io e il mare

io e il mare

mercoledì 3 dicembre 2014

RITORNO...ALLA NOSTALGIA...

Non sono un sociologo, non sono un filosofo, e non ho certezze di nessun tipo. Vivo un’esistenza fatta di successi e cadute, di gioie e di dolori e sono consapevole che questa è la vita, un susseguirsi nel corso del tempo di questo tipo di eventi.
Qualche giorno fa parlavo con una collega e riflettevamo insieme. Sarebbe bello vivere fino a centocinquant’anni, non avere mai problemi, malattie, i genitori sani e giovani per sempre. Purtroppo tutto questo è mera utopia, soprattutto tutto questo non è la vita.

La nostalgia spesso ci accompagna nel nostro percorso. Io son  un uomo estremamente nostalgico. Ho in testa ancora i ricordi di quei sabati pomeriggio d’estate, con mia zia e mia nonna, insieme, una Milano degli anni ottanta così diversa da quella attuale, il nostro divertimento era scendere al campetto, un buon telefilm e i cartoni animati al pomeriggio, la sera tornare tutti sudati e beccarci qualche rimprovero, la nonna che ci chiamava dalla finestra...Per me che ero uno sportivo nato lo sport in TV, il tennis, le telecronache di bisteccone e Rino Tommasi.  I tempi della semplicità e di un’infanzia spensierata. Ma è passato, non può più tornare. Purtroppo. O forse per fortuna.

domenica 23 novembre 2014

C'ERA UNA VOLTA L'EMOZIONE DERBY

Il derby una volta era un'emozione. Lo aspettavi, lo desideravi, lo trepidavi. Il pensiero era talmente ossessionante che addirittura ti venivano i crampi allo stomaco. Il pensiero, quel pensiero, dominava. Forse era la gioventù, forse perchè gli altri pensieri li lasciavi ai grandi e potevi far occupare lo spazio solo a quell'immagine, a quei colori rossoneroazzurri che nella figura di ventidue atleti correvano dietro ad un pallone. 
Oggi l'attesa per me è quasi noia, e non perchè Milan ed Inter siano in evidente declino e vivano nel ricordo delle loro glorie passate.
No, non è quello.
Ho avuto la fortuna da bambino di vivere i derby con Hateley e Rumenigge, Inter e Milan non erano messe molto meglio di oggi.
Ma c'era passione, la sentivi, la percepivi, nei bar ci si sfotteva, si chiacchierava, si scherzava. Sentivi la rivalità, sentivi la "milanesità". Saranno frasi fatte, sarà un pout-pourri di luoghi comuni quello che ho appena scritto, forse. Qualche volta però le banalità rispecchiano fedelmente la realtà. Ci provo, un minimo di tensione traspare mentre scrivo, ma è solo suggestione dettata dal fatto che si gioca il derby che non sarà mai una partita come le altre. E' come un quadro sbiadito, lo guardi, ti ricordi come era bello, lo rivedi e ti dispiace non vederlo più come allora.
Forse, quando verrà sera, inizierò a pensarci come facevo un tempo, riaprirò il cassetto dei sogni e tornerò bambino nella speranza di poter alzare le braccia al cielo come una volta come quando, di ritorno dal centro Schuster, esultammo come pazzi per strada ascoltando incollati alla radiolina l'urlo di Pellegatti al pareggio di Vinicio Verza.
Correva l'anno 1985. Stasera ci risiamo. Senza scaramanzie, senza isterie, perchè tanto, vinca o perda, resta sempre e solo una partita di calcio che inizierà, proseguirà e finirà, come tutte le cose della vita.
Buon derby a tutti.

lunedì 20 ottobre 2014

RITORNO ALLA PACE

Non me ne importa più nulla. Sono stufo della mediocrità. Anche della mia mediocrità. Voglio tornare sereno. Mi manca la mia serenità che trovo solo quando il mio rapporto con Dio si fa più forte, più stretto, nella preghiera, nell’accettazione. Il resto sono tutte perlopiù azioni che non lasciano segno. Non c’è amore, non c’è rispetto, non c’è niente. Le situazioni, le persone, vanno e vengono. Contano gli affetti, quelli veri. Conta come ci sentiamo dentro di noi e dopo tanti, troppi giorni di conflitto interiore, io voglio tornare a star bene dentro di me.

giovedì 11 settembre 2014

UN SOFFIO DI VENTO NEL PRESENTE


A volte mi capita di essere ripetitivo nei miei scritti. Me ne rendo conto, ma ci sono dei concetti cardine che vanno ribaditi anche per il bene di chi li espone, e non solo di chi li legge.
Viviamo sempre pensando al passato, proiettiamo un futuro nebuloso e non siamo assolutamente capaci di goderci il momento presente che viviamo. Non c’è niente di più bello di quello che stiamo vivendo adesso, anche perché fra un secondo, proprio mentre scrivo, sarà già passato e non si ripeterà più.
Non sappiamo cosa succederà domani. Viviamo il nostro presente con gioia malgrado gli affanni e le difficoltà. E’ del tutto naturale pensare al futuro e ricordare il passato, specie i momenti belli. Ma non tornano indietro. Sono ricordi, e i ricordi sono immagini della mente filtrate.

Vi chiederete forse cosa significhi l’immagine a presentazione del mio scritto. E’ il cortile della ex Rusconi (Hachette) adiacente all’azienda per cui lavoro. Un posto abbandonato ma isolato pieno di piante ed arbusti allo stato brado, selvaggi, non curati…Adoro nei momenti di pausa mettermi a meditare in quella zona e sentire il vento che soffia e mi accarezza il ciuffo. In quel sospiro di vento sento lo spirito delle persone a me care, sento la mia anima vibrare. E’ pazzesco, un posto così apparentemente insignificante, eppure per me pieno di valore, di spirito, di amore.

mercoledì 10 settembre 2014

L' AUTOSTRADA DELLA VITA



In questi  mesi di assenza dal blog ho riflettuto spesso sul concetto d’impermanenza.  E ho capito una volta di più che tutte le cose hanno un principio, un’evoluzione ed una fine. Ma la fine non è mai la fine. Nemmeno quella della nostra vita terrena. Andremo altrove, ci spoglieremo di questo vestito chiamato corpo e saremo spirito d’amore, luce dell’amore di Dio. Mi piace pensare che sia cosi, soprattutto credo che sia così.
A volte immagino la vita come una porta girevole di un hotel. Ci sono persone che entrano, persone che escono, persone che rientrano e poi se ne vanno.  L’importante è che chi resti si trovi bene in quell’albergo, goda di ogni comfort e dia il suo contributo, che ovviamente non può essere il denaro nella manifestazione di questa metafora, ma amore, anche poco, perché come diceva Madre Teresa, ognuno dà quello che è in grado di dare.
Quando ero ragazzo credevo che tutto fosse eterno. Fosse perché vedevo l’autostrada della vita come infinita, senza macchine che sbandano (i problemi), una corsia di sorpasso tutta libera per me da affrontare a duecento all’ora tutta d’un fiato. Crescendo mi sono accorto che non è cosi, che sulla strada, come ho appena scritto, ci sono autoveicoli che sbandano e ti vengono addosso e tu devi avere la forza di saperli evitare, e di procedere con la tua marcia cercando in primis di non sbandare nemmeno tu. 
Oltre a questo, col passare del tempo, questa strada la vedi meno lunga e spaziosa come è naturale che sia.

La forza sta nel mantenere sempre salde le mani sul volante, nello sbandare ma nel sapere tornare in carreggiata, e nel segnalare a chi sbanda che sta rischiando di sbandare e sbattere contro il guard-rail.  In fondo questo conta. Incontreremo tante macchine, tante moto, ci sarà un giorno quel veicolo con cui viaggiare in parallelo a fari accesi nella lunga e trafficata autostrada della vita prendendosi quasi per mano, come facevamo da bambini.

martedì 9 settembre 2014

IL CORAGGIO DI ESSERE LIBERI

Ognuno ha una propria idea di “libertà”. E’ una parola meravigliosa, è il sentiero spianato su cui l’anima trova spazio sconfinato. Libertà vuol dire non avere freni, non avere timori, non avere paura. Libertà è vita. 
Libertà è coraggio.
Ma chi può dire definirsi davvero libero in un mondo di maschere, di pusillanimi e persone che ti vogliono come vorrebbero loro e non come in realtà sei tu?
A mio modesto parere essere liberi significa essere totalmente se stessi, dal primo battito di ciglia in cui apriamo gli occhi ad inizio giornata fino a quando appoggiamo la testa sul cuscino per addormentarci la sera. Come ho già detto in svariate altre circostanze, è la più grande sfida che abbiamo, la più complicata perché essere se stessi di fatto significa non temere il giudizio altrui, amare se stessi per come si è, coi propri pregi, coi propri difetti, le proprie virtù e le proprie mancanze. 
Ci vuole coraggio ad essere liberi. La libertà vince la paura, sempre, la affronta, la guarda, le sorride e la sconfigge sciogliendo i lacci che bloccano l'anima e il cuore.
Le catene ci fanno sentire “sicuri”. Sembra un paradosso ma è così. Le catene delle nostre certezze, del nostro ancorarsi al guscio protettivo senza sperimentare cose nuove, senza prendere mai decisioni procrastinandole all’infinito. Libero è colui che dice sempre la verità anche quando è difficile, anche quando è scomodo, anche quando è pericoloso. La verità è libertà, la menzogna è prigionia. 
Certo, mi rendo conto che è difficile, lo so bene, ma in fondo, e di questo ne sono sempre più convinto, cosa viviamo a fare se ci limitiamo a svolgere il nostro compitino (mangiare, bere, dormire, uscire con gli amici, fare l’amore, ) senza dedicarci ed impegnarci a sfide più impegnative per la nostra crescita?

Libertà significa anche guardare avanti e circondarsi delle persone adatte ad accompagnarci nel cammino della vita. Libertà di scegliere, libertà di vivere.  Libertà di amare.


lunedì 8 settembre 2014

CON L'ENTUSIASMO DI UN BAMBINO

Riprendiamo il percorso. Riprendiamo la strada smarrita. Come Pollicino, tracciamo la via, con l’entusiasmo di un bambino e viviamo la vita con coraggio e grinta. Si’, questo è il mio motto di oggi, di ora,in questo momento, e la forza che ho dentro vorrei trasmetterla a tutti quelli che mi leggono e che mi vogliono bene.
Settembre è un mese bellissimo. L’estate (quest’anno assente ingiustificata) lascia spazio ai colori dell’autunno e con esso ai suoi profumi, alle prime nebbie. Cambia la stagione, cambiamo anche noi. Siamo in continua evouzione, mutazione. L’importante è non fermarsi mai. L’importante è sempre vincere la più grande sfida con se stessi:  riuscire sempre ad essere se stessi.
Doniamo ciò che di più bello abbiamo. E dopo che lo abbiamo donato doniamolo ancora .La vita è una porta girevole di persone che vanno e vengono, tornano, riescono e via discorrendo. Amiamo solo per il gusto di donare qualcosa a chi ci circonda. Tutto finirà, questa vita finirà, e cosa avremo da dire al Padre Eterno quando saremo spirito se non siamo capaci di donare amore? Cosa abbiamo vissuto a fare?
Amiamo con l’anima. Proviamoci. Non solo col corpo. Con quello sono capaci tutti, persino i peggiori criminali.
Siamo noi stessi. Fino in fondo.
Senza rimpianti, senza rimorsi, sorridiamo alla vita, perchè è il dono più bello che abbiamo avuto.

 

domenica 23 marzo 2014

E' COSI' BELLO


 
 
E’ cosi bello vederti sorridere, quella luce nei tuoi occhi in una lacrima, e sogno di accarezzarti,

di toccarti, di starti vicino, prenderti la mano e farti sentire che sono qui per te.

Ma sei lontana, tanto lontana, e devo immaginare, aspettare, forse un giorno capirai.

 

E’ cosi bello immaginare quella prima sera che ti ho rivista, forse solo un sogno, solo un’illusione,

e ritrovare qualcosa dentro me che pensavo di aver perso nei ricordi di ragazzo ormai cresciuto

Nella mia distanza cosi vicino e presente, nel mio tacere intimo per non disturbare, sono qui per te.

Ma sei lontana, cosi’ tanto lontana, e devo pensare, ricordare, forse un giorno lo saprai.

 

E’ cosi assurdo questo mondo di finzioni, di paure, barriere, affanni, desideri e mancanze

Non c’è spazio qui per la verità , solo comodi silenzi per non far soffrire, mentre il tempo scorre

nell’incrocio magico del tuo sorriso, aprendo e spalancando il fortino del mio cuore che ti aspetta.

Ma sei lontana, così tanto lontana, e devo capire, meditare,  ascoltare, e forse un giorno capirai.

 

Cosi amaro il calice per chi sogna senza fine, fra desideri infiniti di una realtà che non mantiene.

Cosi bello pensare di stringerti a me, con tutto il calore del mio corpo nel battere del mio cuore

solo per il desiderio di baciare le tue labbra e sentire il tuo respiro che mi scalda e mi protegge.

 

Ma sei lontana, cosi’ lontana, e devo partire, andare, lontano, forse un giorno capirai, ed io, ci sarò.

 

sabato 22 marzo 2014

L' INGREDIENTE MAGICO


 



Dopo qualche tempo torno a scrivere con la voglia di potermi esprimere al meglio, in un momento che sento così mio, senza filtri, senza timori, senza remore, in libertà assoluta come lo spirito di questo spazio nato quattro anni fa quasi per gioco e che ora risulta essere per me una sfida vinta da me stesso contro alcuni dei miei più grandi nemici storici: la paura e l’impazienza.

La vita è un susseguirsi di situazioni, alcune gradevoli ed appaganti, altre sgradevoli e dolorose, ma bisogna affrontarle allo stesso modo mettendo dentro tutto quello che abbiamo, al di là di facili retoriche o moralismi che non mi sono mai piaciuti. Si sa, non amo tanto parlare di me, ma inevitabilmente, essendo questo blog di mia concezione ed uso, qualche volta diventa inevitabile farlo.

L’unica ricetta che mi sento di possedere non è poi così originale. In tanti l’hanno usata prima di me, alcuni con successo, altri con più remore perché forse spaventati o intimiditi, ma non vi sono alternative. E’ una ricetta molto semplice basata su un solo unico ingrediente cardine: l’amore.

Impariamo tutti ad usare questo straordinario ingrediente di base tenendo però conto del suo potere magico e liberante, considerando inoltre che non è barattabile. Si usa perché va donato, senza remore, senza paura, senza ottenere qualcosa in cambio. E’ difficilissimo, è durissima lo so, siamo così abituati a mercificare tutto nella nostra società che ormai ci siamo adattati all’idea che pure i sentimenti devono essere contrattati se non addirittura valutati. Per carità si può anche farlo, ma l’amore vero, per come me lo hanno insegnato e per come lo penso e lo sento io, non è questo.

La vita scorre via in fretta. Succede tutto davanti ai nostri occhi e noi ci fossilizziamo su situazioni ormai superate, incapaci di vivere con lucidità il presente e godere anche dei momenti sereni che ci capitano talmente schiacciati dai nostri problemi, dalle nostre inquietudini, dalle nostre paure. Fermiamoci, rilassiamoci, sorridiamo e coccoliamoci un po’. Abbiamo veramente perso il senso di cosa vuol dire fare una carezza innocente, viviamo solo di emozioni che riteniamo forti ma durano così poco, sono lampi dirompenti e volano via in un batti baleno, non siamo più capaci di dirci che ci vogliamo bene perché è sconveniente, perché chissà gli altri poi cosa pensano….

Impariamo, nella ricetta che è alla base della vita di tutti i giorni, ad utilizzare questo ingrediente. Vale anche per me, in questo periodo della mia vita, senza affanni, senza pretese, solo per il piacere di dare e regalare a chi ci circonda anche solo un sorriso, almeno quello non è barattabile, almeno quello arriva spontaneo non appena viene messo sul piatto l’ingrediente magico.
 
 

lunedì 10 marzo 2014

RAGIONE E SENTIMENTO










Ognuno di noi ha il proprio modo di manifestare oltre che di vivere i sentimenti. Lo so, è un argomento delicato, forse difficile da trattare in poche righe visto che viene coinvolta la sfera emotiva di noi tutti, quell’invisibile fascio di emozioni che abbiamo dentro e che in qualche modo però ci aiutano ad andare avanti e a dare senso compiuto alla nostra esistenza terrena.

Mentre pranzavo, mi sono “divertito” a guardare negli occhi un po’ tutte le persone che avevo nei tavoli attorno al mio e cercavo di scorgere nei loro occhi il loro vissuto. Mi domandavo quali storie, quali strade avessero percorso nella vita, e se nel loro piccolo si fossero mai trovati di fronte al bivio che spesso condiziona le nostre esistenze, fra la certezza che una mente pensante offre, e i dubbi ma al tempo stesso la gioia infinita a cui il sentimento indubbiamente porta.

Ogni persona matura delle esperienze che lo portano inevitabilmente a crescere ed evolversi. Noi siamo ciò che pensiamo, e se pensiamo in piccolo automaticamente siamo piccoli, se pensiamo in grande potremmo solo “rischiare” di diventare grandi. Ecco perché, mentre osservavo queste persone, mi chiedevo quale fosse stata la loro linea di pensiero, le loro scelte, il frutto del loro vissuto. Non lo saprò mai ovviamente,ma guardando i loro occhi (nulla esprime meglio di uno sguardo, ne sono sempre più convinto) ho provato ad immedesimarmi e ad essere un testimone oculare delle loro vite.

Non so cosa sia giusto o sbagliato. Ognuno ha il proprio modo di porsi davanti alle situazioni. C’è chi medita tutto, valuta tutto pur avendo dentro un uragano che è pronto a travolgere, chi invece si lascia travolgere dall’uragano senza pensare alle conseguenze a cui esso può portare, che spesso sono pesanti.
La realtà è che ognuno dovrebbe agire come meglio crede, la felicità è davvero solo dentro noi stessi e non all’esterno poiché le persone non ci appartengono, e questo l’ho capito, personalmente, da tanto tempo. Chi riflette fa bene, spesso lo fa per paura di soffrire e si mette col pennino a valutare tutto e qualche volta a scappare dalla sofferenza, o della felicità,perché nessuno sa quello che accadrà.


Quello che conta realmente è che  non vi sia la paura di amare. Se si ha paura di amare, si ha paura di vivere.

martedì 4 marzo 2014

L' APOTEOSI







Non mi hanno mai esaltato troppo i banchetti matrimoniali. Tutte quelle persone, all’aperto, parenti di parenti e conoscenti, amici più o meno veri, tutti riuniti per festeggiare in nome di un amore che dovrebbe durare per sempre, almeno così ci hanno detto da sempre, mentre gli sposi erano in giro a farsi immortalare dal fotografo di rito. Si sa, un ricordo è per sempre.

Quel giorno non potevo mancare però. Era troppo importante ed io sapevo dentro me il perché.  E i matrimoni, se celebrati d’estate, hanno anche i loro lati positivi, specie per quanto concerne la parte meno solenne e più triviale della faccenda, perché sono una vera e propria passerella per le amiche della sposa, tutte contente in cuor loro per il suo grande momento, ma al tempo stesso tronfie e fiere del loro abito nuovo, magari più corto di qualche centimetro, così da mostrare la prima abbronzatura dorata della stagione sulle gambe o perché no in un decoltè più o meno pronunciato. Sono le strategie della seduzione, sono le vere leggi dell’attrazione.  Noi uomini ci caschiamo sempre, e le donne lo sanno.

Mi avvicinai verso il somelier chiedendogli un bicchiere del mio bianco preferito. Si sa, le bollicine catturano. La cravatta stretta e quella giacca come un macigno sulle spalle mi opprimevano come non mai, e non era ancora il momento di scogliere i nodi dei formalismi e dell’impeccabilità.

Ma qualcosa, come d’incanto, stava cambiando.

Mi voltai di lato all’improvviso, fra tante donne di ogni età, amiche dello sposo, parenti più o meno lontani o amici improvvisati per fare numero, scorsi una figura che mi sembrava di aver incontrato da qualche parte in un’altra dimensione, in un altro ricordo, in un altro spazio. No, non era suggestione, e nemmeno un eccesso di felicità alcolica. Era semplicemente lei, incrociata in uno sguardo, desiderata in un istante, da sempre solo e soltanto voluta.

Nell’incrociarsi furtivo dei nostri occhi avvertii la prima forte vibrazione di un lungo pomeriggio di festa. Quella strana aleatoria sensazione di magia mista desiderio che calamita l’attrazione di due corpi iniziò a propagarsi, come un’onda energetica, all’interno di quell’atmosfera di formalismi e ipocrisia delle feste matrimoniali. Eravamo noi, solo e soltanto noi.

Ci conoscemmo quasi spontaneamente, senza quegli stupidi tentativi di approccio che rendono goffi e patetici gli uomini alla ricerca di facili emozioni. Parlammo subito di tutto, come se ci fossimo incontrati già svariate volte in passato, in altre situazioni, forse virtualmente, forse di persona, non lo sapevamo e forse non lo sapremo mai. Ma già dentro di noi, fra gli spazi più nascosti delle nostre umane viscere, eravamo certi che già ci amavamo.

Con quella classe ed eleganza che solo la donna è in grado di avere quando sa quello che vuole, come ottenerlo e quando ottenerlo, ti passasti il bicchiere alla bocca per bere un sol sorso di quel vino che aveva favorito il nostro incontro. In un gesto così semplice ma naturale, avvertii la seconda irresistibile vibrazione al cadere lento del cubetto di ghiaccio dentro al bicchiere, mentre con furbizia e intelligenza passavi rapida la lingua sulle quelle labbra cosi invitanti .Quella magia indescrivibile che calamita l’attrazione di due corpi si era ormai impadronita di tutto il resto, non vedevamo già più nulla, non sentivamo già più nulla. Ci chiamavano per il pranzo, ma la questione ormai non ci riguardava più. Viva gli sposi.
Improvvisamente spostasti il capo, come ad indicarmi quale fosse la giusta direzione per seguirti. Ci recammo dall’altro lato della masseria, era un comune agriturismo di quelli che vanno di moda oggigiorno, basta mangiare , bere, e tutti sono felici e contenti. Non era abbastanza per noi.

Davanti a noi una vasta distesa di prati verdi sormontati da colline che rigogliose, quasi imponenti, si imponevano lasciando il centro della scena ad un cielo azzurro dominato dai raggi del caldo sole di fine luglio. Rumore di forchette, qualcuno urlava in lontananza frasi sconnesse, qualcun altro i nostri nomi, qualcuno volgari battute da caserma. Noi non eravamo più là.

Volevo averti davanti a me, ma avevi già voltato le spalle con l’ingenuo pretesto di indicarmi il panorama, con la mera scusa di aumentare ancora, come se già non ne avessimo abbastanza, il tasso di desiderio reciproco che attanagliava inesorabile i nostri corpi. Non c’era più spazio, non c’era altro tempo, mi avvicinai a te con quell’innata capacità maschile di prendersi qualcosa ogni volta che l’uomo lo vuole. Come una saetta fulminante avvertii la sinuosità del tuo corpo attaccarsi improvvisamente al mio, e nel mio già istintivo, irrefrenabile ed incontrollato impulso, riuscii subito a trasmetterti  il senso vero della mia presenza, il senso inequivocabile, il senso assoluto.
Le mie mani si posarono come soffi di vento sulle tue spalle, già delicatamente abbronzate ed ambrate, e i miei polpastrelli ti accarezzavano col solo ed unico fine di far andare in corto circuito il meccanismo di controllo delle tue emozioni, il solo unico obiettivo di far crollare il precario e ormai fatiscente castello fatato dalle delle tue inibizioni. Ci riuscii in un battito di ciglia.

Qualcuno ci poteva vedere. Lo sapevamo. Ma cosa c’è di meglio di quel sottile e perverso gusto dello scandalo, dell’ineffabile ed irresistibile sapore del proibito, fra menti sospettose e sguardi incuriositi… I miei baci intanto divoravano lentamente il tuo collo inerme, ed un soffio di vento fece delicatamente voltare la tua folta chioma nera e con essa anche i tuoi seni autoritari, i i tuoi occhi devastanti, ormai pronti verso di me.

Le tue labbra si attaccarono alle mie e in quel momento sentii che io dovevo essere là, perché lo sentivo, perché lo volevo, perché ti volevo. Nell’incrociarsi frenetico di quel momento cosi intimo all’interno delle nostre anime, nel mescolarsi impazzito dei nostri respiri, fremevo soltanto all’idea di sentirti mia, tutta mia, io dentro di te, mentre il vento aumentò improvvisamente la sua forza, ed i nostri corpi si lasciarono cadere sull’erba appena bagnata dal giardiniere di turno. 

Non c’era più limite, non c’era più morale, non c’era più niente e nessuno se non io e te, ed il vento a spingerci ancora una volta verso il completamento del nostro sogno, verso l’apoteosi del nostro desiderio.

sabato 1 marzo 2014

UNA PASSIONE, UN CUORE, DUE COLORI, UN'EMOZIONE CHE RITORNA


 
 
 
La passione non si compra. La passione non si vende. La passione ce l’hai dentro, insita, come parte integrante di quella cosa che non vedi ma che senti forte dentro di te chiamata anima. La passione ti fa battere il cuore. La passione è tutto.

Correva l’anno 1982 e come quasi tutti i bambini la nostra mente di fanciullo si apre al sogno di tirare calci ad una palla, in un campetto, all’oratorio, a scuola in corridoio, un po’ dove capita insomma.  Agli eroi inventati dei fumetti e dei cartoni animati si aggiunsero quelli in carne ed ossa che rincorrono un pallone dentro un campo da calcio. Fu così che il mio cuoricino di bambino timido ed impaurito si aprì alla magia dei colori rossoneri, in una giornata novembrina dell’autunno post trionfo mundial di Spagna. Si entrava ancora allo stadio con gli ombrelli, nei famosi “distinti”.  C’era ancora il mio povero papà con me, ad accompagnarmi, lui che seppi solo dopo essere interista, quando era con me non voleva manifestarlo troppo, forse per non deludermi, forse per non condizionarmi, chissà…

Misi in moto il motore della passione in breve tempo. La vita è tutta una risalita per poi scendere e risalire di nuovo fino a quando il motore, su autorizzazione del tecnico supremo, si spegne definitivamente. E quel motore si accese con un Milan piccolo piccolo, in serie B, che sognava di tornare presto grande dopo anni di difficoltà e di tanti bocconi amari ingeriti. Era il periodo della grande rivalità Juventus-Roma, della “questione di centimetri” di Turone e della magia del Barone (Liedholm). Oggi, a distanza di anni, il Barone ci guarda dal cielo, i “centimetri di Turone” un facile pretesto per polemiche calcistiche fra coloro che ancor oggi dominano la scena calcistica, Juventus e Roma.

In tutto questo tempo, come ad un percorso narrativo ad anello, ho vissuto una molteplicità di emozioni indescrivibili e non comprensibili per chi non segue ed ama il calcio. Dai tackle e le uscite palla al piede di Baresi, il mio capitano, alla poesia calcistica inimitabile che usciva dai piedi di Van Basten, passando per la forza e la classe di  Maldini, l’altro mio capitano, alla velocità di Shevchenko e alla generosità di Weah. Di tutto di più. Trionfi di ogni genere, coppe alzate a ripetizione, sfottò di ogni tipo ai cugini e agli juventini, storie d’amore durate cinquantotto partite consecutive (il record d’imbattibilità), amori intensi di una sola notte ma indimenticabili (Barcellona 1989, quella più intensa e più bella, Vienna, Atene, Manchester, e di nuovo Atene). Senza dimenticare le sconfitte, le finali perse,  quel pianto a dirotto di un bambino tredicenne che temeva di non farcela a superare l’esamino di terza media dopo aver assistito alla Fatal Verona. Ci sono anche le delusioni, il calcio è lo specchio della vita, lo capii ben presto.

Nel corso degli anni non posso nascondere che parte di tutto questo è andato un pochino scemando. Al di là di facili discorsi sul calcio che è cambiato, sui troppi soldi che girano, la vita mi ha portato a delle priorità e ho dovuto rinunciare a recarmi allo stadio con frequenza. Ma non ho rinunciato alla mia passione, vissuta con maggior equilibrio, (mi ritengo comunque abbastanza obiettivo per quello che posso), accrescendo una passione forse più da salotto, con birra, messaggini agli amici e manifestazioni gastriche fantozziane, ma la passione è rimasta, quella non può scemare mai, quando c’è, quando è viva, quando è dentro al cuore che batte e si emoziona alla visione di questi colori.  D’altro canto, se Stendhal decise di scrivere “Le Rouge et Le Noir” un motivo ci sarà pur stato….

Bisogna riecheggiare la ritualità. Oggi, per una volta, tornerò ai primi anni novanta, quando in assoluta eccitazione adolescenziale, indossavo il mio “bomber” blu, la mia sciarpa rossonera per coprirmi dal freddo, controllavo cento volte (come faccio ora per altre cose) se avevo l’abbonamento (tessera di terzo anello rosso) , con diecimila lire in tasca prendevo l’autobus, la metropolitana e l’incontro coi tifosi, chiacchiere da caserma trasversali fra calcio e donne, tutti schiacciati come sardine dentro il pulmino che da Piazzale Lotto ti porta allo stadio. Si potrebbe scrivere un libro su quel tragitto, sulla passione che pervade da anni chi quel tragitto lo conosce a memoria.

Questa sera, dopo tanti anni tornerò. Bisogna sempre tornare prima o poi. E sarà un’emozione forte, perché la vita è un’emozione forte, e la condividerò con due cari amici che mi hanno spinto a riviverla e cui dedico questo articolo, così come lo dedico a tutti i tifosi del Milan ma anche ai tifosi di calcio in generale. Certo, non posso nasconderlo, oggi più che mai, sarò meno “politically correct” e più tifoso. Sempre nel rispetto dell’avversario. Il mio è un cuore diviso a metà. Da una parte il rosso, dall’altra il nero. Stendhal lo sapeva già.

D’altronde, come diceva qualcuno,  si possono cambiare fidanzate e fidanzati, mogli, mariti, automobili e beni di ogni genere ma non si può cambiare la squadra del cuore. La mia resterà per sempre una fino alla fine.

Evviva il Milan, evviva la vita.

 

sabato 22 febbraio 2014

IL VALORE SACRO DELL'AMICIZIA



 




Diamo tutto per scontato. Tutto per catalogato. Viviamo la vita a compartimenti standardizzati. Le persone non sono persone ma “oggetti personificati”. Non ci importa nulla di quello pensano, non ci interessa quello che sognano. Cataloghiamo. Quello è giusto, quello è sbagliato, io sono bello lei è brutta, e cosi via…

Viviamo schiavi di una serie infinita di luoghi comuni che riempiono la nostra mente e la rendono bloccata nella sua capacità di essere elastica e aperta al mondo altrui. Ne siamo tutti pieni, chi più chi meno e spesso ne rimaniamo succubi, facendoci condizionare nel nostro rapporto con gli altri, creandoci dei ritratti delle persone che nella stragrande maggioranza dei casi sono lontanissimi dalla realtà. Questo tipo di atteggiamento, molte volte, ci porta a perdere delle persone preziose verso le quali la nostra mente ha subito palesato un ingiustificato quanto prematuro rifiuto.

Per questo bisognerebbe tutti evitare di cadere nell’umana tentazione del giudizio. Ognuno agisce secondo la propria coscienza, ognuno agisce in base a quello che ritiene più opportuno fare. Solo Dio, per chi ci crede come me, giudica e ci giudicherà per l’amore che abbiamo regalato agli altri in ogni nostra azione. Il resto sono tutti archivi fermi e polverosi della mente.

Mi accorgo altresì che al di là di ogni luogo comune, ci sono dei punti fermi, quasi dei dogmi non negoziabili all’interno dell’imprescrutabile ma al tempo stesso affascinante mondo delle relazioni umane: il primo in assoluto è il valore sacro dell’amicizia.

L’amicizia vera non chiede nulla, è la presenza costante di un gancio in mezzo al cielo quando ti senti volare per aria. Non sono metafore da libro cuore ma il modo in cui chi scrive vive questo sentimento, forse il più sincero, quello che non passa malgrado i sussulti del cuore o del sesso e resta a galla dopo ogni tempesta ed acquazzone.

Si’, lasciatemelo dire, l’amicizia è quasi per sempre. Per sempre c’è solo l’amore di Dio ed è lui che la guida dall’alto, Lui che guida i nostri pensieri e ci sposta, come una mano invisibile, laddove sbagliamo strada, laddove non capiamo che in fondo siamo stati creati per volerci bene l’un l’altro, anche quando è difficile, anche quando tutto sembra perduto.

martedì 18 febbraio 2014

NON ERA IL MIO POSTO


Ti ho osservata. Tanta gente intorno a noi, e nel tuo corpo di ragazza ormai cresciuta, cosi magro e sinuoso, la tua innocenza spiccava malgrado il trucco più forte del solito provasse a celarla. Eri diventata donna, il tempo passa per tutti, per qualcuno meglio, per qualcuno peggio.  Con te si era dolcemente fermato.

Eri bellissima, e nei tuoi occhi cosi colmi di tenerezza mi ci perdevo dentro in quella sala così affollata. Dovevo scappare via, subito, non era il mio posto mi dicevo. Io lo sapevo.

Ti ho cercata, tanta gente intorno a me mentre pensavo a come uscire di scena subito, senza spiegazioni, senza capire realmente il motivo per cui fossi là, malgrado qualcosa, già da qualche ora mi spingeva là, mentre fuori pioveva forte e dentro di me, bugiardo come non mai, cercavo un'altra scusa per scappare via, subito. Non era il mio posto, io mi dicevo.

Troppa gente intorno a noi, ed io non potevo più andar via, ormai combattuto fra due forze che si attraggono ma al tempo stesso si respingono. No, non potevo. No, non più.

Come un bimbo che di nascosto fruga con le dita nel barattolo della marmellata, allo stesso modo provavo furtivamente a scambiare il riflesso magico di un tuo sguardo. Una volta visto, incrociato e goduto, osservavo le tue braccia conserte, quasi ristrette al petto ad invocare protezione e calore.

Troppa gente intorno a noi ma per me non c'era già più nessuno, il tempo passava e la vita mi cercava come in  un grande vortice che ti trascina via senza che tu possa più controllare quello che avviene fuori e soprattutto dentro di te.

Dovevo tornare a casa, accesi il motore, non pioveva più, e mi ritrovai in una strada che non era la mia mentre la testa, come una scimmia in gabbia, saltellava da un trespolo all'altro proiettando le immagini registrate di pochi minuti prima, quello sguardo cosi' innocente ed indifeso, quella figura cosi dolcemente sensuale, quel sorriso cosi' magico e quegli occhi cosi pieni di lacrime nascoste.

Avevo sbagliato strada, dovevo tornare a casa. Non era il mio posto. Ma tornerò.

lunedì 10 febbraio 2014

LA LAMPADA ACCESA


Le parole di Papa Francesco di ieri mi inducono a riflettere sul concetto di cristianità, per la mia fede non sempre cosi piena e consapevole per mia mancanza. Rifletto su tante cose, sulla nostra vita, sul tempo che passa, e di come indietro non si possa tornare ma occorra tenere sempre “la lampada accesa”. Si’, la lampada del cuore, la lampada dell’amore. Ha detto bene (come sempre) Papa Francesco, bisogna vivere la cristianità come una lampada accesa, che illumina e riscalda. Altrimenti non ha veramente senso essere cristiani, e soprattutto non ha senso vivere il dono che ci è stato consegnato dall’alto.
Ci vuole una rivoluzione, all’interno delle nostre vite, cosi schizzate, così stressate, così occupate dalle situazioni che dobbiamo affrontare ogni giorno. La rivoluzione è l’amore, e l’amore non può che derivare da Dio. Ma è così difficile farlo oggi, ci sembra qualcosa da “sognatori”, non abbiamo tempo per fermarci a riflettere sulle nostre vite, per regalare un minuto a chi ci sta vicino magari dicendo loro “ehi, io ci sono,io ti tendo la mano, su di me puoi contare, non voglio niente in cambio”.
Amare significa donare, almeno per me. Altrimenti è un contratto di lavoro, operazione rispettabilissima e normale nella vita di noi esseri umani, ma non ha nulla a che fare con l’amore.
Forse da questo semplice concetto occorrerebbe ripartire, dalla “lampada accesa” di Papa Francesco che ci invita ad accenderla per illuminarci all’interno, noi, così bui dentro, abbiamo bisogno di questo interruttore che resti acceso il più a lungo possibile, per illuminare non solo noi stessi ma anche e soprattutto chi ci circonda.

Se ci pensiamo bene, è l’unica luce che non provoca sprechi di energia ed inquinamento. Una lampadina che si può tenere accesa sempre e non costa nulla.

sabato 25 gennaio 2014

MERAVIGLIARSI ANCORA


Quando soffia forte quel vento del Nord chiamato “Fohn”, il cielo di Milano subisce un’improvvisa e magica trasformazione, tanto da farlo sembrare come un’immensa e sconfinata lavagna su cui viene passato un cancellino invisibile che ne pulisce le scorie e ne elimina le impurità.
Guidare e vedere in lontananza le montagne quasi totalmente innevate mi fa riflettere sull’immensità del creato, su quello che ci circonda e sulle nostre esistenze di esseri umani, così incostanti, così ostinati (mi piace molto citare questo aggettivo spesso usato da Gesù nei confronti di alcuni suoi discepoli), così fragili e distratti.

Le montagne sono uno spettacolo della natura meraviglioso, al di là di ogni possibile pensiero, di ogni possibile credenza, la prova tangibile di una manifestazione del creato cosi imponente, proprio sotto questo cielo blu che ci avvolge e sembra quasi sorriderci mentre loro si ergono così maestose davanti ai nostri occhi. E’ lo spettacolo della natura, sai che scoperta dirà qualcuno, ma a me entusiasma ancora, mi meraviglia e mi sconvolge come quando ero ragazzo e non davo peso all’origine della mia esistenza, erano domande che non mi interessavano, volevo bere la vita tutta d’un fiato e non si ha, come è normale che sia, quella consapevolezza e forse (spero) quella maturità che con l’avanzare dell’età ti porta nel riflettere sulla vita, il suo significato, la distinzione fra ciò che conta e ciò che non conta.
Fra pochi giorni la lavagna infinita si macchierà nuovamente di nuvole che non produrranno però scorie grigiastre, nè scariche di acqua umida sulle nostre teste in movimento. No. Fra pochi giorni la lavagna potrebbe macchiarsi di fiocchi bianchi
, il cui candore si distenderebbe sui tetti delle nostre case creando un paesaggio come quello che si sognava da bambini, il pupazzo dagli occhi neri con la carota a mo’ di naso, i nostri sogni, la voglia di star bene e sorridere con poco.

Forse anche per questo è bello riscoprire ogni tanto il cielo, apprezzare quello che ci circonda e farsi delle domande. Quelle giuste, però.

martedì 14 gennaio 2014


SINERGIE ED ENERGIE

 

Era ora che riprendessi a fare quello che mi viene più naturale. Un po’ per pigrizia, un po’ per un fisiologico “appoggiarsi” alle leggi degli scambi virtuali “usa e getta” dei social network, avevo dimenticato come fosse importante per me questo spazio di libertà in cui posso esprimere al meglio le mie idee e condividere con chi legge opinioni, e perché no, anche emozioni.

In questi giorni mi è capitato sovente di riflettere sulla mia esistenza, sui miei valori, su tutto quello che mi circonda nei vari momenti della giornata.
Senza entrare nel dettaglio personale, cosa che come è risaputo non amo fare, non posso non considerare che la vita è un susseguirsi di situazioni inaspettate, di incontri non previsti, non necessariamente tutti negativi come una strana predisposizione della nostra mente ogni tanto elabora. Già, proprio così, perché la nostra mente ci rende schiavi del pensiero negativo, schiavi del software sbagliato con cui spesso l’abbiamo programmata. Ma questo è un altro discorso, non il tema di queste mie poche righe.
Quello di cui volevo parlare era legato al significato che diamo a quello che facciamo, e a quanta passione ci mettiamo in quello che facciamo. Non sempre è possibile farlo, non sempre riusciamo dentro noi stessi a sviluppare queste doti innate che tutti abbiamo, ma la vita ci permette, grazie all’aiuto delle persone giuste, degli incontri giusti, di poter tirar fuori questo nostro talento innato in un determinato campo.
C’è chi è bravo a disegnare, a dipingere, a cantare, a scrivere poesie, a raccontare barzellette e chi più ne ha più ne metta. Non necessariamente deve essere una nobile arte, a mio modesto avviso, ma solo e più semplicemente un modo per comunicare e trasmettere energia, creare una sinergia con chi legge o ascolta e al tempo stesso ricevere ulteriore energia. In una parola magica, condividere.

Sembrerebbe facile, in realtà non lo è per nulla, perché di questi tempi in cui chiacchieriamo in chat con un amico del South Dakota non siamo più tanto capaci di guardarci negli occhi, di toccarci (nel senso di contatto umano, senza malizie o doppi sensi fuori luogo), di capirci. Non siamo più capaci di condividere nulla. Eppure, e ne sono convinto,tutti abbiamo qualcosa da dire, tutti abbiamo bisogno di essere ascoltati e di ascoltare.

E saper ascoltare è una grande virtù per davvero pochi eletti.