io e il mare

io e il mare

sabato 28 gennaio 2012

VIVERE O ESISTERE AL TEMPO DI FACEBOOK



Per capire quali sono i tempi in cui viviamo, basta dare un'occhiata a Facebook.
Non sto parlando male del social network sul quale spesso intervengo pure io, per carità del cielo. E' un passatempo divertente col grave difetto (voluto e cercato dai suoi inventori) di creare dipendenza tanto che per molti è diventato quasi impossibile uscirne.
Mi riferisco invece all'utilizzo che alcuni ne fanno, a mio modesto parere improprio, ma viviamo in piena libertà (cosi' dicono, ma questo è un altro discorso) e ognuno giustamente può usare questo strumento come meglio crede.
Mi accorgo però che molti, moltissimi, amano scrivere costantemente quello che fanno durante il giorno, dalle scelte di vita importanti a momenti di quotdianità al limite dell'imbarazzante, quasi come se fossero attanagliati da un bisogno irrefrenabile di far vedere al mondo, al micromondo virtuale di Facebook, che ci sono pure loro, che sono vivi, o utilizzando una quanto mai azzeccata frase di Oscar Wilde, che esistono su questa terra.
Probabilmente anche io sono cosi', senza accorgermene ho bisogno di far vedere agli altri quanto amo Elvis Presley, oppure la musica che ascolto, visto che principalmente ci entro per inserire video musicali e fare un minimo di pubblicità a questo mio spazio. Forse anche io predico bene e razzolo male.
Di certo però non dirò mai che mi sto lavando i denti o che sto guardando un film western sul divano con uno stuzzicadenti in bocca. Questione di scelte e di opportunità. Molto meglio leggere un libro, magari un passo del Vangelo, e dedicarsi agli altri. Se qualcuno ha la possibilità di farlo è sempre una gran bella cosa.

sabato 21 gennaio 2012

CAPITANI CORAGGIOSI



A volte è difficile distinguere il sottile confine fra la volontà di sdrammatizzare un evento tragico da un lato e l'eccesso di cattivo gusto dall'altro.
Il mio riferimento è alla tragedia della Nave "Costa Crociera" sull'isola del Giglio.
In questi sette giorni trascorsi dal giorno della sciagura, abbiamo sentito di tutto, registrazioni di telefonate intercorse fra l'ormai famigerato Capitano ed il Comandante di Porto, testimonianze dei sopravvissuti, una donna moldava presente e testimone oculare di tutto o quasi quello che avvenne in cabina di comando in quelle concitate ore.
Oltre a ciò, immagini a ripetizione in tutte le salse immortalanti i momenti della tragedia, con le urla della gente, il panico percepibile anche nelle nostre case al caldo, davanti alla tv, con un bel piatto di pasta (o di minestrone, preferibile visto il clima attuale) fumante e con il cervello sempre pronto ad assorbire tutto come una spugna.

Peccato che le spugne,dopo un po', diventano marcie e la mente di molte persone si comporta grazie a Dio allo stesso modo, rifiutando di assorbire quell'acqua sporca che i media ci propinano, un liquido fetido fatto di spettacolarizzazione della tragedia, dibattiti con esperti, contro esperti,indagini, contro indagini, plastichi, supposizioni fantasiose e quant'altro.
Attenzione, non dico che non se ne debba parlare. Il diritto di essere informati è sacro, per carità del cielo. I rotocalchi hanno tutto il diritto di farlo.
Non mi è piaciuto però vedere le immagini di alcuni telegiornali, ascoltare le urla delle persone disperate in preda al panico, ma questo è il mondo in cui viviamo, in cui la vita non ha alcun valore, la morte viene "mistificata" in modo tale da renderla un evento spettacolare, quasi da osannare.

Vorrei solo che ci fosse piu rispetto per i morti, tutto qua. Non sempre ne vedo. Vorrei solo che ci fosse piu rispetto però anche per i vivi, anche per chi ad esempio forse non ha piacere a rivedersi in quei momenti mentre risente le sue urla, mentre la sua vita e quella dei suoi cari a bordo era in pericolo.
Forse chiedo troppo, me ne rendo conto. Devo imparare a stare al passo coi tempi...

Per quanto invece riguarda i vari link su internet che raffigurano il comandante Schettino in varie situazioni, creandone una macchietta, non so come esprimermi. Io credo che l'ironia possa essere utile a sdrammatizzare in certe situazioni, e a rendere meno pesante una tragedia cosi' incredibile nel senso più letterale del termine, "da non poterci credere". Eppure è avvenuta.
Ma non posso altresi' nascondere di aver visto qua e là, sui social network, più d' un eccesso di cattivo gusto, perchè come al solito l'uomo ( ed io non penso di esserne immune ben intesi) a volte non riesce a decifrare il limite da non oltrepassare, e non vede al di là della propria prospettiva, entrando al di là di quelle colonne d'Ercole che come ben si sa, è sempre meglio non varcare perchè non sai mai cosa puoi trovare.

Concludo con un consiglio letterario, di questi tempi direi imprescindibile ed opportuno: torniamo a leggere uno dei capisaldi della nostra infanzia e della nostra adolescenza: "Capitani Coraggiosi" di Rudyard Kipling.
Servirà a farci capire cosa è il mare, cosa significa essere veri capitani, al di là di ogni altro superfluo giudizio su quanto avvenuto all'isola del Giglio. Ci penserà la storia a farlo, e per chi ci crede, come me, Dio.

lunedì 16 gennaio 2012

AMARE LA VITA, INCONTRARSI E GUARDARSI NEGLI OCCHI





Dall’inizio del 2012 una serie di tragedie, omicidi e avversità riempiono le pagine dei giornali e le notizie dei principali telegiornali.
Non spetta a me ovviamente parlare di quanto è avvenuto in questi giorni sulla Costa del Giglio, per non parlare dell’indegno omicidio del povero vigile urbano a Milano, ed ancor prima il barbaro assassinio di madre e figlia cinese a Roma. Già altri lo fanno, non è il mio mestiere.
Quello che mi preme invece sottolineare è l’insegnamento che è possibile trarre da tali tragedie che inevitabilmente ci segnano. Queste vicende, oltre inevitabilmente ad addolorarci, devono darci la forza per amare la vita ogni giorno di più, evitando se possibile di lamentarci per questioni futili, e cercando se possibile di volerci bene, o perlomeno rispettarci laddove “volersi bene” è difficile.
Non sono un santo, non lo sono mai stato, non lo sarò mai. Ma mai come in questo momento sento la necessità di tornare alla semplicità, al guardarsi negli occhi, al sorridere.
Mai mi sono esposto in questo mio spazio in modo cosi’ diretto, ma a volte occorre anche saper tirare fuori quello che uno ha, specie in momenti come quello che stiamo vivendo.
Mi torna in mente una bella canzone di parecchi anni fa (“A casa di Luca” di Silvia Salemi ) in cui si sottolineava come la televisione stesse chiudendo le porte al dialogo fra le persone. Oggi internet, i social network hanno sostiuito la televisione, aprendo invece l’era delle amicizie “virtuali”, del mascheramento virtuale.
Sabato sera ho avuto modo di trascorrere una bellissima serata in compagnia di tanti ragazzi giovani, due sacerdoti con cui ho condiviso spunti, idee, e temi importanti legati al mondo del lavoro. Il tutto in un’atmosfera rilassata, a volte giocherellona, seria ma non seriosa nei momenti in cui era necessario che lo fosse. Confronto aperto con lo gioia di stare insieme, tutti con una storia da raccontare, con un’esperienza da condividere. Fantastico.
Si è tornati a parlare, si è stati insieme, ci si è guardati negli occhi.
Sembra così difficile, eppure, siamo stati creati anche per questo.
Torniamo a guardarci negli occhi