io e il mare

io e il mare

lunedì 22 luglio 2013

IN SILENZIO, IN DISPARTE, SILENZIOSI, SPERANZOSI...

Oggi ho voglia di scrivere. E io mi conosco bene. Quando ho questo “desiderio” devo lasciar andare me stesso nel modo che mi viene più naturale, non so se è un bene o un male, so solo che è come il libero fluire dirompente dell’acqua da una cascata, mentre le mie parole non vogliono e non devono avere freno, perché questo mi fa stare bene, anche se un tempo dissi che qui non avrei mai parlato di me....Di fatto, non mi metterò a nudo anche questa volta, perché tanto sono sempre scoperto e senza maschere, specie quando mi dedico alla scrittura. Mi piace riportare tutte le immagini che la mia mente pensa quando scrivo, d’improvviso, di getto, in una serata milanese calda e appiccicosa, e la mia voglia di riportare, come in un quadro, questi “flash” visivi fa sì che possa esprimere la mia visione della realtà, tenendo conto che in fondo la realtà di per sé non c’è, esiste solo il modo in cui noi la percepiamo ed interpretiamo gli avvenimenti della nostra vita. In questa nottata afosa ho incrociato donne coperte dalla testa ai piedi, uomini che urlavano, altri soli coi loro problemi mentre la mia mente pensava e ripensava, non so spiegare il perché, ad una ragazza bionda, un vestito nero attillato, la pelle abbronzata, e l’infermabile desiderio di un bacio sotto il tronco di un albero mentre il vento avvolgeva delicatamente quei due corpi. Non era un mio desiderio, era un pensiero che ho avuto in quel momento, un pensiero positivo, di luce, fresco, libero e semplice. Non ero io quell’uomo, non so chi fosse quella donna. La mia auto lentamente entrava nel garage. E’ necessario fermarsi, a volte. Come scrissi tempo fa, quando non si ha niente di dire è meglio tacere, restare in disparte, silenziosi, speranzosi, evitando di essere ridondanti e protagonisti a tutti i costi, rischiando di cadere nell’egocentrismo e nella voglia di protagonismo a tutti i costi. E’ un gesto di saggezza, di maturità, per fuggire dalla lobotomizzazione dei sentimenti, dalla ripetitività dei gesti eclatanti, per distinguere, come diceva quel mio prof (e non è la prima volta che cito questa sua frase) di scuola, “le cose che contano dalle cose che non contano”. Ho voglia d’imparare a capire quali sono le cose che contano.

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