sta dietro a certi fatti apparentemente incomprensibili oltre che non accettabili, esiste solo un modo per avvicinarsi al raggio dei suoi pensieri, all'ampiezza infinita delle sue vie: è sempre lei, è sempre la preghiera.
La preghiera libera il nostro spirito, perché noi siamo anche spirito, dovremmo ricordarcelo bombardati come siamo di materialismo, perché i nostri corpi si polverizzeranno e si mescoleranno nel freddo terriccio di una tomba,
ma la nostra anima salirà alta nel cielo come spirito d'amore.

venerdì 2 agosto 2013

IL TOCCO DELLA PIOGGIA

Pioveva. Anche forte. In quello stretto viale fra birrerie e pub d'ispirazione vagamente irlandese, lo stava seguendo da lontano, mentre nel suo passo lento e cadenzato, lui, la sopravanzava.
In silenzio, nelle zone d'ombra fra le luci artificiali dei locali, sentiva il rumore di quei tacchi austeri battere sul terreno bagnato, l'andatura di lei così ferma e perentoria, mentre in lontananza riecheggiavano rumori di sirene.
Non riusciva ad avvicinarsi. Lui sapeva che rallentando avrebbe lasciato campo al loro incontro. L'aumentare frenetico dei battiti del suo cuore moltiplicava l'affanno schizofrenico dei suoi respiri, mentre lei, imperturbabile, guadagnava metro su metro, centimetro su centimetro. Lo raggiunse.
Protese la sua mano destra dalle unghie pintate di uno smalto color oro, così stridente rispetto al grigiore di quella serata autunnale, sulla spalla destra di lui. Al solo tocco avvertì quel brivido che ti trapassa dalle viscere fino al centro dell'anima, in quella strana sensazione di distacco fra corpo e spirito.
Si voltò, lei, i suoi capelli fradici arruffati dalla pioggia, davanti a lui, nella disarmante bellezza del suo sguardo. Lui, i suoi occhi affossati, che s'incrociarono in un istante davanti a quelli di lei, nell'attesa del verbo dopo il silenzio
"Perché", gli chiese lei.
Le tolse piano la mano dalla spalla, la osservò, l'accarezzò dolcemente sulla guancia, e se ne andò, in silenzio, sotto la pioggia.

giovedì 1 agosto 2013

NELLA VIRTUALITA, ANCHE TANTA LUCE

Nel teatrino virtuale dei social network, dentro i quali siamo tutti attori più o meno protagonisti, esiste la possibilità di lasciare la porta aperta alle sorprese che la vita ogni tanto ci regala. E spesso sono anche sorprese positive.
Appurato il fatto che Facebook sia un calderone, un tritatutto in cui immagini ed emozioni vengono prodotte cliccate, archiviate e cancellate a ciclo continuo, non posso fare a meno di considerare quelle che a pieno titolo sono le luci nascoste dentro il vuoto che spesso appare davanti ai nostri occhi ogni volta che accediamo al simposio virtuale per antonomasia.
Le luci nascoste sono quelle persone che in silenzio, quasi furtivamente, riescono a trasmettere quelle energie positive, quelle spinte necessarie cosi forti da far cancellare tutto il mare di superficialità che ci circonda. Sono persone speciali, lo vedi, te ne accorgi fin dall’inizio anche quando hai la giusta ricettività per chi, per certi versi, è simile a te avendo un’accordatura dello strumento dell’anima sempre tesa, sempre pronta a disporre nuove partiture, sempre pronta a volare.
Con questo, in nessun, modo, intendo dire che la virtualità sia meglio della realtà (anche se a mio avviso la realtà non esiste, esiste solo il modo in cui noi la percepiamo). Esiste però la possibilità di poter interagire con persone che non si sono mai conosciute in carne ed ossa ma con cui è bello condividere emozioni, situazioni, sentimenti e speranze.
“Condividere”. Che verbo meraviglioso, unisce, stringe forte, trasmette positività e voglia di avere un obiettivo comune. E lo si può fare anche nella “virtualità” quando si conoscono persone che conoscono il significato di questa parola perché è la nota principale che parte dallo strumento dell’anima, quella che da il là al componimento perfetto che renda la vita degna di essere vissuta.
Dedico questo mio scritto all’amica “virtuale” (le virgolette sono d’obbligo) Simona, e ringrazio la mia amica Antonella per avermi insegnato, e non dal punto di vista etimologico, il significato della parola “condividere”.