In questi mesi di assenza dal blog ho riflettuto spesso sul
concetto d’impermanenza. E ho capito una
volta di più che tutte le cose hanno un principio, un’evoluzione ed una fine.
Ma la fine non è mai la fine. Nemmeno quella della nostra vita terrena. Andremo
altrove, ci spoglieremo di questo vestito chiamato corpo e saremo spirito d’amore,
luce dell’amore di Dio. Mi piace pensare che sia cosi, soprattutto credo che
sia così.
A volte immagino
la vita come una porta girevole di un hotel. Ci sono persone che entrano,
persone che escono, persone che rientrano e poi se ne vanno. L’importante è che chi resti si trovi bene in
quell’albergo, goda di ogni comfort e dia il suo contributo, che ovviamente non
può essere il denaro nella manifestazione di questa metafora, ma amore, anche
poco, perché come diceva Madre Teresa, ognuno dà quello che è in grado di dare.
Quando ero ragazzo
credevo che tutto fosse eterno. Fosse perché vedevo l’autostrada della vita
come infinita, senza macchine che sbandano (i problemi), una corsia di sorpasso
tutta libera per me da affrontare a duecento all’ora tutta d’un fiato.
Crescendo mi sono accorto che non è cosi, che sulla strada, come ho appena
scritto, ci sono autoveicoli che sbandano e ti vengono addosso e tu devi avere
la forza di saperli evitare, e di procedere con la tua marcia cercando in
primis di non sbandare nemmeno tu.
Oltre a questo, col passare del tempo,
questa strada la vedi meno lunga e spaziosa come è naturale che sia.
La forza sta nel
mantenere sempre salde le mani sul volante, nello sbandare ma nel sapere
tornare in carreggiata, e nel segnalare a chi sbanda che sta rischiando di
sbandare e sbattere contro il guard-rail.
In fondo questo conta. Incontreremo tante macchine, tante moto, ci sarà
un giorno quel veicolo con cui viaggiare in parallelo a fari accesi nella lunga e
trafficata autostrada della vita prendendosi quasi per mano, come facevamo da bambini.
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