io e il mare

io e il mare

lunedì 27 novembre 2017

IMMAGINO LA FELICITA'

Ogni tanto ripenso alla felicità. Cosa vuol dire in fondo essere felici, come visualizza la mia mente questa immagine dell’anima cosi fugace, così transitoria, così effimera, forse. Eppure esiste perché tutti, almeno per pochi istanti, chi più chi chi meno, l’abbiamo vissuta nel nostro cammino terreno.
Io immagino la felicità come la gioia dei sentimenti. Lo stare insieme nelle piccole cose, il ridere e scherzare con le persone che ci vogliono bene, davanti a un buon piatto di pasta ed ad un bicchiere di vino. Quei pranzi in campagna, tutti assieme, a Ferragosto, il sorriso delle persone che avevo vicino ora solo vicini nel cuore e nell’anima, angeli del cielo pronti a sorreggermi quando sento che sto per crollare. Ma non crollerò.
Immagino la felicità come quel primo meraviglioso bacio rubato sugli scogli. L’autostrada della vita davanti a me, il fragore delle onde, il sole che picchia forte sulla pelle mentre sentivo il corpo di quella giovane ragazzina sovrapporsi al mio, io cosi giovane ed innocente, timoroso pure della mia ombra, in quel momento scoprii cosa significava essere felice. Quel bacio, quel primo bacio cosi lontano nella pellicola ingiallita della mia vita, è il momento di felicità che non potrò mai dimenticare.
Immagino la felicità come quel momento in cui realizzai tutti gli sforzi dei miei genitori per farmi studiare. Ed ottenni il traguardo sperato. Quel giorno, cosi grigio e piovoso fuori, era pieno di luce e di gioia dentro. Nella mia prima vita fui uno studente di lingue e letterature straniere. Un bravo ragazzo che si laureò in lingua spagnola, ora cosi lontana dalla mia vita. Eppure lo feci. Vissi la felicità e forse la trasmisi. Non vi è niente di più bello di poterla trasmettere e regalare a chi ci circonda.
Io immagino la felicità come mia madre che mi viene a prendere all’asilo nel tardo pomeriggio. Erano le 18 circa, era primavera, giocavo coi copertoni delle gomme in giardino. La spensieratezza della fanciullezza. Le maestre mi tenevano buono, mi sentivo morire dentro perché pensavo che mamma non arrivasse. E come d’incanto la vidi arrivare. Era bellissima, coi capelli corti, mi sorrise con una dolcezza non descrivibile a parole. Le corsi incontro come un furetto. E’ uno dei primi ricordi che ho di mia madre da bambino.
La felicità è un lampo che vola viva nel tempo che non ha più tempo.


giovedì 23 novembre 2017

IL SILENZIO DELL'OBLIO

                                                   



Mi mancava molto l’idea di poter scrivere un pezzo più lungo nel silenzio. Sento solo il respiro di mia madre dormire qui vicino a me. Penso, ripenso e mi lascio andare a scrivere quello che mi passa per la testa, senza freni, senza censure, solo con la voglia di liberare la mia anima da ogni tipo di peso.
Da giorni rivendico il diritto all’oblio. Oblio che è figlio del silenzio. Ci sono momenti in cui penso di non essere esistito mai, poi mi accorgo che ci sono ancora e con me tutti gli affanni di questa vita che grazie a Dio però non è solo dolore e sofferenza. Ci sono le gioie, ci sono i sorrisi, ci sono gli abbracci, ci sono le coccole, c’è l’amore anche se facciamo finta che non esista o lo confondiamo con qualcosa che ci consegna una mera soddisfazione temporanea, come bere un bicchiere di coca cola pensando che ci disseti. Dopo avremo ancora sete, poi ancora sete. Gli orientali ci insegnano che il desiderio non ha mai fine e ci rende schiavi di esso.
Nell’oblio c’è timore del vuoto. Ma chi come me sente che il vuoto è la nostra paura di ciò che non vediamo e sentiamo sa che non vi è nulla da temere. E’ solo voglia di non sentirsi, anche per un breve periodo della mia vita, un'altra persona, quasi a voler scombinare le carte in tavola, a volervi far credere che in fondo anche io sono un po’ tutto ed il contrario di tutto ma senza indossare maschere, perché prima o poi chi lo fa se la deve togliere e spesso, si sa, è ingombrante, fastidiosa, grossolana come quella festa a me mai troppo gradita che è il carnevale.
Mi chiedo a volte a cosa serva tutto quello che scrivo, anche sui social, le foto, i sorrisi, le cazzate. Nel concreto a nulla, poi ci ripenso e so che se sono riuscito a far star bene qualcuno coi miei scritti più o meno profondi, con le mie cazzate più o meno divertenti, forse qualcosa di buono anche io ho fatto nella mia esistenza terrena. In fondo viviamo per far star bene chi ci circonda, siamo nati per amare. Si, siamo nati per amare. Sembra una frase cosi difficile! Mio Dio questo è pazzo! Eppure è così. Facciamo fatica a capirlo perché abbiamo un’idea dell’amore che è totalmente sbagliata, almeno per me, ci hanno fatto credere che l’amore è possesso, è ossessione, è controllo. Mio Dio è tutto il contrario. Ci si arriva col tempo. Ci si arriva con la maturità, con l’esperienza, con la consapevolezza che controllare, che possedere, che ossessionare sono tutti concetti terreni finiti che con la vita stessa cesseranno. Perché invece non pensare a qualcosa che va oltre, al di là di quello che noi vediamo e sentiamo, in cui nessuno sarà di nessuno (come già dovrebbe essere qui), in cui tutti saremo felici di amarci solo per il gusto di farlo, per il piacere di sapere che è bello farlo.

Per poter pensare di farlo là dobbiamo a mio modesto parere iniziare a farlo qua.