io e il mare

io e il mare

domenica 23 marzo 2014

E' COSI' BELLO


 
 
E’ cosi bello vederti sorridere, quella luce nei tuoi occhi in una lacrima, e sogno di accarezzarti,

di toccarti, di starti vicino, prenderti la mano e farti sentire che sono qui per te.

Ma sei lontana, tanto lontana, e devo immaginare, aspettare, forse un giorno capirai.

 

E’ cosi bello immaginare quella prima sera che ti ho rivista, forse solo un sogno, solo un’illusione,

e ritrovare qualcosa dentro me che pensavo di aver perso nei ricordi di ragazzo ormai cresciuto

Nella mia distanza cosi vicino e presente, nel mio tacere intimo per non disturbare, sono qui per te.

Ma sei lontana, cosi’ tanto lontana, e devo pensare, ricordare, forse un giorno lo saprai.

 

E’ cosi assurdo questo mondo di finzioni, di paure, barriere, affanni, desideri e mancanze

Non c’è spazio qui per la verità , solo comodi silenzi per non far soffrire, mentre il tempo scorre

nell’incrocio magico del tuo sorriso, aprendo e spalancando il fortino del mio cuore che ti aspetta.

Ma sei lontana, così tanto lontana, e devo capire, meditare,  ascoltare, e forse un giorno capirai.

 

Cosi amaro il calice per chi sogna senza fine, fra desideri infiniti di una realtà che non mantiene.

Cosi bello pensare di stringerti a me, con tutto il calore del mio corpo nel battere del mio cuore

solo per il desiderio di baciare le tue labbra e sentire il tuo respiro che mi scalda e mi protegge.

 

Ma sei lontana, cosi’ lontana, e devo partire, andare, lontano, forse un giorno capirai, ed io, ci sarò.

 

sabato 22 marzo 2014

L' INGREDIENTE MAGICO


 



Dopo qualche tempo torno a scrivere con la voglia di potermi esprimere al meglio, in un momento che sento così mio, senza filtri, senza timori, senza remore, in libertà assoluta come lo spirito di questo spazio nato quattro anni fa quasi per gioco e che ora risulta essere per me una sfida vinta da me stesso contro alcuni dei miei più grandi nemici storici: la paura e l’impazienza.

La vita è un susseguirsi di situazioni, alcune gradevoli ed appaganti, altre sgradevoli e dolorose, ma bisogna affrontarle allo stesso modo mettendo dentro tutto quello che abbiamo, al di là di facili retoriche o moralismi che non mi sono mai piaciuti. Si sa, non amo tanto parlare di me, ma inevitabilmente, essendo questo blog di mia concezione ed uso, qualche volta diventa inevitabile farlo.

L’unica ricetta che mi sento di possedere non è poi così originale. In tanti l’hanno usata prima di me, alcuni con successo, altri con più remore perché forse spaventati o intimiditi, ma non vi sono alternative. E’ una ricetta molto semplice basata su un solo unico ingrediente cardine: l’amore.

Impariamo tutti ad usare questo straordinario ingrediente di base tenendo però conto del suo potere magico e liberante, considerando inoltre che non è barattabile. Si usa perché va donato, senza remore, senza paura, senza ottenere qualcosa in cambio. E’ difficilissimo, è durissima lo so, siamo così abituati a mercificare tutto nella nostra società che ormai ci siamo adattati all’idea che pure i sentimenti devono essere contrattati se non addirittura valutati. Per carità si può anche farlo, ma l’amore vero, per come me lo hanno insegnato e per come lo penso e lo sento io, non è questo.

La vita scorre via in fretta. Succede tutto davanti ai nostri occhi e noi ci fossilizziamo su situazioni ormai superate, incapaci di vivere con lucidità il presente e godere anche dei momenti sereni che ci capitano talmente schiacciati dai nostri problemi, dalle nostre inquietudini, dalle nostre paure. Fermiamoci, rilassiamoci, sorridiamo e coccoliamoci un po’. Abbiamo veramente perso il senso di cosa vuol dire fare una carezza innocente, viviamo solo di emozioni che riteniamo forti ma durano così poco, sono lampi dirompenti e volano via in un batti baleno, non siamo più capaci di dirci che ci vogliamo bene perché è sconveniente, perché chissà gli altri poi cosa pensano….

Impariamo, nella ricetta che è alla base della vita di tutti i giorni, ad utilizzare questo ingrediente. Vale anche per me, in questo periodo della mia vita, senza affanni, senza pretese, solo per il piacere di dare e regalare a chi ci circonda anche solo un sorriso, almeno quello non è barattabile, almeno quello arriva spontaneo non appena viene messo sul piatto l’ingrediente magico.
 
 

lunedì 10 marzo 2014

RAGIONE E SENTIMENTO










Ognuno di noi ha il proprio modo di manifestare oltre che di vivere i sentimenti. Lo so, è un argomento delicato, forse difficile da trattare in poche righe visto che viene coinvolta la sfera emotiva di noi tutti, quell’invisibile fascio di emozioni che abbiamo dentro e che in qualche modo però ci aiutano ad andare avanti e a dare senso compiuto alla nostra esistenza terrena.

Mentre pranzavo, mi sono “divertito” a guardare negli occhi un po’ tutte le persone che avevo nei tavoli attorno al mio e cercavo di scorgere nei loro occhi il loro vissuto. Mi domandavo quali storie, quali strade avessero percorso nella vita, e se nel loro piccolo si fossero mai trovati di fronte al bivio che spesso condiziona le nostre esistenze, fra la certezza che una mente pensante offre, e i dubbi ma al tempo stesso la gioia infinita a cui il sentimento indubbiamente porta.

Ogni persona matura delle esperienze che lo portano inevitabilmente a crescere ed evolversi. Noi siamo ciò che pensiamo, e se pensiamo in piccolo automaticamente siamo piccoli, se pensiamo in grande potremmo solo “rischiare” di diventare grandi. Ecco perché, mentre osservavo queste persone, mi chiedevo quale fosse stata la loro linea di pensiero, le loro scelte, il frutto del loro vissuto. Non lo saprò mai ovviamente,ma guardando i loro occhi (nulla esprime meglio di uno sguardo, ne sono sempre più convinto) ho provato ad immedesimarmi e ad essere un testimone oculare delle loro vite.

Non so cosa sia giusto o sbagliato. Ognuno ha il proprio modo di porsi davanti alle situazioni. C’è chi medita tutto, valuta tutto pur avendo dentro un uragano che è pronto a travolgere, chi invece si lascia travolgere dall’uragano senza pensare alle conseguenze a cui esso può portare, che spesso sono pesanti.
La realtà è che ognuno dovrebbe agire come meglio crede, la felicità è davvero solo dentro noi stessi e non all’esterno poiché le persone non ci appartengono, e questo l’ho capito, personalmente, da tanto tempo. Chi riflette fa bene, spesso lo fa per paura di soffrire e si mette col pennino a valutare tutto e qualche volta a scappare dalla sofferenza, o della felicità,perché nessuno sa quello che accadrà.


Quello che conta realmente è che  non vi sia la paura di amare. Se si ha paura di amare, si ha paura di vivere.

martedì 4 marzo 2014

L' APOTEOSI







Non mi hanno mai esaltato troppo i banchetti matrimoniali. Tutte quelle persone, all’aperto, parenti di parenti e conoscenti, amici più o meno veri, tutti riuniti per festeggiare in nome di un amore che dovrebbe durare per sempre, almeno così ci hanno detto da sempre, mentre gli sposi erano in giro a farsi immortalare dal fotografo di rito. Si sa, un ricordo è per sempre.

Quel giorno non potevo mancare però. Era troppo importante ed io sapevo dentro me il perché.  E i matrimoni, se celebrati d’estate, hanno anche i loro lati positivi, specie per quanto concerne la parte meno solenne e più triviale della faccenda, perché sono una vera e propria passerella per le amiche della sposa, tutte contente in cuor loro per il suo grande momento, ma al tempo stesso tronfie e fiere del loro abito nuovo, magari più corto di qualche centimetro, così da mostrare la prima abbronzatura dorata della stagione sulle gambe o perché no in un decoltè più o meno pronunciato. Sono le strategie della seduzione, sono le vere leggi dell’attrazione.  Noi uomini ci caschiamo sempre, e le donne lo sanno.

Mi avvicinai verso il somelier chiedendogli un bicchiere del mio bianco preferito. Si sa, le bollicine catturano. La cravatta stretta e quella giacca come un macigno sulle spalle mi opprimevano come non mai, e non era ancora il momento di scogliere i nodi dei formalismi e dell’impeccabilità.

Ma qualcosa, come d’incanto, stava cambiando.

Mi voltai di lato all’improvviso, fra tante donne di ogni età, amiche dello sposo, parenti più o meno lontani o amici improvvisati per fare numero, scorsi una figura che mi sembrava di aver incontrato da qualche parte in un’altra dimensione, in un altro ricordo, in un altro spazio. No, non era suggestione, e nemmeno un eccesso di felicità alcolica. Era semplicemente lei, incrociata in uno sguardo, desiderata in un istante, da sempre solo e soltanto voluta.

Nell’incrociarsi furtivo dei nostri occhi avvertii la prima forte vibrazione di un lungo pomeriggio di festa. Quella strana aleatoria sensazione di magia mista desiderio che calamita l’attrazione di due corpi iniziò a propagarsi, come un’onda energetica, all’interno di quell’atmosfera di formalismi e ipocrisia delle feste matrimoniali. Eravamo noi, solo e soltanto noi.

Ci conoscemmo quasi spontaneamente, senza quegli stupidi tentativi di approccio che rendono goffi e patetici gli uomini alla ricerca di facili emozioni. Parlammo subito di tutto, come se ci fossimo incontrati già svariate volte in passato, in altre situazioni, forse virtualmente, forse di persona, non lo sapevamo e forse non lo sapremo mai. Ma già dentro di noi, fra gli spazi più nascosti delle nostre umane viscere, eravamo certi che già ci amavamo.

Con quella classe ed eleganza che solo la donna è in grado di avere quando sa quello che vuole, come ottenerlo e quando ottenerlo, ti passasti il bicchiere alla bocca per bere un sol sorso di quel vino che aveva favorito il nostro incontro. In un gesto così semplice ma naturale, avvertii la seconda irresistibile vibrazione al cadere lento del cubetto di ghiaccio dentro al bicchiere, mentre con furbizia e intelligenza passavi rapida la lingua sulle quelle labbra cosi invitanti .Quella magia indescrivibile che calamita l’attrazione di due corpi si era ormai impadronita di tutto il resto, non vedevamo già più nulla, non sentivamo già più nulla. Ci chiamavano per il pranzo, ma la questione ormai non ci riguardava più. Viva gli sposi.
Improvvisamente spostasti il capo, come ad indicarmi quale fosse la giusta direzione per seguirti. Ci recammo dall’altro lato della masseria, era un comune agriturismo di quelli che vanno di moda oggigiorno, basta mangiare , bere, e tutti sono felici e contenti. Non era abbastanza per noi.

Davanti a noi una vasta distesa di prati verdi sormontati da colline che rigogliose, quasi imponenti, si imponevano lasciando il centro della scena ad un cielo azzurro dominato dai raggi del caldo sole di fine luglio. Rumore di forchette, qualcuno urlava in lontananza frasi sconnesse, qualcun altro i nostri nomi, qualcuno volgari battute da caserma. Noi non eravamo più là.

Volevo averti davanti a me, ma avevi già voltato le spalle con l’ingenuo pretesto di indicarmi il panorama, con la mera scusa di aumentare ancora, come se già non ne avessimo abbastanza, il tasso di desiderio reciproco che attanagliava inesorabile i nostri corpi. Non c’era più spazio, non c’era altro tempo, mi avvicinai a te con quell’innata capacità maschile di prendersi qualcosa ogni volta che l’uomo lo vuole. Come una saetta fulminante avvertii la sinuosità del tuo corpo attaccarsi improvvisamente al mio, e nel mio già istintivo, irrefrenabile ed incontrollato impulso, riuscii subito a trasmetterti  il senso vero della mia presenza, il senso inequivocabile, il senso assoluto.
Le mie mani si posarono come soffi di vento sulle tue spalle, già delicatamente abbronzate ed ambrate, e i miei polpastrelli ti accarezzavano col solo ed unico fine di far andare in corto circuito il meccanismo di controllo delle tue emozioni, il solo unico obiettivo di far crollare il precario e ormai fatiscente castello fatato dalle delle tue inibizioni. Ci riuscii in un battito di ciglia.

Qualcuno ci poteva vedere. Lo sapevamo. Ma cosa c’è di meglio di quel sottile e perverso gusto dello scandalo, dell’ineffabile ed irresistibile sapore del proibito, fra menti sospettose e sguardi incuriositi… I miei baci intanto divoravano lentamente il tuo collo inerme, ed un soffio di vento fece delicatamente voltare la tua folta chioma nera e con essa anche i tuoi seni autoritari, i i tuoi occhi devastanti, ormai pronti verso di me.

Le tue labbra si attaccarono alle mie e in quel momento sentii che io dovevo essere là, perché lo sentivo, perché lo volevo, perché ti volevo. Nell’incrociarsi frenetico di quel momento cosi intimo all’interno delle nostre anime, nel mescolarsi impazzito dei nostri respiri, fremevo soltanto all’idea di sentirti mia, tutta mia, io dentro di te, mentre il vento aumentò improvvisamente la sua forza, ed i nostri corpi si lasciarono cadere sull’erba appena bagnata dal giardiniere di turno. 

Non c’era più limite, non c’era più morale, non c’era più niente e nessuno se non io e te, ed il vento a spingerci ancora una volta verso il completamento del nostro sogno, verso l’apoteosi del nostro desiderio.

sabato 1 marzo 2014

UNA PASSIONE, UN CUORE, DUE COLORI, UN'EMOZIONE CHE RITORNA


 
 
 
La passione non si compra. La passione non si vende. La passione ce l’hai dentro, insita, come parte integrante di quella cosa che non vedi ma che senti forte dentro di te chiamata anima. La passione ti fa battere il cuore. La passione è tutto.

Correva l’anno 1982 e come quasi tutti i bambini la nostra mente di fanciullo si apre al sogno di tirare calci ad una palla, in un campetto, all’oratorio, a scuola in corridoio, un po’ dove capita insomma.  Agli eroi inventati dei fumetti e dei cartoni animati si aggiunsero quelli in carne ed ossa che rincorrono un pallone dentro un campo da calcio. Fu così che il mio cuoricino di bambino timido ed impaurito si aprì alla magia dei colori rossoneri, in una giornata novembrina dell’autunno post trionfo mundial di Spagna. Si entrava ancora allo stadio con gli ombrelli, nei famosi “distinti”.  C’era ancora il mio povero papà con me, ad accompagnarmi, lui che seppi solo dopo essere interista, quando era con me non voleva manifestarlo troppo, forse per non deludermi, forse per non condizionarmi, chissà…

Misi in moto il motore della passione in breve tempo. La vita è tutta una risalita per poi scendere e risalire di nuovo fino a quando il motore, su autorizzazione del tecnico supremo, si spegne definitivamente. E quel motore si accese con un Milan piccolo piccolo, in serie B, che sognava di tornare presto grande dopo anni di difficoltà e di tanti bocconi amari ingeriti. Era il periodo della grande rivalità Juventus-Roma, della “questione di centimetri” di Turone e della magia del Barone (Liedholm). Oggi, a distanza di anni, il Barone ci guarda dal cielo, i “centimetri di Turone” un facile pretesto per polemiche calcistiche fra coloro che ancor oggi dominano la scena calcistica, Juventus e Roma.

In tutto questo tempo, come ad un percorso narrativo ad anello, ho vissuto una molteplicità di emozioni indescrivibili e non comprensibili per chi non segue ed ama il calcio. Dai tackle e le uscite palla al piede di Baresi, il mio capitano, alla poesia calcistica inimitabile che usciva dai piedi di Van Basten, passando per la forza e la classe di  Maldini, l’altro mio capitano, alla velocità di Shevchenko e alla generosità di Weah. Di tutto di più. Trionfi di ogni genere, coppe alzate a ripetizione, sfottò di ogni tipo ai cugini e agli juventini, storie d’amore durate cinquantotto partite consecutive (il record d’imbattibilità), amori intensi di una sola notte ma indimenticabili (Barcellona 1989, quella più intensa e più bella, Vienna, Atene, Manchester, e di nuovo Atene). Senza dimenticare le sconfitte, le finali perse,  quel pianto a dirotto di un bambino tredicenne che temeva di non farcela a superare l’esamino di terza media dopo aver assistito alla Fatal Verona. Ci sono anche le delusioni, il calcio è lo specchio della vita, lo capii ben presto.

Nel corso degli anni non posso nascondere che parte di tutto questo è andato un pochino scemando. Al di là di facili discorsi sul calcio che è cambiato, sui troppi soldi che girano, la vita mi ha portato a delle priorità e ho dovuto rinunciare a recarmi allo stadio con frequenza. Ma non ho rinunciato alla mia passione, vissuta con maggior equilibrio, (mi ritengo comunque abbastanza obiettivo per quello che posso), accrescendo una passione forse più da salotto, con birra, messaggini agli amici e manifestazioni gastriche fantozziane, ma la passione è rimasta, quella non può scemare mai, quando c’è, quando è viva, quando è dentro al cuore che batte e si emoziona alla visione di questi colori.  D’altro canto, se Stendhal decise di scrivere “Le Rouge et Le Noir” un motivo ci sarà pur stato….

Bisogna riecheggiare la ritualità. Oggi, per una volta, tornerò ai primi anni novanta, quando in assoluta eccitazione adolescenziale, indossavo il mio “bomber” blu, la mia sciarpa rossonera per coprirmi dal freddo, controllavo cento volte (come faccio ora per altre cose) se avevo l’abbonamento (tessera di terzo anello rosso) , con diecimila lire in tasca prendevo l’autobus, la metropolitana e l’incontro coi tifosi, chiacchiere da caserma trasversali fra calcio e donne, tutti schiacciati come sardine dentro il pulmino che da Piazzale Lotto ti porta allo stadio. Si potrebbe scrivere un libro su quel tragitto, sulla passione che pervade da anni chi quel tragitto lo conosce a memoria.

Questa sera, dopo tanti anni tornerò. Bisogna sempre tornare prima o poi. E sarà un’emozione forte, perché la vita è un’emozione forte, e la condividerò con due cari amici che mi hanno spinto a riviverla e cui dedico questo articolo, così come lo dedico a tutti i tifosi del Milan ma anche ai tifosi di calcio in generale. Certo, non posso nasconderlo, oggi più che mai, sarò meno “politically correct” e più tifoso. Sempre nel rispetto dell’avversario. Il mio è un cuore diviso a metà. Da una parte il rosso, dall’altra il nero. Stendhal lo sapeva già.

D’altronde, come diceva qualcuno,  si possono cambiare fidanzate e fidanzati, mogli, mariti, automobili e beni di ogni genere ma non si può cambiare la squadra del cuore. La mia resterà per sempre una fino alla fine.

Evviva il Milan, evviva la vita.