Le parole di Papa Francesco di ieri mi inducono a riflettere sul concetto
di cristianità, per la mia fede non sempre cosi piena e consapevole per mia
mancanza. Rifletto su tante cose, sulla nostra vita, sul tempo che passa, e di
come indietro non si possa tornare ma occorra tenere sempre “la lampada accesa”.
Si’, la lampada del cuore, la lampada dell’amore. Ha detto bene (come sempre)
Papa Francesco, bisogna vivere la cristianità come una lampada accesa, che
illumina e riscalda. Altrimenti non ha veramente senso essere cristiani, e soprattutto
non ha senso vivere il dono che ci è stato consegnato dall’alto.
Ci vuole una rivoluzione, all’interno delle nostre vite, cosi schizzate,
così stressate, così occupate dalle situazioni che dobbiamo affrontare ogni
giorno. La rivoluzione è l’amore, e l’amore non può che derivare da Dio. Ma è
così difficile farlo oggi, ci sembra qualcosa da “sognatori”, non abbiamo tempo
per fermarci a riflettere sulle nostre vite, per regalare un minuto a chi ci
sta vicino magari dicendo loro “ehi, io ci sono,io ti tendo la mano, su di me
puoi contare, non voglio niente in cambio”.
Amare significa donare, almeno per me. Altrimenti è un contratto di lavoro,
operazione rispettabilissima e normale nella vita di noi esseri umani, ma non
ha nulla a che fare con l’amore.
Forse da questo semplice concetto occorrerebbe ripartire, dalla “lampada
accesa” di Papa Francesco che ci invita ad accenderla per illuminarci all’interno,
noi, così bui dentro, abbiamo bisogno di questo interruttore che resti acceso
il più a lungo possibile, per illuminare non solo noi stessi ma anche e
soprattutto chi ci circonda.
Se ci pensiamo bene, è l’unica luce che non provoca sprechi di energia ed
inquinamento. Una lampadina che si può tenere accesa sempre e non costa nulla.
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