"Sai, ho smesso di pensare al futuro per non deprimermi. Viviamo un presente "debole", ci siamo indeboliti di fronte alle incertezze. In passato non c'era tempo per essere deboli. Noi siamo ancora quella generazione che usa la testa e soprattutto il sentimento. Siamo cresciuti nelle difficoltà oggettive, viviamo tuttora un presente che forse sentiamo diverso e con più dolore rispetto ai giovani d'oggi. La famiglia per me è tutto in effetti..."
Queste parole non sono mie. Me le ha scritte un' amica
verso cui nutro stima assoluta per la sua semplicità e i valori in cui crede.
Non ci siamo conosciuti personalmente, è un’amicizia virtuale eppure una di
quelle a cui tengo di più in attesa di poterci un giorno incontrare ed
abbracciare. Sono parole vere, profonde, che testimoniano il nostro tempo. Quando le ho lette mi hanno trasmesso forza e coraggio oltre ad aver appreso,almeno spero, una lezione di fondamentale importanza.
In questo momento un po’ particolare della mia vita mi
capita di ripensare a quando mia madre e mia zia, oggi ambedue purtroppo
ammalate, curavano la loro mamma. Ho un ricordo nitido di quel periodo, anche
se io ero poco più che bambino. Erano ovunque, correvano, si sacrificavano fra
loro e casa e non avevano tempo per distrarsi o lamentarsi. L’amore era una
missione, il dovere dell’amore, perché l’amore non è una costrizione ma un
dovere interiore, una missione da compiere per dare senso alla nostra esistenza terrena altrimenti vuota ed insignifcante. In passato non c’era tempo per
essere deboli, bisognava rimboccarsi le maniche e lavorare e correre, senza
sosta, senza fiato. Noi siamo quella parte di quella generazione che usa la
testa e soprattutto il sentimento. Quanto è vero, quanto mi rispecchio in queste parole meravigliose perché abbiamo capito quello
che ci hanno insegnato i nostri genitori, i nostri nonni. Una volta non c’era
internet, non c’erano i telefonini, c’era il calore della famiglia, un libro,
lo stare insieme, il volersi bene nella semplicità del nucleo familiare. Io sto
ritrovando tutto questo, ogni tanto mi perdo perchè per natura sono incostante, poi arriva la bussola dall’alto,
quel faro immenso che sembra non esserci, che sembra dormire sulla barca come
in quel passaggio del Vangelo di Marco ( ma mi pare essere presente anche in
Luca, che ignorante che sono in materia) per poi avere la forza di calmare il
vento e la tempesta e ricordarci che Lui può tutto, malgrado tutto, anche se a volte non ci pensiamo, non ci crediamo e gli voltiamo le spalle (io per primo).
Se coltiviamo l’amore col culto del sacrificio possiamo
adempiere una missione che pare complicata ma in realtà non lo è: ambire alla
verticalità dell’amore, passare da quello “finito” di noi esseri umani a quello
infinito di Dio. Per fare questo occorre allenarsi molto, cadere tante volte,
sbucciarsi le ginocchia e costruirsi delle ali giorno per giorno, consapevoli
che fino a prova contraria non ci sono alternative alla famosa frase di Sant’Agostino: "ama, e fa’ ciò che vuoi."