Se riuscissi ad
isolarmi solo per un attimo da quello che sto vivendo, direi che quello di oggi
a Milano è un tipico pomeriggio di fine inverno, troppo freddo per essere
ancora in primavera ,avvolto dal sole e troppo luminoso per definirlo invernale
a tutti gli effetti. Uno di quei pomeriggi in cui la mia anima tormentata da mille
affanni potrebbe sentirsi a suo agio all’aperto, libero da tutte le catene del
dolore figlio di un amore meraviglioso che purtroppo come spesso accade anziché
unire divide. La colpa, ovviamente, non è dell’amore di per sé ma delle gelosie
che si scatenano per chi lo vive e ne fruisce, quando si vive in una condizione
difficile fra persone di generazioni differenti, con speranze di vita differenti,
con caratteri e vissuti differenti.
Il sole di questo
pomeriggio mi ricorda tanto uno di venticinque anni fa esatti, era da poco
finito il festival di Sanremo, guardavo fuori dalla finestra del mio grande
salone mentre studiavo, la tv era spenta ed ascoltavo alla radio “Gli Altri
Siamo Noi” di Umberto Tozzi. Stavo studiando bene, ero un ragazzo felice
malgrado avessimo difficoltà economiche, la scuola ingranava, Elvis era entrato
nella mia vita e nel mio cuore, la mia mamma correva per me e mio fratello che
nel frattempo lavorava sodo per aiutare a casa. Che bel momento, spensierato,
gioioso, solare, luminoso. Ero un ragazzino pieno di sogni e d’amore. Oggi
quella stessa luce entra dalla finestra, le mie mani sono sulla tastiera di
questo pc e digitano rapide al ritmo della mia rabbia repressa, dei miei sogni
infranti, della mia voglia di ribellarmi contro il tempo che passa e la
malattia della mia povera mamma che lotta come una leonessa ferita ma ancora
piena d’amore.
Da quella luce devo
ripartire. Ora la sala è colma di luce e questo è un segnale che mi arriva dall’alto,
il segno che non tutto è perduto e che malgrado le difficoltà il sole torna a
sorgere sempre, la vita e l’amore devono trionfare sempre anche quando tutto
appare più difficile e doloroso. Ritrovare quello spirito di allora, i miei quindici
anni, quando compresi che dovevo studiare per far felice mia madre, per darle
un sorriso, per ripagarla di tante amarezze, anni dopo all’università, anni
dopo sul lavoro, ora devo resistere solo per lei, pensando che un giorno lei
vivrà dentro di me e più avanti, quando Dio lo deciderà, ci rivedremo tutti
insieme in un posto dove non c’è rabbia né dolore, nè soldi né affanni,
illuminati e guidati dall’amore di Dio le cui dinamiche sono sconosciute agli
uomini di questo mondo, me incluso.
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